Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 31-01-2012, n. 1413 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 163/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Isernia, in accoglimento della domanda proposta da C.L. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro concluso tra le parti per il periodo dal 1-6-2001 al 30-9-2001. con la conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato, e condannava la società al pagamento delle retribuzioni omesse.

La s.p.a. Poste Italiane proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

Il C. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte di Appello di Campobasso, con sentenza depositata il 9-2- 2007, così come modificata dall’ordinanza di correzione del 27-4- 2007, depositata il 6-6-2007, in accoglimento dell’appello respingeva la domanda introduttiva e compensava le spese.

Avverso la detta sentenza, così corretta, il C. ha proposto un primo ricorso, notificato il 20-11-2007 e non depositato (poi iscritto al n. di R.G. 5989/2008 a seguito del deposito del relativo controricorso da parte della società), e successivamente un secondo ricorso, notificato il 10-1-2008 e depositato il 24-1-2008 (iscritto al R.G. n. 1831/2008).

La società Poste Italiane, ha nuovamente resistito con controricorso notificato il 19-2-2008, chiedendo la declaratoria di improcedibilità del primo ricorso e il rigetto del secondo.

Infine la società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c..

In base alla giurisprudenza costante di questa Corte "nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, il primo dei quali non sia stato depositato o lo sia stato tardivamente dal ricorrente, è ammissibile la proposizione del secondo, anche qualora contenga nuovi e diversi motivi di censura, purchè la notificazione dello stesso abbia avuto luogo nel rispetto del termine breve decorrente dalla notificazione del primo, e l’improcedibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata:

la mera notificazione del primo ricorso non comporta infatti la consumazione del potere d’impugnazione. (v. Cass. 6-6-2007 n. 13267, cfr. Cass. 3-3-2009 n. 5053). Peraltro, come pure è stato precisato "all’ammissibilità del secondo ricorso non osta nemmeno la contestuale declaratoria d’improcedibilità del primo che abbia avuto luogo su iniziativa del controricorrente, il quale abbia sopperito al mancato deposito dell’originale del ricorso, provvedendo ad allegare la copia a lui notificata" (v. Cass. 26-5-2010 n. 12898).

In applicazione di tali principi che vanno qui riaffermati osserva il Collegio che nella fattispecie il ricorso n. 5989/2008. non depositato, va dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 1.

Nel contempo il ricorso n. 1831/2008 risulta tempestivamente notificato nel termine breve decorrente dalla prima notifica.

Sennonchè tale secondo ricorso va dichiarato inammissibile sotto altro profilo.

Con l’unico motivo, infatti, il ricorrente denunciando nel contempo "violazione e falsa applicazione dell’art. 1367 c.c., L. n. 230 del 1962, art. 1, L. n. 56 del 1987, art. 23, D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, art. 25 CCNL dell’11-1-2001, art. 1362 c.c. e ss. in riferimento all’art. 25 citato, nonchè "erronea, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia", formula il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c.:

"Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, in applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1 e 2, comma 1 nonchè del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, della L. n. 56 del 1987, art. 23, art. 1367 c.c., e art. 25 CCNL di categoria dell’11-1-2001, la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato in assenza dei presupposti di fatto e di diritto ed anche al di fuori delle ipotesi tipiche previste ex lege, dia luogo alla declaratoria di nullità del termine apposto al contratto ed al conseguente riconoscimento dell’instaurazione di un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato e ciò sin dalla data della prima assunzione e, quindi, se il termine apposto al contratto dì lavoro stipulalo con il sig. C.L. sia valido, efficace e legittimo".

Orbene l’art. 366 bis c.p.c., che va applicato nella fattispecie ratione temporis, "nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi di ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2. 3 e 4 ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a "dieta" giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo "iter" argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione" (v. Cass. 25-2-2009 n. 4556).

In particolare il quesito di diritto "deve comprendere l’indicazione sia della "regola iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile" (v. Cass. 30-9-2008 n. 24339). Peraltro "è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie" (v. Cass. S.U. 30-10-2008 n. 26020), dovendo in sostanza il quesito integrare (in base alla sola sua lettura) la sintesi logico-giuridica della questione specifica sollevata con il relativo motivo (cfr. Cass. 7-4-2009 n. 8463).

Pertanto è inammissibile non solo il motivo nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale "sia formulato in modo implicito, si da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice" o sia formulato in modo del tutto generico (cfr. Cass. S.U. 28-9-2007 n. 20360, Cass. S.U. 5-2-2008 n. 2658). In particolare parimenti è inammissibile il motivo "contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla Suprema Corte puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge" (v. Cass. 17-7-2008 n. 19769).

Nell’ipotesi, poi, prevista dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione" e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. Cass. S.U. 1-10- 2007 n. 20603, Cass. 20-2-2008 4309).

Nel caso di specie il quesito formulato risulta assolutamente generico e inconsistente, in quanto si limita da un lato ad enunciare una mera "assenza dei presupposti di fatto e di diritto" e dall’altro a chiedere a questa Corte se il contratto di lavoro de quo sia "valido, efficace e legittimo", senza alcuno specifico riferimento alla fattispecie concreta e al decisimi impugnato.

Peraltro, con riferimento ai vizi di motivazione, manca del tutto una sintesi con la chiara indicazione dei vizi stessi denunciati.

Per tale ragione, quindi, il ricorso n. 1831/2008 va dichiarato inammissibile.

Infine, in ragione della soccombenza, il ricorrente va condannato al pagamento delle spese in favore della società.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, dichiara improcedibile il ricorso n. 5989/2008 e inammissibile il ricorso n. 1831/2008, condanna il C. a pagare alla società le spese liquidate in Euro 2.500,00 per onorari oltre Euro 40,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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