T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 11-10-2011, n. 7859 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale raccomandato il 29 aprile7 maggio 2010 e depositato il 7 maggio 2010, U.A. S.p.A., con sede in Bologna, in persona del sig. F.S., procuratore speciale nominato per atto del notaio Sandro Serra di Bologna n. 65.094 di repertorio del 15 luglio 2009, ha impugnato il provvedimento e gli atti in epigrafe meglio specificati.

Giova premettere che:

– U.A. S.p.A. è stata costituita nel 2009 per fusione tra A.A. S.p.A. e U.A. S.p.A.;

– con nota n. 1009017707 del 17 febbraio 2009, il Servizio tutela utenti e assicurati dell’IS.V.A.P. trasmetteva ad U.A. S.p.A. un reclamo in data 9 dicembre 2008, presentato dalla società Stame S.n.c., inteso a far valere disdetta da polizza assicurativa n. 99/51169904 a far tempo dal 31 dicembre 2008, con invito a fornire diretto riscontro all’assicurato entro quarantacinque giorni;

– con successiva nota n. 1009022427 del 27 febbraio 2009, il Servizio tutela utenti e assicurati, richiamato ulteriore reclamo dello stesso assicurato in data 11 dicembre 2008, chiedeva di fornire "dettagliati chiarimenti in merito a quanto nel medesimo rappresentato, al fine di consentire una corretta valutazione della fattispecie in esame, entro trenta giorni dal ricevimento della presente" nonché a fornire riscontro al reclamante nel termine di quarantacinque giorni

– con ulteriore nota n. 1009079738 del 13 luglio 2009, il Servizio tutela utenti e assicurati, facendo seguito "alla richiesta istruttoria" di cui alla nota del 27 febbraio, ribadiva l’invito a fornire il richiesto riscontro entro (ulteriori) trenta giorni dal ricevimento della nota;

– con nota del 16 luglio 2009, U.A. S.p.A., premesso che "…non ci risulterebbe mai pervenuta…alcuna Vostra nota caratterizzata dal n. di protocollo 1009022247, datata 27/02/2009", laddove l’unica nota che "…ci risulterebbe pervenuta in relazione al reclamo in esame è quella datata 17/02/2009…", chiariva che al reclamo era stato dato positivo riscontro positivo (nel senso dell’accoglimento della disdetta della polizza assicurativa) con nota del 23 gennaio 2009;

– con nota n. 0909014571 del 16 luglio 2009, a firma congiunta del Capo del Servizio vigilanza e del Capo del Servizio tutela utenti, veniva contestata ad U.A. S.p.A. la violazione del combinato disposto degli artt. 7 e 189 comma 1 del d.lgs. n. 209/2005 e 6 comma 2 del regolamento IS.V.A.P. n. 24/2008, in relazione al mancato tempestivo riscontro della nota del 27 febbraio 2009, nel termine di trenta giorni ivi assegnato;

– acquisita memoria difensiva della società assicuratrice, e sulla scorta della relazione conclusiva del Capo del Servizio tutela utenti e della conforme proposta motivata del Capo del Servizio sanzioni, con ordinanza del Presidente dell’IS.V.A.P.. n. 1129/10 del 15 marzo 2010, notificata alla società ricorrente il 18 marzo 2010 a mezzo del servizio postale raccomandato, è stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 10.792,45 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria determinata ai sensi dell’art. 310 comma 1 del d.lgs. n. 209/2005.

A sostegno delle cumulative domande proposte, di annullamento e accertamento e condanna, sono state dedotte le seguenti censure:

1) Violazione di legge per insussistenza dei presupposti, errore di fatto e travisamento.

La società ricorrente nega di aver ricevuto comunicazione della nota n. 1009022427 del 27 febbraio 2009, facendo rilevare che nell’ordinanza impugnata si afferma che essa è stata trasmessa mezzo telefax all’utenza numero 02/518119746, laddove l’utenza del fax dell’Ufficio reclami di U. corrisponde al numero 02/5181946: evidentemente quindi la comunicazione è stata inoltrata a numero di fax diverso, ciò che avvalora e spiega come essa non sia mai pervenuta alla società.

