Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-04-2011) 22-09-2011, n. 34507

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso straordinario ex art. 625 bis cod. proc. pen., proposto tramite difensore di fiducia, D.P.A. chiede l’annullamento senza rinvio della sentenza con cui questa Corte il 25 novembre 2010 aveva rigettato un suo precedente ricorso avverso la sentenza della corte di appello di Roma del 25 febbraio 2010 che, per quanto qui interessa, in riforma di quella emessa in primo grado dal GUP in esito a giudizio abbreviato, aveva irrogato in suo danno la pena dell’ergastolo per il delitto di omicidio. Sostiene il ricorrente che questa Corte non aveva tenuto conto della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, secondo la quale la pena dell’ergastolo ai sensi dell’art. 442, comma 2 va sostituita con quella della reclusione per trent’anni, ed invoca a sostegno dell’assunto la sentenza pronunciata da questa stessa Sezione febbraio 2010 con il n. 16507 – Rv. 247244 – S., che, in ossequio a sentenza della Corte di Strasburgo, adita dal difensore dell’imputato, che si doleva dell’iniquità della pena, aveva sostituito la pena dell’ergastolo, irrogata con sentenza passata in giudicato, con quella della reclusione per anni trenta. Il ricorso è manifestamente infondato, e perciò inammissibile. Trascura infatti il ricorrente di considerare che la fattispecie in esame è radicalmente diversa da quella oggetto della sentenza S., atteso che in quel caso la vicenda era stata decisa in primo grado dal GUP di Roma il 24 novembre 2000, stesso giorno dell’entrata in vigore del D.L. 341, che con l’art. 7 comma 2 aveva modificato il dettato dell’art. 442 c.p.p., comma 2 sostituendo all’originario dettato "in caso di condanna … alla pena dell’ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta", quello oggi in vigore, che è del seguente tenore: "alla pena dell’ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e reato continuato, è sostituita quella dell’ergastolo";

Era avvenuto allora che il GUP, ritenuto l’imputato colpevole di omicidio ed altro, aveva irrogato la pena di anni trenta di reclusione, applicando la norma che era in vigore fino al giorno prima.

La corte di appello aveva invece rilevato che il caso rientrava nella previsione della seconda parte dell’art. 442 c.p.p., comma 2, come modificato dal D.L. n. 341 del 2000, ed aveva perciò riformato la sentenza di primo grado, irrogando la pena dell’ergastolo. Detto provvedimento aveva superato il vaglio di legittimità. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, cui lo S. si era rivolto, aveva censurato la suddetta pronuncia, rilevando che il D.L. n. 341 del 2000, art. 7 costituiva norma sostanziale, che aveva statuito con efficacia retroattiva trattamento sanzionatorio peggiorativo, in violazione dei principi del giusto processo sanciti dagli artt. 6 e 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; in sede di ricorso straordinario questa Corte aveva perciò provveduto a ricondurre il trattamento sanzionatorio ad equità, annullando senza rinvio la sentenza impugnata e sostituendo la pena dell’ergastolo con quella della reclusione per trenta anni.

Il caso di specie riguarda invece una condanna pronunciata nel 2010 per un omicidio consumato il (OMISSIS), nonchè per i delitti di rapina aggravata e porto di armi.

Pertanto nel caso di specie non sussiste errore alcuno, nè di diritto nè di fatto, di modo che del tutto legittimamente era stato applicato l’art. 442 c.p.p., comma 2 nella versione in vigore, ed irrogata la pena dell’ergastolo, e non sussiste iniquità alcuna, tantomeno sanzionata dalla Corte di Strasburgo, essendo stata applicata esattamente la norma in vigore tanto alla data di consumazione del reato che a quella della decisione.

L’imputato pertanto non aveva e non ha motivo di dolersi di un trattamento sanzionatorio applicato erroneamente in misura più grave di quella attesa.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *