T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 11-10-2011, n. 7864 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale raccomandato il 29 settembre 2010 e depositato il 7 ottobre 2010, U.A. S.p.A., con sede in Bologna, in persona del sig. F.S., procuratore speciale nominato per atto del notaio Sandro Serra di Bologna n. 65.094 di repertorio del 15 luglio 2009, ha impugnato il provvedimento e gli atti in epigrafe meglio specificati.

Giova premettere che:

– U.A. S.p.A. è stata costituita nel 2009 per fusione tra A.A. S.p.A. e U.A. S.p.A.;

– con nota del Servizio tutela utenti n. 1009037752 del 6 aprile 2009 l’IS.V.A.P. trasmetteva a U.A. S.p.A, reclamo presentato dall’avv. Giovanni Concilio -relativo alla mancata liquidazione, in via di risarcimento diretto, del danno alla persona subito dal proprio assistito A.M., assicurato presso la U.A. S.p.A. in relazione a sinistro stradale consistito in scontro tra un motoveicolo, di proprietà e condotto dal Monaco, e un autoveicolo, verificatosi il 7 aprile 2008 in Vietri sul Mare, con invito a fornire chiarimenti nel termine di trenta giorni all’Istituto e a dare riscontro al reclamante nel termine di quarantacinque giorni;

– con nota del 21 aprile 2009 U.G.F. Assicurazioni S.p.A. forniva, tempestivamente, i chiarimenti e il riscontro richiesto, revocando in dubbio che la richiesta di risarcimento diretta, proposta dall’avv. Concilio nell’interesse del Monaco con nota dell’8 aprile 2008, fosse completa di tutti gli elementi richiesti ex art. 148 d.lgs. n. 209/2005, anche con riferimento alle lesioni patite, e evidenziando che, liquidati i danni al motoveicolo in data 21 agosto 2008, con atto di citazione dinanzi al Giudice di pace di Salerno notificato il 21 novembre 2008 era stata proposta domanda di risarcimento dei danni per le lesioni personali:

– con nota n. 0909015666 del 7 agosto 2009, a firma congiunta del Capo del Servizio vigilanza e del Capo del Servizio tutela utenti, veniva contestata ad U.A. S.p.A. la violazione del combinato disposto degli artt. 149 e 150 del d.lgs. n. 209/2005 e dell’art. 8 del d.P.R. n. 254/2006, in relazione all’omessa formulazione dell’offerta di risarcimento o del diniego motivato del risarcimento oltre i centoventi giorni successivi alla scadenza del termine prescritto;

– acquisita memoria difensiva della società assicuratrice, e sulla scorta della relazione conclusiva del Capo del Servizio tutela utenti e della conforme proposta motivata del Capo del Servizio sanzioni, con ordinanza del Presidente dell’IS.V.A.P. n. 2672/10 del 12 luglio 2010, notificata alla società ricorrente il 16 luglio 2010 a mezzo del servizio postale raccomandato, è stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 53.333,00 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria determinata ai sensi dell’art. 315 comma 2 del d.lgs. n. 209/2005.

A sostegno delle cumulative domande proposte, di annullamento e accertamento e condanna, sono state dedotte le seguenti censure:

1) Violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dei principi di equo procedimento.

Il provvedimento impugnato è stato notificato alla società ricorrente il 16 luglio 2010, oltre il termine di novanta giorni (che scadeva il 18 aprile 2010) decorrente dal ricevimento della relazione del Servizio tutela utenti in data 18 gennaio 2010 da parte del Servizio sanzioni (dovendosi ritenere esso coincidente con la data della relazione, in difetto di altre indicazioni), come fissato dall’art. 5 comma 2 del regolamento IS.V.A.P. n. 1 del 15 marzo 2006.

2) Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e sviamento.

La condotta sanzionata è insussistente, perché la nota dell’avv. Concilio dell’8 aprile 2008 non conteneva richiesta di risarcimento diretto del danno alla persona, non potendosi considerate tale il solo generico e incidentale riferimento a "lesioni personali", da riguardare semmai come mera "riserva" di richiedere il risarcimento; solo con nota del 10 giugno 2008 il professionista legale invitava la compagnia a designare proprio perito medico legale per la valutazione delle lesioni, rendendo così evidente la volontà di conseguire il risarcimento per il danno alla persona, e quindi solo da tale data poteva decorrere il termine di novanta giorni per l’eventuale formulazione dell’offerta o la comunicazione del suo diniego motivato: tale termine però era interrotto con nota dell’U. del 17 luglio 2008 di invito a sottoporre l’assicurato alla perizia medicolegale (la relativa visita era eseguita il 25 agosto 2008) e veniva poi definitivamente interrotto dalla notifica dell’atto giudiziale di citazione.

