Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-04-2011) 22-09-2011, n. 34485

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 4.12.09, la corte di appello di Salerno, in riforma della sentenza 6.5.05 del tribunale della stessa sede, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di I.F., comandante dei polizia municipale del comune di Campagna, in ordine al reato di ingiuria,aggravato ex art. 61 c.p., n. 9, perchè estinto per prescrizione.

Ha confermato l’affermazione di responsabilità dell’ I., in ordine al reato di falso ideologico, ex art. 479 c.p. (per aver falsamente annotato nel memoriale del servizio giornaliero del comando dei vigili urbani di Campagna il tempo della cessazione del proprio servizio, anticipando quello reale verificatosi intorno alle 22,30 a quello non vero delle ore 22) e ha rideterminato la pena in 10 mesi di reclusione.

Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge,in riferimento all’art. 479 c.p.: la corte di merito ha ritenuto condivisibili la ricostruzione dei fatti e la motivazione effettuati dal primo giudice, senza tener conto delle argomentazioni critiche espresse nell’atto di gravame, che sono integralmente trascritte nel ricorso. Il difensore ribadisce che la sussistenza del reato di falso ideologico è stata ritenuta dai giudici di merito, disconoscendo, in maniera immotivata, rilevanza all’orientamento interpretativo, segnato dalle S.U. con la sentenza n. 15983/06, secondo cui il cartellino marcatempo e i fogli di presenza, relativi a rapporti di servizio dei pubblici dipendenti non attengono alla svolgimento di pubblica funzione, in quanto riguardano, in via diretta ed immediata, una questione retributiva,riconducibile e una disciplina privatistica.

2. violazione di legge in riferimento all’art. 49 c.p.p., comma 2, vizio di motivazione: i giudici di merito hanno escluso l’aggravante ex art. 61 c.p., n. 2, individuando la causa della condotta falsificatoria nella volontà di sottrarsi ad un procedimento disciplinare. Questa argomentazione è del tutto illogica, in quanto l’asserita condotta falsificatoria è stata commessa proprio in presenza del segretario comunale, titolare del potere disciplinare.

L’assenza dell’elemento psicologico del reato è confermata dall’ordinanza, emessa dal gip, di rigetto della richiesta di misura cautelare, fondata sulla non univoca sussistenza del coefficiente psicologico richiesto dall’art. 479 c.p..

Il ricorso non merita accoglimento.

La censura del ricorrente attinente alla configurabilità come atto pubblico del documento in cui è stata annotata dall’ I. l’ora della conclusione della sua attività di servizio, si basa su un precedente giurisprudenziale avente ad oggetto altro tipo di documento. La sentenza delle Sezioni Unite n. 15983 dell’11.4.06 ha avuto ad oggetto la falsificazione del foglio di presenza e del cartellino da inserire nell’orologio marcatempo, funzionale ad ampliare la durata della giornata lavorativa e conseguentemente a determinare l’aumento della retribuzione. Pertanto, correttamente la S.C. ha ritenuto che la falsa rappresentazione della realtà, cosi documentata, non riguarda il concreto esercizio della funzione pubblica, da parte dell’autore del falso. Il cartellino marcatempo e i fogli di presenza attestano solo una circostanza di fatto attinente al rapporto di lavoro e al relativo contratto stipulato dalla pubblica amministrazione e dal soggetto privato. Diversa è l’ipotesi oggetto del presente procedimento, in cui la condotta di falsificazione del memoriale di servizio giornaliero non riguarda il rapporto di servizio e il rapporto retributivo tra l’autore del falso e la pubblica amministrazione, ma una manifestazione attestativa, riferibile alla durata del servizio di vigilanza e di garante dell’ordine pubblico da lui svolto,nel corso dello svolgimento dell’assemblea consiliare, del giorno 29 dicembre 1997. L’alterazione della realtà riguarda quindi un atto pubblico, da qualificare come falso ideologico, ex art. 479 c.p. (v. sez. 5, n. 14902 del 29.1.09, rv 243607).

Quanto alla invocata sussistenza di reato impossibile per assoluta inidoneità dell’azione, questa ipotesi è da escludere in quanto, secondo il consolidato orientamento interpretativo, l’inidoneità dell’azione va valutata con giudizio ex ante, a causa di intrinseche caratteristiche dell’azione secondo le circostanze che l’agente poteva tener presenti al momento del compimento della condotta; il reato impossibile, cioè, presuppone l’originaria, assoluta inefficienza causale dell’azione, da valutare oggettivamente e in concreto, in sè e per sè, indipendentemente da ogni altro fattore estraneo che in concreto abbia impedito la lesione del bene tutelato.

Nel caso in esame, la alterazione del vero è stata completamente ed efficacemente realizzata dall’imputato, tanto da far risultare che alle ore 22 aveva cessato il proprio turno di servizio di vigilanza e di ordine pubblico e che si era trattenuto nell’aula consiliare, al di fuori delle sue pubbliche funzioni. Nel memoriale del servizio giornaliero è annotato come orario "18-22 consiglio comunale", con la firma dell’imputato apposta in calce. Invece le dichiarazioni dei testi hanno consentito di collocare l’episodio della sua aggressione verbale nei confronti del consigliere D’Ambrosio,tra le 22,15 e le 22,20, nonchè di dimostrare che la sua presenza si è protratta per tutta la durata della seduta, conclusa alle ore 23. Inoltre correttamente è stato considerato del tutto irrilevante che eventuali ragioni del suo illecito comportamento (pretattica difensiva, nel possibile procedimento disciplinare, e/o rispetto di accordi sindacali) si siano e meno realizzate.

Nessun rilevo ha anche l’argomento della trasparenza della sua condotta ritenuta illecita, in quanto tenuta in presenza proprio del segretario comunale, titolare del potere disciplinare: è logicamente da escludere che si possa invocare l’ipotesi del reato impossibile ogni volta che sia riscontrabile una carenza di sagacia o di prudenza nella condotta del suo autore.

In ordine all’elemento psicologico, è stato giustamente richiamato dai giudici di merito il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui nel delitto di falsità ideologica in atto pubblico è sufficiente il dolo generico – cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione – ed è del tutto irrilevante la ragione per la quale l’autore abbia posto in essere la condotta integrante oggettivamente la falsità.

La fondatezza di questa razionale e tecnicamente corretta valutazione non può essere inficiata da una diversa valutazione effettuata dal Gip, in sede di indagini preliminari e della richiesta di misura cautelare, attesa la diversità di conoscenze e di criteri di valutazione che son propri di quel giudice. Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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