Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-05-2011) 22-09-2011, n. 34491 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 19/3/2010 la Corte di Appello di Lecce pronunziava la riforma della sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale di Lecce,in data 13-2-2007, appellata da M.S., con la quale l’imputato era stato dichiarato responsabile del delitto di cui agli artt. 110 e 624 bis c.p. (commesso in (OMISSIS)) per aver sottratto dall’abitazione di V. C., nella quale si era introdotto in concorso con M. D., monili in oro e di bigiotteria). Per il suddetto reato la Corte riduceva la pena inflitta dal primo giudice,riconoscendo l’applicabilità dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, a mesi dieci di reclusione,e confermava nel resto la decisione impugnata.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo: 1- la nullità della sentenza per violazione delle norme processuali enunciate dagli artt. 189, 191, 192 e 361 c.p.p., in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. C) ed E), nonchè la carenza ed illogicità della motivazione.

A riguardo evidenziava che il giudizio di condanna in primo grado, in sede di rito abbreviatola stato formulato in base ad individuazione fotografica dell’imputato da parte della persona offesa, che aveva riconosciuto il M. in foto presso i CC.che svolgevano le indagini.

La difesa censurava la valutazione degli elementi di prova compiuta dalla Corte territoriale, avendo i Giudici di appello considerato a carico dell’imputato un elemento ulteriore rispetto alla menzionata individuazione,ponendo in evidenza che nella perquisizione eseguita a bordo dell’auto del nipote,presunto complice nel furto,erano stati rinvenuti documenti di identità dell’imputato, fatto del quale egli non aveva fornito giustificazioni.

In tal senso la difesa rilevava che il giudizio di appello era avvenuto considerando un elemento sul quale l’imputato non aveva avuto modo di difendersi.

Quanto alla individuazione di persona il ricorrente evidenziava che trattasi di mezzo di prova atipico,che necessiterebbe di ulteriori risultanze,e precisamente di una testimonianza, o ricognizione.

In base a tali elementi la difesa riteneva pertanto illegittima la valutazione compiuta dalla Corte che aveva attribuito valore probatorio ad un atto che non era dotato dei requisiti per fondare il giudizio di responsabilità del prevenuto.

Nella fattispecie oggetto di contestazione la difesa rilevava che il giudice aveva dunque violato il disposto dell’art. 192 c.p.p., commi 1 e 2 richiamando il principio del libero convincimento che secondo la difesa deve fondarsi su indizi gravi precisi e concordanti.

Alla stregua di tali rilievi dunque si riteneva che la sentenza de qua fosse viziata per la violazione degli artt. 189, 191, 192 e 361 c.p.p., ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. C) ed E) per non avere fornito indicazione di alcun dato probatorio, l di là della individuazione fotografica dell’imputato.

2 C n il secondo motivo la difesa deduceva la violazione dell’art. 62 c.p., n.4, artt. 63, 65, 69 e 132 c.p. e degli artt. 125 e 546 c.p.p. in riferimento all’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e). A riguardo evidenziava che doveva ritenersi erroneo il computo della riduzione di pena effettuata per concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, atteso che il giudice aveva disposto la diminuzione fino a un terzo, senza ulteriori specificazioni. La difesa rilevava che secondo l’art. 65 c.p. le pene possono essere diminuite in misura non eccedente un terzo, da ciò desumendo che il giudice può operare una detrazione che sia determinata, nel massimo di un terzo, potendo ridurre la pena anche in limite inferiore, non ritenendo chiara l’argomentazione svolta sul punto in sentenza. Pertanto,richiamando il principio del favor rei,la difesa chiedeva di ritenere la riduzione ex art. 62 c.p., n. 4 pari ad un terzo. In tal senso concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi privo di fondamento.

Le censure formulate avverso la sentenza impugnata in riferimento alla violazione degli artt. 189-191-192-361 c.p.p., vanno disattese.

Invero l’individuazione fotografica, in quanto atto di indagine atipico diverso dalla ricognizione che è espressamente regolata dal codice di rito, può essere utilizzata – come afferma la giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 5 – sent. 12027 del 21-10- 99) RV 214872 – ai fini della decisione anche se compiuta senza particolari formalità (e sempre che sia legittimamente introdotta nel processo), in forza dei principi della libertà della prova e del libero convincimento del giudice.

Nella specie la sentenza si basa sui citati canoni giurisprudenziali, e la difesa non ha rappresentato alcuna eccezione formulata in via preliminare circa la ritualità ed utilizzabilità della individuazione, che deve ritenersi pienamente valida come fonte di prova.

Tanto premesso, e rilevato che la individuazione dell’imputato era avvenuta nel caso di specie innanzi ai CC. – va evidenziato altresì che il procedimento si è svolto nelle forme del rito abbreviato,nel quale ogni eccezione relativa alla utilizzazione dei mezzi di prova esistenti negli atti deve essere formulata preliminarmente alla introduzione nel procedimento (v. in tal senso Cass. Sez. 2, sentenza 4269 dell’8-4-1998).

Restano in tal senso superati i rilievi del ricorrente sulla mancata verifica di attendibilità della persona offesa, stante l’immediatezza della individuazione resa ai CC. – e la legittima acquisizione dell’atto in sede di rito abbreviato, Quanto alla censura inerente alla valutazione resa dalla Corte territoriale di un elemento desunto dal rinvenimento dei documenti dell’imputato all’interno della vettura del nipote dello stesso, tratto in arresto nella flagranza del reato di furto, si osserva che deve ritenersi legittimo il riferimento a dati oggettivi che siano esiti di accertamenti di pg. eseguiti al momento del fatto,nè si configura alcuna violazione dei diritti di difesa, avendo l’imputato scelto di essere giudicato con rito abbreviato, che comporta l’utilizzazione di tutti gli atti esistenti nel fascicolo processuale.

D’altra parte la circostanza del ritrovamento dei documenti dell’imputato, resta elemento oggettivo di per sè direttamente riferibile al prevenuto, che resta suscettibile di confluire nella valutazione complessiva dei dati processuali, che la Corte ha effettuato in riferimento alle richieste dell’appellante, condividendo il giudizio di colpevolezza formulato in primo grado, onde resta ininfluente il rilievo che il primo giudice non si fosse soffermato sulla citata circostanza-Le argomentazioni difensive attinenti alle valutazioni di merito della Corte territoriale restano nel resto inammissibili, in quanto dirette ad inficiare la coerente e logica motivazione della sentenza impugnata, sottintendendo diversa valutazione delle risultanze processuali.

Per ciò che concerne,le doglianze difensive attinenti alla erronea determinazione della riduzione della pena,per effetto dell’attenuante prevista dall’art. 62 c.p., n. 4, deve evidenziarsi che il motivo deve ritenersi inammissibile, in quanto censura la valutazione discrezionale operata dal giudice di merito nella riduzione di pena relativa al riconoscimento dell’attenuante.

Per tali motivi, ogni ulteriore censura difensiva ritenendosi superata dai suddetti rilievi, va pronunziato il rigetto del ricorso,ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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