3) In subordine: Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e/o in ulteriore subordine illegittimità del quantum per travisamento, illogicità e ingiustizia manifeste.

Gli elementi di dubbio in ordine all’effettivo contenuto delle richieste risarcitorie avanzate dal professionista legale per il proprio assistito revocano in dubbio la colpa in ordine all’addebito.

La sanzione amministrativa pecuniaria irrogata è sproporzionata, perché a fronte di un ritardo di soli due giorni rispetto al termine di centoventi, successivo al termine utile per la formulazione dell’offerta o il suo diniego motivato, attraverso la media tra minimo (Euro 20.000,00) e massimo (Euro 60.000,00) edittale, aumentato di 1/3, essa è stata determinata in misura pari a circa il 90% del massimo edittale; sotto altro profilo, la condotta omissiva è istantanea con effetti permanenti e non già "continuativa"; peraltro il provvedimento impugnato fa riferimento erroneo ad un ritardo pari a duecentoquaranta giorni, ossia al doppio di quello effettivo.

Costituitosi in giudizio, l’Istituto intimato, con memoria difensiva depositata il 19 maggio 2011 e memoria di replica depositata l’11 giugno 2011, ha dedotto l’infondatezza del ricorso.

A sua volta la società ricorrente, con memoria difensiva depositata il 1° giugno 2011 e memoria di replica depositata il 9 giugno 2011, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, ulteriormente illustrandone le censure.

All’udienza pubblica del 22 giugno 2011 il ricorso è stato discusso e deciso.

Motivi della decisione

1.) Il ricorso in epigrafe è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

1.1) La più radicale censura, di cui al primo motivo di ricorso, è costituita dal rilievo della tardività della notificazione del provvedimento impugnato, siccome intervenuto oltre la scadenza del termine di cui all’art. 5 (comma 2) del regolamento IS.V.A.P. n. 1 del 15 marzo 2006.

Tale disposizione, rubricata "Fase conclusiva del procedimento sanzionatorio", stabilisce testualmente che:

– "Il Servizio Sanzioni, verificata la ritualità e la completezza degli adempimenti istruttori compiuti e valutate le risultanze dell’istruttoria dei Servizi dell’Istituto, predispone gli atti conclusivi del procedimento sanzionatorio sottoponendoli al Presidente per la decisione" (comma 1);

– "Il provvedimento motivato adottato dal Presidente è notificato al soggetto cui è stata rivolta la contestazione ai sensi dell’art. 3, entro 90 giorni dal ricevimento da parte del Servizio Sanzioni della relazione motivata dei Servizi dell’Istituto" (comma 2);

– "Il provvedimento di irrogazione della sanzione reca l’ingiunzione del relativo pagamento secondo quanto previsto dall’art. 6. Si applicano l’art. 326, commi 7 e 8, del decreto e l’art. 24, commi 5 e 6 della Legge 28 dicembre 2005, n. 262" (comma 3);

– "Il procedimento sanzionatorio, con l’irrogazione della sanzione ovvero l’archiviazione, si conclude entro due anni dalla data del suo avvio" (comma 4).

Orbene, la società ricorrente sostiene che, poiché la relazione motivata del Servizio tutela utenti, secondo quanto indicato nello stesso provvedimento impugnato, reca la data del 18 gennaio 2010, e poiché, in difetto di altre indicazioni al riguardo, deve ritenersi che essa sia stata ricevuta lo stesso giorno da parte del Servizio sanzioni, il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere notificato entro il 18 aprile 2010, sicché la notifica, intervenuta il 16 luglio 2010 è irrimediabilmente tardiva, con implicita affermazione dell’intervenuta estinzione del procedimento sanzionatorio.

In replica i difensori dell’Istituto rilevano che il termine "di fase" di cui all’art. 5 comma 2, come tutti i termini che disciplinano fasi intermedie ed endoprocedimentali, hanno natura ordinatoria e funzione acceleratoria, laddove l’unico termine perentorio, perché posto a garanzia della definizione del procedimento sanzionatorio entro un arco temporale certo, è costituito da quello biennale di cui all’art. 5 comma 4; d’altro canto, se tutti i termini intermedi fossero perentori la loro somma dovrebbe coincidere con un arco temporale esattamente coincidente con il biennio, laddove è di gran lunga inferiore.

Il Tribunale ha già avuto modo di esprimersi sulla natura meramente ordinatoria del termine di cui all’art. 5 comma 2 del regolamento IS.V.A.P. n. 1 del 15 marzo 2006, osservando come:

"I termini endoprocedimentale di cui all’art. 4 co. 2 e 6 co. 2 d.lg 209/2006 hanno natura ordinatoria e non decadenziale. Infatti, considerato che il termine perentorio determina una conseguenza "fortè quale quella della decadenza dall’esercizio del potere, occorre ritenere che tale conseguenza debba essere espressamente e senza alcun margine di dubbio prevista ovvero che la perentorietà consegua allo scopo ed alla funzione adempiuta, mentre (tali) termini…hanno chiaramente funzione acceleratoria dell’attività istruttoria e sono posti ad esclusiva tutela del buon andamento e dell’efficacia dell’azione amministrativa con una funzione meramente organizzativa"; di tal ché solo il termine biennale di cui all’art. 5 comma 4 può considerarsi perentorio "…in quanto assolve ad una specifica funzione di garanzia del destinatario del procedimento sui tempi massimi di adozione della sanzione…" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 21 gennaio 2010, n. 649, n. 650 e n. 651).

Orbene, da tale orientamento il Tribunale non ritiene di doversi discostare, non condividendo la prospettazione, contenuta nella memoria della società ricorrente depositata il 1° giugno 2011, secondo cui tale termine dovrebbe ricondursi, nella sua finalità, a quello previsto dall’art. 14 della legge n. 24 novembre 1981, n. 689.

Sotto un primo profilo, e come riconosciuto dalla stessa società ricorrente, il procedimento per la irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione delle disposizioni del d.lgs. 7 maggio 2005, n. 209 è disciplinato, in via diretta e autonoma, dallo stesso codice delle assicurazioni (art. 326 ss.) e dai regolamenti dell’IS.V.A.P., (in virtù dell’attribuzione di potere normativo regolamentare di cui al precedente art. 9 comma 3, che rinvia come noto ai principi "…della facoltà di denuncia di parte, della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra le funzioni istruttorie e quelle decisorie", nonché a quelli generali sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241).

L’art. 24 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, nel ribadire tali principi per l’IS.V.A.P. e estenderli ai procedimenti sanzionatori di competenza della Banca d’Italia, della Co.N.So.B. e della Co.Vi.P. (al comma 1), si è limitato al comma 4 ad escludere l’applicabilità alle sanzioni amministrative irrogate dalle predette Autorità indipendenti dell’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in ordine alla facoltà di pagamento in misura ridotta, che invece, quanto all’IS.V.A.P., era ancora limitatamente ammessa dall’art. 328 comma 2 del codice delle assicurazioni.

La struttura del procedimento sanzionatorio, come disegnato dal d.lgs. n. 209/2005 e dal regolamento IS.V.A.P. n. 1 del 15 marzo 2006, è del tutto peculiare e irriducibile alle disposizioni generali della legge n. 689/1981, in quanto articolata precipue fasi con adozione di atti intermedi entro specifici termini, sicché non può farsi alcun richiamo alla valenza (estintiva) del termine di cui all’art. 14 della stessa legge, peraltro ricollegato alla mancata contestazione dell’addebito, laddove, nel caso di specie è indubbio che sia intervenuta la contestazione degli addebiti.

Né può seriamente sostenersi che l’ordinanza presidenziale che irroga la sanzione disciplinare costituisca una "contestazione dei fatti come definitivamente accertata", e che quindi svolga la stessa funzione dell’atto di contestazione degli addebiti ex art. 14 legge n. 689/1981, costituendo invece il provvedimento conclusivo del procedimento sanzionatorio.

Alla stregua delle osservazioni che precedono, le censure dedotte con il primo motivo di ricorso deve essere disattesa, siccome infondata.

1.2) Con il secondo motivo la società ricorrente nega la sussistenza della condotta omissiva addebitata, sul rilievo che soltanto con nota del 10 giugno 2008 il professionista legale invitava la compagnia a designare proprio perito medico legale per la valutazione delle lesioni, rendendo così evidente la volontà di conseguire il risarcimento per il danno alla persona, e quindi solo da tale data poteva decorrere il termine di novanta giorni per l’eventuale formulazione dell’offerta o la comunicazione del suo diniego motivato; tale termine però era interrotto una prima volta con nota dell’U. del 17 luglio 2008 di invito a sottoporre l’assicurato alla perizia medicolegale (la relativa visita era eseguita il 25 agosto 2008) e poi definitivamente dalla notifica dell’atto giudiziale di citazione dinanzi al Giudice di pace di Salerno notificato il 21 novembre 2008 intesa a ottenere il risarcimento dei danni per le lesioni personali.