Non sussiste quindi la condotta omissiva addebitata, per difetto dell’essenziale presupposto del ricevimento della nota contenente la richiesta istruttoria e l’invito al riscontro entro il termine assegnato di trenta giorni.

2) In subordine: Violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dei principi di equo procedimento.

Il provvedimento impugnato è stato notificato alla società ricorrente il 18 marzo 2010, oltre il termine di novanta giorni (che scadeva l’8 febbraio 2010) decorrente dal ricevimento della relazione del Servizio tutela utenti in data 10 novembre 2009 da parte del Servizio sanzioni (dovendosi ritenere esso coincidente con la data della relazione, in difetto di altre indicazioni), come fissato dall’art. 5 comma 2 del regolamento IS.V.A.P. n. 1 del 15 marzo 2006.

3) In ulteriore ed estremo subordine: Illegittimità nel quantum della sanzione irrogata per violazione di legge ed eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifeste, violazione dei principi di equo procedimento, difetto dei presupposti e della motivazione, travisamento.

Si contesta la commisurazione della sanzione pecuniaria amministrativa, fondata sulla considerazione del mero ritardo nel fornire riscontro alla nota del 27 febbraio 2009, computato in ragione di centonove giorni, senza alcuna considerazione della "gravità del danno cagionato" all’Istituto o all’assicurato, del "grado di colpa o dolo", della "eventuale sussistenza di recidiva", laddove non vi è nella specie alcun danno (all’assicurato reclamante è stato dato tempestivo riscontro sin dal 23 gennaio 2009 e dal ritardo nel riscontro all’IS.V.A.P. non deriva danno), la colpa è insussistente, poiché la società ricorrente nega di aver ricevuto comunicazione della suddetta nota, e non sussiste alcuna recidiva.

Costituitosi in giudizio, l’Istituto intimato, con memoria difensiva depositata il 19 maggio 2011 e memoria di replica depositata l’11 giugno 2011, ha dedotto l’infondatezza del ricorso.

A sua volta la società ricorrente, con memoria difensiva depositata il 1° giugno 2011 e memoria di replica depositata il 9 giugno 2011, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, ulteriormente illustrandone le censure.

All’udienza pubblica del 22 giugno 2011 il ricorso è stato discusso e deciso.

Motivi della decisione

1.) Il ricorso in epigrafe è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

1.1) Com’è noto, l’art. 5 comma 1 del d.lgs. 7 maggio 2005, n. 209 (recante "Codice delle assicurazioni private") attribuisce all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo una generale funzione di "vigilanza sul settore assicurativo", con strumentali poteri autorizzativi, prescrittivi, accertativi, cautelari e repressivi, e con specifico potere regolamentare (comma 2) ai fini di garantire "la sana e prudente gestione delle imprese" e "la trasparenza e la correttezza dei comportamenti dei soggetti vigilati".

Le finalità delle funzioni di vigilanza, come enunciate dal successivo art. 3, sono costituite dall’obiettivo di assicurare "…la sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione e di riassicurazione e la trasparenza e la correttezza dei comportamenti delle imprese, degli intermediari e degli altri operatori del settore assicurativo, avendo riguardo alla stabilità, all’efficienza, alla competitività ed al buon funzionamento del sistema assicurativo, alla tutela degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative, all’informazione ed alla protezione dei consumatori".

In funzione dell’effettività della tutela degli assicurati, a questi ultimi, oltre che in generale a ogni persona fisica e giuridica e alle associazioni consumeristiche, il successivo art. 7 riconosce la facoltà "…di proporre reclamo all’ISVAP, per l’accertamento dell’osservanza delle disposizioni previste nel presente codice, nei confronti delle imprese di assicurazione e di riassicurazione, degli intermediari e dei periti assicurativi secondo la procedura prevista con regolamento adottato dall’Istituto nel rispetto dei principi del giusto procedimento".

