Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 22-09-2011, n. 34417 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con atto depositato il 12 ottobre 2010 M.R. e C.M.L., a ministero dei difensori C.M. e P.P., propongono ricorso immediato per cassazione avverso l’ordinanza 29 settembre 2010 del GUP del Tribunale di Benevento e il decreto con il quale, in pari data, lo stesso GUP aveva rinviato a giudizio entrambi i ricorrenti davanti al Tribunale di Benevento, denunciando l’abnormità dei due provvedimenti.

Con decreto del 13 marzo 2009 il GUP aveva disposto il giudizio nei confronti di M.R. per l’udienza del 19 maggio successivo davanti al Tribunale di Benevento per rispondere dei reati di tentato omicidio aggravato in concorso con ignoti commesso in danno di D. S.R. esplodendogli contro numerosi colpi di arma da fuoco;

detenzione e porto illegale di arma da fuoco ed evasione.

Il Tribunale di Benevento con ordinanza in data 19 maggio 2010 disponeva, ai sensi dell’art. 521 c.p.p., comma 2, la trasmissione degli atti al PM ritenendo che il fatto attribuito al M. di aver tentato di uccidere, in concorso con persone ignote, D.S. R. esplodendo numerosi colpi di arma da fuoco che lo attingevano varie parti del corpo era diverso da quello emergente dagli atti esistendo, sulla base dell’istruttoria dibattimentale svolta, incertezza non super relativamente al suo ruolo di sparatore, pur emergendo significativi elementi di un suo diverso titolo di concorso nel reato, quantomeno nella fase ideativa ed organizzativa, cosi da risultarne investita la formulazione dei tre capi di imputazione a lui ascritti.

Il 28 giugno 2010 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento formulava al GUP nuova richiesta di giudizio nei confronti del M. e di C.M.L. in quanto concorrenti, unitamente ad ignoti, nel tentato omicidio aggravato del D.S., entrambi quali esecutori materiali ed il M., comunque, quale promotore, dirigente ed organizzatore dell’azione criminosa; il PM reiterava altresì la contestazione di delitti di porto e detenzione di arma ed evasione nei confronti del primo imputato.

All’udienza preliminare del 29 settembre 2010 il GUP respingeva con ordinanza le eccezioni degli imputati che chiedevano che il giudice invitasse il PM a modificare le imputazioni secondo le indicazioni del tribunale e, chiusa la discussione, con separato decreto disponeva il rinvio a giudizio di M.R. e C.M. L. in relazione ai reati cosi come contestati dalla pubblica accusa.

2.- Premessa l’illustrazione delle ragioni dell’ammissibilità del ricorso immediato per cassazione i ricorrenti assumono l’abnormità dell’ordinanza e del decreto resi il 29 settembre 2010 dal GUP del Tribunale di Benevento, in quanto le imputazioni elevate dal pubblico ministero con la richiesta del 28 giugno 2010, non si attengono alla configurazione del fatto quale definita dal Tribunale di Benevento nell’ordinanza di rimessione degli atti pronunciata il 19 maggio 2010 ai sensi dell’art. 521 c.p.p., comma 2.

Sottolineano, in proposito, che nella nuova richiesta di rinvio a giudizio il M. è sempre indicato nel ruolo di sparatore, che invece era stato escluso dal Tribunale, e che l’indicazione della C. quale concorrente nella esecuzione materiale della sparatoria non costituisce fatto diverso da quello originariamente contestato; l’aggiunta, poi, delle "ipotesi alternative" di modalità comportamentali attribuite al M. quale promotore, dirigente ed organizzatore dell’azione criminosa, si risolve in una affermazione di stile priva di qualsiasi portata e contenuto fattuale.

E’ quindi solo apparente la motivazione dell’ordinanza del GUP che ha ritenuto la diversità del fatto rappresentato in relazione alle modalità diverse quali rappresentate anche sotto forma di ipotesi alternative; sia l’ordinanza che il successivo, e conseguente, decreto di rinvio a giudizio costituiscono atti abnormi perchè, oltre ad aver consentito al pubblico ministero di disattendere i principi del sistema processuale conservando una imputazione contrastante con le indicazioni del Tribunale, hanno ingiustamente appesantito il compito della difesa degli imputati e concretamente rischiano di provocare una stasi processuale.

3.- Il Procuratore Generale Dott. Rosario Giovanni Russo, con atto depositato il 13 gennaio 2011, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge in relazione alla condanna al pagamento delle spese e della sanzione in favore della cassa ammende.

Motivi della decisione

4.- Il ricorso è manifestamente infondato.

4.1.- Secondo la definizione della categoria dei provvedimenti abnormi, quale elaborata dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (in particolare: sentenze 10.12.1997 n. 17, Rv. 209603, 24.11.1999, n.26, Rv. 215094; 27.12.2007 n. 5307, Rv. 238239) "è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorchè l’atto per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso , pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo".

Nel caso di specie il provvedimenti impugnati non presentano alcun carattere di abnormità, ma appaiono, al contrario, atti legittimi.

Nel riformulare i capi di imputazione, infatti, il pubblico ministero, così come rilevato dal procuratore Generale nella sue conclusioni, ha sostanzialmente tenuto conto delle indicazioni del Tribunale; il fatto oggetto della nuova contestazione non può essere definito lo stesso della precedente perchè, come correttamente rilevato dal GUP nell’ordinanza gravata , sotto forma di concorso prospetta l’esecuzione dei delitti contestati da parte di più persone e con modalità comportamentali diverse, seppure in forma di ipotesi alternativa.

Invero, dalla lettura dell’ordinanza ex art. 521 c.p.p., comma 2, del Tribunale di Benevento risulta che, a seguito del vaglio dibattimentale, i giudici ritenevano non potesse essere esclusa la presenza di una donna come "sparatrice" e che numerosi elementi convergevano nell’indicare un ruolo della C., moglie del M., nell’ambito della vicenda, compresa la sua positività all’esame stub, al quale era risultato, invece negativo il M..

Significativamente il provvedimento, pur sottolineando una incertezza allo stato non superabile relativamente alla partecipazione del M. all’azione delittuosa come esecutore materiale degli spari, individuava l’esistenza di elementi indicativi di un suo diverso titolo di concorso nel delitto, quantomeno nella fase ideativa ed organizzativa.

Legittimamente il GUP ha, quindi, ritenuto che la contestazione a titolo di concorso del tentato omicidio nei confronti della C., indicata quale esecutrice materiale unitamente al M. dell’azione delittuosa, con la contemporanea configurazione di un diverso ruolo alternativo di concorrente, quale promotore, dirigente ed organizzatore, in capo a M.R., costituisca prospettazione di un fatto diverso in conformità alle indicazioni del tribunale.

A fronte della nuova formulazione accusatoria, accolta dal GUP nel decreto che ha disposto il giudizio, dovrà quindi essere il dibattimento, nella pienezza del contraddittorio e con le garanzie dell’udienza, a stabilire, nell’ambito della complessità della vicenda, i diversi ruoli e le rispettive responsabilità penali, se sussistenti, degli imputati.

Per le ragioni sopraesposte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 (mille) a favore della cassa della ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *