Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-04-2011) 22-09-2011, n.Misure cautelari 34509

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 16.7.2010/14.12.2010, il tribunale di Napoli, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza 26.6.2010 del Gip del medesimo tribunale, con la quale era stata applicata a O.S. la misura della custodia in carcere, in ordine al reato ex art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8, con l’accusa di partecipazione all’associazione di tipo mafioso, denominata Clan dei Casalesi, che opera nell’intera area della provincia di (OMISSIS), per la realizzazione di scopi illeciti, tra i quali il conseguimento per sè e per altri affiliati, di profitti ingiusti, attraverso l’imposizione di estorsioni in danno di imprenditori.

Il difensore ha proposto ricorso per i seguenti motivi;

vizio di motivazione e violazione di legge in riferimento all’art. 273 c.p.p. e art. 416 bis c.p..

A pagina 1 dell’ordinanza si legge che "il collegio ritiene che dagli atti non emerga a carico dell’indagato un quadro indiziario … connotato da quella gravità cui l’art. 273 c.p.p. subordina l’ammissibilità del ricorso alle misure cautelari personali". A questa premessa il tribunale non ha fatto seguire l’annullamento dell’ordinanza coercitiva, bensì la sua conferma, con conseguente disfunzione logica della motivazione della propria decisione.

L’ordinanza poi fonda la conferma dell’ordinanza del Gip, in riferimento alla partecipazione dell’indagato al clan dei casalesi) su dichiarazioni di collaboratori di giustizia che sono interpretate in modo illogico. In queste dichiarazioni i collaboratori indicano l’autonomia dell’ O. rispetto a questa associazione, tanto che i sui aderenti avevano deciso di ucciderlo e comunque avevano rifiutato la sua affiliazione.

E’ illogico che ad una persona, per la quale venga accertato che gli è rifiutata l’affiliazione, in quanto corpo estraneo, da eliminare, venga attribuito il reato di partecipazione a tal clan. Il ricorso è infondato.

Quanto alla censura sul contrasto logico tra premessa e conclusioni dell’ordinanza, è di tutta evidenza che, alla luce delle analisi del fenomeno mafioso nel territorio (OMISSIS) e della callocazione al suo interno della specifica funzione estorsiva svolta dall’ O., rilevabili nell’ordinanza del tribunale del riesame, la parola non costituisca un mero error calami, che non incide assolutamente sulla compattezza logico argomentativa della decisione impugnata. Quanto alla censura sullo spessore degli indizi a carico dell’ O., incentrata sull’ostilità manifestata da alcuni esponenti dall’associazione operante nel territorio della provincia (OMISSIS), va rilevata l’assenza di qualsiasi incongruenza logica di questo dato rispetto alla notoria struttura di questa associazione, emergente dai consolidati accertamenti giudiziali sul tema mafioso. E’ ormai notorio che la forma libera che caratterizza la fisionomia del reato associativo. (sez. 6, 16.12.1985,n.l760, Cass. pen., 1987, 49) e la mancata tipizzazione della relativa condotta di appartenenza conducono e ritenere che la tipicità di questo modello associativo risiede solo nella modalità attraverso cui l’associazione si manifesta concretamente, modalità che si esprime nel concetto "metodo mafioso", individuato nella forza intimidatrice del vincolo associativo, nella condizione, di assoggettamento generale dei consociati e specifico delle vittime e in quella di omertà (sez. 6, 12.12.2003, n. 9604, Cass. pen. 2005, 2965).

Un gruppo avente natura di associazione mafiosa è comunque caratterizzato, nella formulazione dell’accusa, da un nucleo di associati, da un programma criminoso, da una proiezione territoriale della propria forza intimidatrice, da una o più tipologie di condotte lecite e illecite, svolte con lo sfruttamento di tale forza intimidatrice.

In presenza del generale fenomeno della proliferazione mafiosa (alias comorristica casalese) autonoma o geneticamente derivata da altre associazioni preesistenti, i vari gruppi criminosi entrano in rapporto di cooperazione, di concorrenza, di conflittualità. Alla luce della individuazione di tali relazioni è stato possibile ai giudici di merito ricostruire con la dovuta precisione – al di là di dati nominativi – la collocazione dello status sodale dell’ O. in una delle articolazioni della camorra, posta in un’alternanza di cooperazione conflittualità con l’associazione territorialmente e programmaticamente dominante.

Dagli atti riportati e richiamati nell’ordinanza impugnata emerge quindi l’alto spessore probatorio della sussistenza della egemonia – conquistata dopo anni di sanguinose lotte tra soggetti e gruppi in concorrenza tra di loro- del sodalizio capeggiato da S. N. – erede del più noto S.F. – e da B.F., al cui interno sono segnalati frequenti "momenti di massima frizione".

Questo quadro di documentata storia della criminalità (OMISSIS) mostra l’anomala tipologia di questa associazione criminosa (pari a quella di altre aree del territorio nazionale), che è disciplinata dalla sola legge del massimo profitto, da conseguire con il mezzo della trasgressione di tutte le regole, siano esse giuridiche, sociali, morali. La struttura associativa, funzionale al conseguimento dell’obiettivo del profitto, non è naturalmente disciplinata da alcuna di queste norme: la forza la sopravvivenza, l’ascesa dell’associazione, nell’articolazione centrale e in quelle periferiche sono ugualmente garantite da questa anomia e dalla speculare impostazione comportamentale programmata all’insegna della slealtà, della violenza, anche della ferocia, all’interno e all’esterno Fedele a questa programmata e costante prassi trasgressiva è la figura di camorrista dell’ O. descritto come estorsore che agisce con suoi stretti collaboratori in una delimitata area della provincia di (OMISSIS), che si presenta a nome del più temuto S.G., che non versa la quota di contributo "previdenziale e assistenziale" al gruppo apicale, stimolando così naturali e prevedibili reazioni di rancore e di odio. Come accade per ogni trasgressione, il reo affronta il rischio, comparando vantaggi immediati e danni eventuali, contando sulla propria maggiore abilità per far prevalere i primi sui secondi.

Nessuna illogicità è quindi riscontrabile nella decisione del tribunale, effettuata sulla base della ricostruzione dei fatti e della loro valutazione come dimostrativi della partecipazione dell’ O. alla associazione camorristica ,quale componente di una delle "cellule delinquenziali" che gestiscono attività di estorsione in danno dei locali imprenditori, in cooperazione e anche in conflitto con gli altri componenti del gruppo di riferimento.

I giudici di merito, per giungere a queste conclusioni, si sono avvalsi di un complesso materiale probatorio di cui è stata attentamente valutata la piena affidabilità, scandendo le dichiarazioni dei collaboratori e interpretandole secondo una linearità logica del tutto incensurabile in sede di giudizio di legittimità.

E’ stata cioè messa in evidenza l’anomala figura dell’ infedele O., che, raggiunta una posizione di comando nel sottogruppo operante ad (OMISSIS), si avvaleva della forza intimidatrice del clan gerarchicamente superiore, per operare estorsioni – anche in danno di persone da questo protette – di cui si appropriava i proventi, senza versarli, violando così, sotto più profili, le regole imposte dall’associazione camorristica.

Pertanto, la proposta, avanzata dal ricorrente, di interpretare in maniera diversa questo coerente e compatto apparato indiziario è del tutto immeritevole di accoglimento.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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