La presentazione dei reclami è stata disciplinata con il regolamento I.SV.A.P. n. 24 del 19 maggio 2008, ed è espressamente esclusa solo per i reclami in relazione al cui oggetto sia stata già adita l’autorità giudiziaria, quelli relativi alla violazione delle disposizioni del testo unico dell’intermediazione finanziaria e quelli relativi alle forme pensionistiche complementari -le ultime due esclusioni in rapporto all’ovvia competenza di altre autorità indipendenti di regolazione e vigilanza (cfr. art. 4 comma 2 lettere a), b) e c).

L’art. 4 comma 5 del regolamento precisa, poi, che i reclami relativi alla gestione del rapporto contrattuale assicurativo "…segnatamente sotto il profilo dell’attribuzione di responsabilità, della effettività della prestazione, della quantificazione ed erogazione delle somme dovute all’avente diritto…", sono "rivolti direttamente all’impresa" (assicuratrice), salva la facoltà di presentarli all’IS.V.A.P. quando, già rivolti all’impresa, siano rimasti privi di riscontro entro quarantacinque giorni o abbiano avuto "risposta ritenuta non soddisfacente"; tali reclami, ai sensi del comma 6, ove trasmessi all’IS.V.A.P. sono inoltrati entro novanta giorni dal loro ricevimento all’impresa assicuratrice, che deve darne diretto riscontro al reclamante entro quarantacinque giorni dal ricevimento del reclamo.

Il successivo art. 6 nell’ambito dell’istruttoria sul reclamo, da avviare con notizia al reclamante entro novanta giorni dal ricevimento del reclamo (comma 1), stabilisce che l’IS.V.A.P., "…oltre che al reclamante, può, ai sensi dell’articolo 189 del decreto, richiedere dati, notizie o documenti ai soggetti sui quali esercita la vigilanza, i quali forniscono riscontro nel termine di trenta giorni dalla ricezione della richiesta oltre che al reclamante".

L’art. 6 comma 2 del regolamento IS.V.A.P. n. 24 del 19 maggio 2008, impone quindi alle imprese assicuratrici un dovere collaborativo finalizzato a consentire il più efficace e tempestivo esercizio delle funzioni di vigilanza.

Si tratta, quindi, di applicazione specifica e settoriale dei generali poteri istruttori attribuiti dall’art. 189 comma 1 del d.lgs. n. 209/2005, a norma del quale l’Istituto "…può chiedere informazioni, ordinare l’esibizione di documenti ed il compimento di accertamenti e verifiche ritenute necessarie, rivolgendo la richiesta alle imprese di assicurazione e di riassicurazione, ai soggetti che svolgono funzioni parzialmente comprese nel ciclo operativo delle imprese di assicurazione e di riassicurazione per indagini esclusivamente rivolte ai profili assicurativi o riassicurativi, agli intermediari assicurativi e riassicurativi, ai periti assicurativi, nonché ai soggetti che svolgono attività riservate privi di autorizzazione".

La fattispecie è poi integrata, quanto all’individuazione delle modalità e termini dei doverosi riscontri, dalle sottostanti disposizioni regolamentari, in generale, ai sensi dell’art. 5 comma 2 del codice delle assicurazioni, e specificamente ai sensi del successivo art. 7.

In senso analogo si esprime, d’altro canto, l’art. 190 comma 1, esplicitamente rubricato "Obblighi di informativa", secondo il quale l’Istituto "…può chiedere ai soggetti vigilati la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con i termini e le modalità da esso stabilite con regolamento".

Il successivo art. 310 comma 1, nel sanzionare, tra le altre, la violazione delle disposizioni dell’art. 189 comma 1 e dell’art. 190 comma 1, e quindi anche delle disposizioni regolamentari integrative, con la sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 5.000,00 ad Euro 50.000,00,.mira ovviamente ad assicurare l’effettività dello svolgimento delle funzioni di vigilanza, anche con riferimento all’esercizio degli strumentali poteri d’indagine (tra cui la richiesta d’informazioni), che resterebbero del tutto frustati e svuotati di ogni significato se non presidiati da apposita sanzione.

D’altro canto, secondo quanto già rilevato da questo Tribunale, la funzione di vigilanza e i correlati poteri d’indagine ed obblighi informativi "…comportano la soggezione…ai poteri di indagine dell’Autorità (relativi a richiesta di informazioni, ordine di esibizione documenti, ispezioni, verifiche etc.) nonché, per converso, la sussistenza di specifici obblighi di informativa da parte dei soggetti vigilati", di tal ché la sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 310 comma 1 del d.lgs. n. 209/2005 "…presidia l’obbligo di collaborazione in sé, in quanto posto a garanzia dell’efficiente esercizio dell’attività di vigilanza…" (così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 2 agosto 2010, n. 29503).

1.2) Così ricostruito, in sintesi, il quadro normativo di riferimento, devono esaminarsi le censure nel loro ordine logicogiuridico.

1.2.1) La più radicale censura, ancorché articolata come la seconda nella serie ordinale prescelta dalla società ricorrente, è costituita dal rilievo della tardività della notificazione del provvedimento impugnato, siccome intervenuto oltre la scadenza del termine di cui all’art. 5 (comma 2) del regolamento IS.V.A.P. n. 1 del 15 marzo 2006.

Tale disposizione, rubricata "Fase conclusiva del procedimento sanzionatorio", stabilisce testualmente che:

– "Il Servizio Sanzioni, verificata la ritualità e la completezza degli adempimenti istruttori compiuti e valutate le risultanze dell’istruttoria dei Servizi dell’Istituto, predispone gli atti conclusivi del procedimento sanzionatorio sottoponendoli al Presidente per la decisione" (comma 1);

– "Il provvedimento motivato adottato dal Presidente è notificato al soggetto cui è stata rivolta la contestazione ai sensi dell’art. 3, entro 90 giorni dal ricevimento da parte del Servizio Sanzioni della relazione motivata dei Servizi dell’Istituto" (comma 2);

– "Il provvedimento di irrogazione della sanzione reca l’ingiunzione del relativo pagamento secondo quanto previsto dall’art. 6. Si applicano l’art. 326, commi 7 e 8, del decreto e l’art. 24, commi 5 e 6 della Legge 28 dicembre 2005, n. 262" (comma 3);

– "Il procedimento sanzionatorio, con l’irrogazione della sanzione ovvero l’archiviazione, si conclude entro due anni dalla data del suo avvio" (comma 4).

Orbene, la società ricorrente sostiene che, poiché la relazione motivata del Servizio tutela utenti, secondo quanto indicato nello stesso provvedimento impugnato, reca la data del 10 novembre 2009, e poiché, in difetto di altre indicazioni al riguardo, deve ritenersi che essa sia stata ricevuta lo stesso giorno da parte del Servizio sanzioni, il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere notificato entro l’8 febbraio 2010, sicché la notifica, intervenuta il 18 marzo 2010 è irrimediabilmente tardiva, con implicita affermazione dell’intervenuta estinzione del procedimento sanzionatorio.

In replica i difensori dell’Istituto rilevano che il termine "di fase" di cui all’art. 5 comma 2, come tutti i termini che disciplinano fasi intermedie ed endoprocedimentali, hanno natura ordinatoria e funzione acceleratoria, laddove l’unico termine perentorio, perché posto a garanzia della definizione del procedimento sanzionatorio entro un arco temporale certo, è costituito da quello biennale di cui all’art. 5 comma 4; d’altro canto, se tutti i termini intermedi fossero perentori la loro somma dovrebbe coincidere con un arco temporale esattamente coincidente con il biennio, laddove è di gran lunga inferiore.