Giova premettere in punto di fatto che:

– con nota dell’8 aprile 2008, ricevuta dall’Unipol il 23 aprile 2008 (secondo timbro a calendario della copia esibita dai difensori dell’IS.VA.P. e come riferito nella nota di riscontro di U. alla richiesta di chiarimenti formulata dall’Istituto), l’avv. Giovanni Concilio, dichiaratamente "in nome e per conto del sig. M.A., nella qualità di proprietario del motociclo tg. CG98890 presso Voi assicurato…" formulava richiesta di "…risarcimento dei danni ex art. 5 del D.P.R.n. 254/06 causati dal veicolo tipo Fiat Punto tg. AW665VR" (assicurato presso la A. S.p.A.);

– nella nota il professionista legale specificava che l’autoveicolo "invadendo la corsia opposta, investiva il motociclo tg. CG98890 di proprietà del mio assistito, provocandogli danni di varia entità e natura, nonché lesioni personali".

Nel caso di specie, dunque, l’assicurato, tramite professionista legale di fiducia, aveva formulato una chiara richiesta di risarcimento diretto nei confronti della propria compagnia assicuratrice.

Com’è noto l’art. 149 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 ha disciplinato la procedura di risarcimento diretto non solo per i danni a veicoli o alle cose trasportate dall’assicurato o dal conducente (se diverso dall’assicurato), sebbene anche per il "…danno alla persona subito dal conducente non responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall’articolo 139", ossia per il danno biologico conseguente a "lesioni di lieve entità" da liquidare secondo i criteri e le misure indicate nella stessa disposizione.

In tale ipotesi la compagnia assicuratrice è "…obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni (al proprio assicurato danneggiato: n.d.e.) per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime".

I termini per l’offerta "congrua e motivata" di risarcimento o per la comunicazione dei motivi di diniego dell’offerta sono, peraltro, in virtù del rinvio di cui all’art. 149 comma 6, gli stessi previsti dall’art. 148 (che riguarda le ordinarie procedure risarcitorie da parte della compagnia assicuratrice del danneggiante), ossia sessanta giorni per il danno alle sole cose e novanta per il danno alla persona decorrenti dalla richiesta di risarcimento.

In virtù della delega di potere regolamentare di cui al successivo art. 150, con d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254 è stato emanato il "Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell’articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 – Codice delle assicurazioni private".

Orbene, non può revocarsi in dubbio che la richiesta di risarcimento del danno diretto comprendesse, con il chiaro riferimento alle lesioni personali subite dall’assicurato, e con la sua esplicita formulazione "ai sensi e per gli effetti degli artt. 149 e 150 D.Lgs. 07/09/2005n. 209 e del D.P.R. n. 254/2006", anche i danni alla persona, evidentemente contenuti e qualificati nei limiti di cui all’art. 139 del codice delle assicurazioni.

La circostanza, invocata dalla società ricorrente, che la richiesta non contenesse tutti gli elementi informativi di cui all’art. 148 comma 2 -e in specie il reddito e l’entità delle lesioni subite, posto che quanto all’attestazione medica non è comprovato che le lesioni fossero già guarite e si fossero stabilizzati i postumi permanenti, ed anzi dalla perizia medicolegale eseguita per conto della compagnia assicuratrice sembra doversi piuttosto escludere che alla data della richiesta ciò fosse già avvenuto- non esclude il decorso del termine di novanta giorni entro i quali l’impresa è tenuta a formulare l’offerta risarcitoria o comunicare i motivi di diniego, poiché l’effetto interruttivo di tale termine è ricollegato soltanto alla richiesta al danneggiato delle "necessarie integrazioni", cui la compagnia assicuratrice è tenuta "nel caso di richiesta incompleta" ai sensi dell’art. 148 comma 5, posto che soltanto qualora la richiesta d’integrazioni sia stata formulata nell’assegnato termine di trenta giorni dalla domanda di risarcimento "…i termini di cui ai commi 1 e 2 decorrono nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi".

Nello stesso senso da ultimo precisato si esprime l’art. 7 del d.P.R. n. 254/2006, che anzi dispone che la richiesta di integrazione della domanda di risarcimento diretto è formulata "…offrendo l’assistenza tecnica e informativa prevista dall’articolo 9", che obbliga le imprese assicuratrici a fornire "ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno… (e in particolare a garantire)…il supporto tecnico nella compilazione della richiesta di risarcimento, anche ai fini della quantificazione dei danni alle cose e ai veicoli, il suo controllo e l’eventuale integrazione, l’illustrazione e la precisazione dei criteri di responsabilità di cui all’allegato A".

