T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent., 11-10-2011, n. 4645 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Col ricorso in epigrafe, notificato il 15 marzo 2004 e depositato l’8 aprile 2004, i coniugi M.A. e C.C. impugnavano, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza di demolizione, prot. n. 232, del 14 gennaio 2004, emessa dal responsabile dell’Area tecnica del Comune di Parete, unitamente agli atti ad essa preordinati, connessi e consequenziali.

2. Gli interventi edilizi contestati consistevano nella costruzione, in difformità dalla concessione edilizia n. 4746 del 25 luglio 2003: a) di "una sopraelevazione al primo piano avente la stessa superficie del piano rialzato (mq 150,00) con altezza di m 3,00 e volumetria di mc 450,00, composta dalla sola muratura perimetrale di tufo piatto con n. 3 pilastri in c.a., completa di solaio in c.a. del tipo prefabbricato"; b) di una "tettoia al secondo piano, composta da travi in legno e tegole con tre falde lungo il lato est/ovest/sud, mentre il lato nord appoggia sul torrino scala"; tettoia avente "un’altezza di colmo di m 3,00 circa e un’altezza perimetrale di m 1,20 circa"; "il tutto in difformità dalla concessione di cui sopra, in quanto il progetto approvato prevedeva un’altezza massima di colmo di m 2,60 ed un’altezza sui bordi di m 0,80".

3. A sostegno dell’impugnazione proposta, venivano dedotte le seguenti doglianze.

1. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 8 della l. n. 241/1990. Violazione del giusto procedimento. Omessa valutazione di circostanze di assoluto rilievo. Manifesta ingiustizia.

2. Violazione degli artt. 2, 3 e 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Difetto di motivazione. Manifesta ingiustizia.

3. Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001, degli strumenti urbanistici comunali e della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Difetto di istruttoria. Manifesta ingiustizia.

4. Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 22, 31 e 33 del d.p.r. n. 380/2001 e degli strumenti urbanistici locali. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Manifesta ingiustizia.

5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001. Eccesso di potere per difetto di motivazione in fatto e in diritto. Contraddittorietà. Ingiustizia manifesta.

4. Successivamente, la Polizia municipale di Parete, con verbali n. 641 e n. 1034 del 2 settembre 2004, accertava l’inottemperanza, da parte dei coniugi M.- C., all’ordinanza di demolizione, prot. n. 232, del 14 gennaio 2004.

5. Avverso tali atti i ricorrenti proponevano motivi aggiunti, notificati il 16 novembre 2004 e depositati il 1° dicembre 2004.

6. A supporto, oltre a reiterare le censure rassegnate con l’originario gravame, denunciavano la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003 e del d.l. n. 168/2004, conv. in l. n. 191/2004.

7. L’amministrazione comunale intimata non si costituiva in giudizio.

8. All’udienza pubblica del 5 luglio 2011, la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Infondato, innanzitutto, è il ricorso introduttivo del presente giudizio.

2. Privi di pregio sono il secondo e il quinto motivo di impugnazione, incentrati sull’assunta carenza di motivazione dell’ordinanza di demolizione, prot. n. 232, del 14 gennaio 2004, anche quanto alla descrizione delle opere contestate.

Ed invero, l’ingiunta misura repressivoripristinatoria costituisce – per ius receptum – atto dovuto e rigorosamente vincolato, affrancato dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento in loco della res, dove l’interesse pubblico risiede in re ipsa nella rimozione dell’abuso, ossia nel ripristino dello stato dei luoghi illecitamente alterato.

Pertanto, essa è da ritenersi sorretta da adeguata e autosufficiente motivazione, allorquando – come, appunto, nella specie, e a dispetto di quanto asserito da parte ricorrente – sia rinvenibile la compiuta descrizione degli interventi abusivi contestati (cfr. retro, in narrativa, sub n. 2) e l’individuazione della violazione commessa (opere eseguite in totale difformità dall’emesso titolo abilitativo edilizio) (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 30 maggio 2006, n. 3283; sez. VI, 25 agosto 2006, n. 4996; sez. IV, 14 maggio 2007, n. 2441; sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2705; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 24 gennaio 2008, n. 367; sez. VI, 9 gennaio 2008, n. 49; sez. IV, 24 gennaio 2008, n. 57; sez. VIII, 15 maggio 2008, n. 4556; sez. III, 05 giugno 2008, n. 5255; sez. IV, 8 luglio 2008, n. 7798; sez. VI, 14 luglio 2008, n. 8761; sez. IV, 4 agosto 2008, n. 9720; sez. II, 7 ottobre 2008, n. 13456; sez. IV, 29 settembre 2008, n. 11820 sez. VI, 27 ottobre 2008, n. 18243; sez. III, 4 novembre 2008, n. 19257; sez. IV, 28 novembre 2008, n. 20564; 2 dicembre 2008, n. 20794; sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 21346; 23 febbraio 2009, n. 1032; 25 febbraio 2009, n. 1100; sez. IV, 6 marzo 2009, n. 1304; 24 marzo 2009, n. 1597; 18 giugno 2009, n. 3368; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 18 gennaio 2008, n. 57; 19 febbraio 2009, n. 1318; 9 marzo 2009, n. 1768; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 13 marzo 2008, n. 475; TAR Lazio, Roma, sez. II, 5 settembre 2008, n. 8117; 6 marzo 2009, n. 2358; TAR Liguria, Genova, sez. I, 21 aprile 2009, n. 781).

3. Del tutto fuori luogo è il terzo ordine di censure, con cui i nominativi in epigrafe lamentano che l’amministrazione intimata non avrebbe considerato la conformità urbanisticoedilizia delle opere contestate.

In proposito, a prescindere dal rilievo che detta conformità urbanisticoedilizia non risulta concretamente dimostrata da parte ricorrente, è qui sufficiente osservare che neppure risulta documentata l’avvenuta presentazione di una domanda di sanatoria, unicamente in corrispondenza della quale sarebbero state configurabili valutazioni preclusive del procedimento sanzionatorio.

Conseguentemente, una volta verificata la difformità degli interventi realizzati dalla concessione edilizia n. 4746 del 25 luglio 2003, e in assenza di un’istanza ex art. 36 del d.p.r. n. 380/2001, l’amministrazione comunale intimata non avrebbe potuto legittimamente esimersi dall’ingiungere l’impugnata misura repressivoripristinatoria, procedendo ad un accertamento d’ufficio della loro conformità urbanisticoedilizia, come, invece, assunto dai coniugi M.- C..

4. Quanto, poi, alla mancata valutazione dell’applicabilità della sanzione alternativa pecuniaria, denunciata col quarto motivo di ricorso, occorre rimarcare che l’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001, cui risulta senz’altro riconducibile la fattispecie in esame (opere eseguite in totale difformità dalla rilasciata concessione edilizia), non contempla l’irrogazione di una sanzione diversa da quella demolitoria (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VI, 7 settembre 2009, n. 4899).

La sanzione alternativa pecuniaria è, infatti, prevista unicamente per gli interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, mentre non è prevista dal comma 2 dell’art. 31 cit. per gli interventi eseguiti in sua assenza, in totale difformità o con variazioni essenziali. "Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, – recita la disposizione richiamata – accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3": in altri termini, nello schema giuridico delineato dal legislatore, non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali sulla sanzione da irrogare, atteso che l’esercizio del potere repressivo dell’abuso edilizio costituisce atto dovuto, per il quale è "in re ipsà l’interesse pubblico alla sua rimozione (TAR Campania, Napoli, sez. II, 27 gennaio 2009, n. 443).

5. Venendo ora al primo motivo di impugnazione, non è ravvisabile la denunciata violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento repressivorispristinatorio, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241/1990.

Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l’ingiunzione di demolizione, per la sua natura di atto urgente dovuto e rigorosamente vincolato, non implicante valutazioni discrezionali, ma risolventesi in meri accertamenti tecnici, fondato, cioè, su un presupposto di fatto rientrante nella sfera di controllo dell’interessato, non richiede apporti partecipativi del soggetto destinatario, il quale, in relazione alla disciplina tipizzata dei procedimenti repressivi, contemplante la preventiva contestazione dell’abuso, ai fini del ripristino di sua iniziativa dell’originario assetto dei luoghi, viene, in ogni caso, posto in condizione di interloquire con l’amministrazione prima di ogni definitiva statuizione di rimozione d’ufficio delle opere abusive; tanto più che, in relazione ad una simile tipologia provvedimentale, può trovare applicazione l’art. 21 octies della l. n. 241/1990, che statuisce la non annullabilità dell’atto adottato in violazione delle norme su procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente enucleato (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2007, n. 1021; sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5050; TAR Lazio, Roma, sez. II, 3 luglio 2007, n. 5968; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 17 gennaio 2007, n. 357; sez. VI, 8 febbraio 2007, n. 961; sez. IV, 22 marzo 2007, n. 2725; sez. VII, 9 maggio 2007, n. 4859; 8 giugno 2007, n. 6038; Salerno, sez. II, 13 agosto 2007, n. 900; Napoli, sez. IV, 6 novembre 2007, n. 10676; 6 novembre 2007, n. 10679; sez. VII, 12 dicembre 2007, n. 16226; sez. IV, 17 dicembre 2007, n. 16316; sez. VII, 28 dicembre 2007, n. 16550; sez. IV, 24 gennaio 2008, n. 367; 21 marzo 2008, n. 1460; sez. VII, 21 marzo 2008, n. 1474; 4 aprile 2008, n. 1883; sez. III, 16 aprile 2008, n. 2207; sez. IV, 18 aprile 2008, n. 2344; sez. VI 18 giugno 2008, n. 5973; TAR Umbria, Perugia, 26 gennaio 2007, n. 44; TAR Trentino Alto Adige, Bolzano, 8 febbraio 2007, n. 52; TAR Molise, Campobasso, 20 marzo 2007, n. 178; TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 20 aprile 2007, n. 709; sez. VII, 9 maggio 2007, n. 4859; TAR Basilicata, Potenza, sez. I, 16 febbraio 2008, n. 33; TAR Veneto, Venezia, sez. II, 26 febbraio 2008, n. 454; 13 marzo 2008, n. 605; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 20 settembre 2008, n. 2651).

6. Inammissibili sono, poi, i motivi aggiunti proposti avverso i verbali di Polizia municipale n. 641 e n. 1034 del 2 settembre 2004.

Al riguardo, giova, innanzitutto, rimarcare che l’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione postula la stesura di un verbale di verifica dello stato dei luoghi da parte della polizia municipale (alla medesima stregua di quanto avviene in sede di accertamento del preteso abuso edilizio), quali, appunto, quelli gravati dai coniugi M.- C..

Siffatto verbale, ha valore chiaramente di atto endoprocedimentale, strumentale alle successive determinazioni dell’ente locale, ed ha efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dalla polizia municipale, alla quale non è attribuita la competenza all’adozione di atti di amministrazione attiva, all’uopo occorrendo che la competente autorità amministrativa faccia proprio l’esito delle predette operazioni attraverso un formale atto di accertamento (cfr. TAR Campania, sez. II, 18 maggio 2005, n. 6525; 21 novembre 2006, n. 10110; sez. IV, 26 giugno 2008, n. 6254; sez. VII, 13 maggio 2009, n. 2592). In quanto tale, esso non può rivestire quella portata lesiva, avverso la quale si renda concreto ed attuale l’interesse ad ottenere tutela giurisdizionale; portata lesiva ravvisabile soltanto nel cennato atto formale di accertamento ex art. 31, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001, con cui l’autorità amministrativa comunale recepisca – come detto – gli esiti dei sopralluoghi effettuati dalla polizia municipale e formi, quindi, il titolo ricognitivo idoneo all’acquisizione gratuita dell’immobile al proprio patrimonio.

Ne consegue l’autonoma inoppugnabilità di un simile atto, non essendo dal suo annullamento ritraibile alcuna utilità effettiva, stante la sua non lesività rispetto all’interesse vantato dal ricorrente al mantenimento della titolarità dell’immobile attinto dai contestati interventi edilizi abusivi.

7. In conclusione, il ricorso introduttivo del presente giudizio deve essere respinto, stante la ravvisata infondatezza delle censure con esso proposte, mentre i relativi motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per carenza di interesse.

8. Quanto alle spese di lite, nulla devesi nei confronti della non costituita amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso introduttivo del presente giudizio e dichiara inammissibili i relativi motivi aggiunti.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Alessandro Pagano, Consigliere

Olindo Di Popolo, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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