Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-05-2011) 22-09-2011, n. 34510

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il GIP del Tribunale di Monza convalidava l’arresto di S.W., ritenuto responsabile di furto aggravato in abitazione in concorso con altra persona, sul rilievo che il detto arresto fosse stato effettuato nella quasi- flagranza del reato, posto che nel concetto di inseguimento subito dopo il reato è ricomprerà l’azione senza soluzione di continuità intrapresa dalla P.G. per individuare e raggiungere la persona da arrestare. Si era, infatti, verificato che, a seguito della segnalazione di un vicino di casa, che diceva di aver visto due persone uscire dall’appartamento ove era stato commesso il flirto e che, poco dopo, in località vicina, aveva intravisto uno dei due, riconoscendolo con certezza, in compagnia di altra persona, i Carabinieri avevano tratto in arresto, oltre al soggetto riconosciuto con sicurezza, anche S.W. che si accompagnava a lui, individuato come concorrente nel furto in questione, sebbene, nei suoi confronti, non vi fosse stato un riconoscimento certo da parte del denunciante.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), riguardo alle condizioni per l’eseguito arresto, benchè nessuna traccia o cosa pertinente al reato fosse stata rinvenuta addosso al ricorrente, che lo S. non fosse stato in alcun modo riconosciuto dal vicino di casa; che era trascorso un notevole lasso temporale tra il momento in cui il denunciante aveva visto i due ladri e quello in cui, in modo del tutto casuale, aveva poi ritenuto di poter riconoscere uno dei due nelle persone tratte in arresto.

2. – Il profilo di doglianza relativo alla pretesa insussistenza dei presupposti di convalida dell’arresto è privo di fondamento.

E’ risaputo, al riguardo, che in tema di convalida dell’arresto il giudice, oltre a procedere ad una verifica formale circa l’osservanza dei termini previsti dall’art. 386 c.p.p., comma 3, e art. 390 c.p.p., comma 1, deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto ossìa valutare la legittimità dell’operato della polizia, sulla base di un controllo di ragionevolezza in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità dei reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., senza tuttavia prendere in considerazione l’aspetto della gravita indiziaria e delle esigenze cautelari (riservato alla valutazione di applicabilità delle misure cautelari) e senza sconfinare in apprezzamenti riservati alla fase di cognizione del giudizio di merito. La verifica e la valutazione in oggetto va fatta con riferimento all’uso ragionevole dei poteri discrezionali utilizzati dalla polizia giudiziaria e solamente quando, in detta chiave di lettura, venga rilevato un eccesso di tale discrezionalità, il giudice può non convalidare l’arresto, fornendo in proposito adeguata motivazione (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 4, 6.4.2006, n. 17435, rv. 233969).

Orbene, nel caso di specie, il controllo dei presupposti legittimanti l’arresto è avvenuto nel pieno rispetto dei criteri anzidetti.

Non era, infatti, revocabile in dubbio che dalla descrizione dei fatti emergente dal verbale di arresto e dal verbale di sommarie informazioni in atti sussistessero, in tutta evidenza, i presupposti della quasi-flagranza, posto che all’arresto dell’indagato i militari erano pervenuti poco dopo il furto a seguito di segnalazione del teste il quale aveva riconosciuto con certezza uno dei due ladri e con probabilità l’altro, rivedendo poi i due in località vicina poco dopo il furto, con conseguente immediata segnalazione ai Carabinieri che avevano quindi operato l’arresto.

E’ indiscusso in giurisprudenza che lo stato di flagranza, ai sensi dell’art. 382 c.p.p., si caratterizza per lo stretto collegamento tra la condotta commissiva del reato, o quella ad essa immediatamente successiva, e la percezione della medesima da parte della polizia giudiziaria. Lo stato di quasi-flagranza implica, infatti, che la P.G. abbia avuto immediata e contestuale percezione della commissione del reato e che, in forza di tale diretta percezione, abbia posto in essere una tempestiva attività di localizzazione ed apprensione degli autori dello stesso reato (così, Cass. sez. 2, 6.7.2007, n. 35458, rv. 237802). Il collegamento anzidetto sussiste – e l’arresto è legittimamente operato – anche quando sia trascorso un certo lasso di tempo, anche non breve, durante il quale, però, l’azione della polizia giudiziaria si sia svolta senza soluzione di continuità, anche per l’espletamento degli accertamenti volti a qualificare la gravita del fatto, al fine di valutare l’esercizio della facoltà di arresto (cfr. Cass. sez. 6, 14.1.2004, n. 19392, rv. 228455).

Tali condizioni sono state, pertanto, correttamente rilevate nella fattispecie.

3. – Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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