Né, come esattamente osservato nel provvedimento impugnato, potrebbe dispiegare effetto interruttivo la circostanza che la compagnia assicuratrice l’11 giugno 2008 (e quindi, comunque, ben oltre la scadenza del termine di trenta giorni per la richiesta di integrazione) abbia officiato un proprio perito medico legale (ciò che peraltro non integra in senso proprio la richiesta di chiarimenti).

Ne consegue che il termine di novanta giorni per l’offerta risarcitoria o la comunicazione del diniego motivato d’offerta decorreva, nel caso di specie, dal 23 aprile 2008 (data di incontestata ricezione della nota dell’avv. Concilio) ed è scaduto il 22 luglio 2008.

Dal 23 luglio 2008 vanno quindi computati i giorni di ritardo che assumono rilievo ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 315 del codice delle assicurazioni (che come noto differenzia l’entità della sanzione in funzione di tale parametro temporale) sino al momento (21 novembre 2008) della notificazione dell’atto di citazione per il risarcimento del danno, proposto dall’assicurato ai sensi del combinato disposto dell’art. 149 comma 6 e 145 comma 2 del codice delle assicurazioni.

Il ritardo è,quindi, pari a centoventidue giorni, con connesso alla sanzione nella misura di cui al secondo comma dello stesso art. 315 ("Qualora, oltre i centoventi giorni dal termine utile, siano omesse la formulazione dell’offerta, la comunicazione dei motivi del diniego o il pagamento della somma, l’inosservanza degli obblighi previsti dagli articoli 148, 149 e 150 o delle disposizioni di attuazione è punita con la sanzione da euro diecimilaottocento ad euro trentamila in relazione a danni a cose e con la sanzione da euro ventimila ad euro sessantamila in relazione a danni a persone o per il caso morte").

Alla stregua delle osservazioni che precedono è dunque infondato anche il secondo motivo di ricorso.

1.3) E’ invece fondato, nei sensi di seguito precisati, il terzo motivo di ricorso, riferito alla quantificazione della sanzione amministrativa pecuniaria, con particolare riferimento al criterio seguito dall’IS.V.A.P.

Il provvedimento impugnato ha ritenuto "…congrua, attesa la gravità del comportamento omissivo dell’impresa…l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 315 comma 2…pari alla media aritmetica tra il minimo (euro 20.000,00) ed il massimo edittale (euro 60.000,00) e quindi nella misura di euro 40.000,00 maggiorata di un terzo (euro 13.333,00), così da determinare la sanzione definitiva nell’ammontare di euro 53.333,00".

Orbene, mentre -a differenza di quanto dedotto dalla società ricorrente- la misura del ritardo è stata esattamente quantificata in centoventidue giorni, è il criterio di commisurazione della sanzione amministrativa pecuniaria che risulta illogico e che viola il principio di proporzionalità della sanzione amministrativa pecuniaria, poiché per un ritardo ulteriore di soli due giorni rispetto alla soglia dei centoventi giorni finisce per irrogare una sanzione che, considerato l’aumento di 1/3, è pari all’88,88% del massimo edittale.

Né, peraltro, risulta in alcun modo motivata la maggiorazione di 1/3, laddove già la sanzione base di Euro 40.000,00 determinata quale media aritmetica tra minimo e massimo è pari ai 2/3 della massima sanzione pecuniaria edittale, pure risultando il ritardo appena superiore (due giorni) alla soglia che determina l’applicazione del comma 2 dell’art. 315, e tenuto conto che per i ritardi sino a centoventi giorni si applica la ben più tenue sanzione di cui al comma 1 lettera d) (da euro cinquemilaquattrocento ad euro diecimilaottocento).

In altri termini, considerata l’esiguità del ritardo ulteriore rispetto al termine di centoventi giorni, è certamente più adeguata l’applicazione della sanzione edittale minima di Euro 20.000,00, maggiorata semmai in modo proporzionale e secondo la media aritmetica con il massimo edittale, in misura di Euro 3.278,69 (pari al quoziente tra la sanzione "media" di Euro 40.000 e il numero complessivo dei giorni di ritardo) per ciascun giorno di ritardo oltre il centoventesimo, e quindi da rideterminare nella misura di Euro 26.557,38 complessivi.

3.) In conclusione, il ricorso va accolto in parte, in relazione alla censura relativa alla sproporzione ed adeguatezza della sanzione, e, per l’effetto, va annullata in parte qua l’ordinanza ingiunzione impugnata.

4.) Sussistono giuste ragioni, in relazione alla soccombenza reciproca parziale, per disporre la compensazione tra le parti delle spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma – Sezione I, accoglie in parte, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla misura della sanzione pecuniaria irrogata, da rideterminare nei limiti di cui in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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