Il Tribunale ha già avuto modo di esprimersi sulla natura meramente ordinatoria del termine di cui all’art. 5 comma 2 del regolamento IS.V.A.P. n. 1 del 15 marzo 2006, osservando come:

"I termini endoprocedimentale di cui all’art. 4 co. 2 e 6 co. 2 d.lg 209/2006 hanno natura ordinatoria e non decadenziale. Infatti, considerato che il termine perentorio determina una conseguenza "fortè quale quella della decadenza dall’esercizio del potere, occorre ritenere che tale conseguenza debba essere espressamente e senza alcun margine di dubbio prevista ovvero che la perentorietà consegua allo scopo ed alla funzione adempiuta, mentre (tali) termini…hanno chiaramente funzione acceleratoria dell’attività istruttoria e sono posti ad esclusiva tutela del buon andamento e dell’efficacia dell’azione amministrativa con una funzione meramente organizzativa"; di tal ché solo il termine biennale di cui all’art. 5 comma 4 può considerarsi perentorio "…in quanto assolve ad una specifica funzione di garanzia del destinatario del procedimento sui tempi massimi di adozione della sanzione…" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 21 gennaio 2010, n. 649, n. 650 e n. 651).

Orbene, da tale orientamento il Tribunale non ritiene di doversi discostare, non condividendo la prospettazione, contenuta nella memoria della società ricorrente depositata il 1° giugno 2011, secondo cui tale termine dovrebbe ricondursi, nella sua finalità, a quello previsto dall’art. 14 della legge n. 24 novembre 1981, n. 689.

Sotto un primo profilo, e come riconosciuto dalla stessa società ricorrente, il procedimento per la irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione delle disposizioni del d.lgs. 7 maggio 2005, n. 209 è disciplinato, in via diretta e autonoma, dallo stesso codice delle assicurazioni (art. 326 ss.) e dai regolamenti dell’IS.V.A.P., (in virtù dell’attribuzione di potere normativo regolamentare di cui al precedente art. 9 comma 3, che rinvia come noto ai principi "…della facoltà di denuncia di parte, della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra le funzioni istruttorie e quelle decisorie", nonché a quelli generali sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241).

L’art. 24 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, nel ribadire tali principi per l’IS.V.A.P. e estenderli ai procedimenti sanzionatori di competenza della Banca d’Italia, della Co.N.So.B. e della Co.Vi.P. (al comma 1), si è limitato al comma 4 ad escludere l’applicabilità alle sanzioni amministrative irrogate dalle predette Autorità indipendenti dell’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in ordine alla facoltà di pagamento in misura ridotta, che invece, quanto all’IS.V.A.P., era ancora limitatamente ammessa dall’art. 328 comma 2 del codice delle assicurazioni.

La struttura del procedimento sanzionatorio, come disegnato dal d.lgs. n. 209/2005 e dal regolamento IS.V.A.P. n. 1 del 15 marzo 2006, è del tutto peculiare e irriducibile alle disposizioni generali della legge n. 689/1981, in quanto articolata precipue fasi con adozione di atti intermedi entro specifici termini, sicché non può farsi alcun richiamo alla valenza (estintiva) del termine di cui all’art. 14 della stessa legge, peraltro ricollegato alla mancata contestazione dell’addebito, laddove, nel caso di specie è indubbio che sia intervenuta la contestazione degli addebiti.

Né può seriamente sostenersi che l’ordinanza presidenziale che irroga la sanzione disciplinare costituisca una "contestazione dei fatti come definitivamente accertata", e che quindi svolga la stessa funzione dell’atto di contestazione degli addebiti ex art. 14 legge n. 689/1981, costituendo invece il provvedimento conclusivo del procedimento sanzionatorio.

Alla stregua delle osservazioni che precedono, le censure dedotte con il secondo motivo di ricorso deve essere disattesa, siccome infondata.

1.2.2) Sempre nell’ordine logicogiuridico, devono poi esaminarsi le censure dedotte con il primo motivo di ricorso, incentrate sulla contestazione dei presupposti per l’applicazione della sanzione pecuniaria amministrativa, ossia della stessa configurabilità di una condotta sanzionabile.

Sostiene la società ricorrente che, nel caso di specie, l’omesso riscontro, nel termine di giorni trenta, alla nota n. 1009022427 del 27 febbraio 2009, sia dipeso dalla circostanza che essa non le è stata comunicata, ciò che sarebbe avvalorato dall’indicazione, nel provvedimento impugnato, di un numero di telefax 02/518119746 inesistente e non riferibile al proprio Ufficio reclami laddove il numero esatto è lo 02/51819746: in definitiva la comunicazione non sarebbe pervenuta perché trasmessa a mezzo telefax a numero errato.

I difensori dell’IS.V.A.P., in replica, hanno rilevato che è errata la sola indicazione nell’ordinanza impugnata del numero (02/518119746 anziché 02/51819746), mentre la comunicazione è stata indirizzata all’esatto numero d’utenza, come comprovato da esibito "report", costituito da traccia informatica, conservata nella memoria del fax server dell’Istituto, costituito da una "stringa".

Tale stringa è così testualmente formulata:

090227 10:01:11 "USERFAX" "U.A. S.p.A." "TU" "FAXFINE’ "0251819746" 0000 5 00:02:28 148 "0915349100004" ""92270036"".

Nella stessa stampa è poi riportata altra "stringa", del seguente tenore:

090217 10:12:57 "USERFAX" "U.A. S.p.A." "TU" "FAXFINE’ "0251819746" 0000 3 00:00:49 "0915349100002" ""92170058".

Orbene, non può dubitarsi che la prima "stringa" riguardi proprio l’avvenuta trasmissione della comunicazione della nota del 27 febbraio 2009, e ciò sia perché la data ivi indicata (090227) corrisponde a quella della nota (09 cioè 2009, 02 cioè febbraio, 27 il giorno), sia perché il numero 0915349100 corrisponde al numero del reclamo presentato dalla Stame S.n.c., laddove il numero di utenza telefax pure ivi indicata è proprio quello dell’Ufficio reclami di U. ("0251819746" ossia lo 02/51819746).

Del pari la seconda "stringa"attiene alla precedente trasmissione della comunicazione della nota del 17 febbraio 2009 (che la società ricorrente riconosce avvenuta), perché la data ivi indicata (090217) corrisponde a quella della nota (09 cioè 2009, 02 cioè febbraio, 17 il giorno) e il numero 0915349100 è sempre quello del fascicolo aperto per il reclamo.

Ne consegue che l’erronea indicazione del numero di telefax contenuta nel provvedimento impugnato non conforta in alcun modo l’assunto della società ricorrente, che peraltro, nella propria nota del 16 luglio 2009 non ha affatto escluso categoricamente la intervenuta comunicazione della nota n. 1009022247 del 27 febbraio 2009, riferendo invece in significativa forma "dubitativa" che "…non ci risulterebbe mai pervenuta…alcuna Vostra nota caratterizzata dal n. di protocollo 1009022247, datata 27/02/2009".

Ne consegue che anche le censure dedotte con il secondo motivo devono essere disattese, siccome infondate.

1.2.3) Da ultimo devono esaminarsi le censure dedotte con il terzo motivo di ricorso, concernenti la misura della sanzione amministrativa pecuniaria applicata.

Anche le suddette doglianze sono destituite, peraltro, di fondamento giuridico.

Il provvedimento impugnato ha ritenuto "…congrua, attesa la eccezionale gravità dell’illecito consistente in un ritardo superiore a 100 giorni dalla scadenza del termine utile entro il quale l’impresa avrebbe dovuto fornire riscontro alla nota ISVAP, l’applicazione della sanzione…nella misura proporzionale al ritardo di 109 giorni -rapportata al limite minimo di euro 15.000,00 (pari a tre volte il minimo edittale per le violazioni di grave gravità) applicato per ritardi fino a 100 giorni, ed al limite massimo di euro 50.000,00 applicabile per ritardi a partire da 365 giorni…"; così determinando la sanzione di Euro 16.188,68, che è stata diminuita in misura pari a 1/3 in relazione alla

intervenuta definizione del reclamo sin da epoca anteriore alla data della richiesta istruttoria, e cos" di Euro 5.396,23, con conseguente applicazione della sanzione di Euro 10.792,45.

In sostanza, quindi, l’Istituto ha irrogato una sanzione pari a Euro 15.000,00 (pari al triplo del minimo) per i primi cento giorni, sommandovi Euro 1.188,06 per i successivi nove giorni, in ragione di Euro 132,075 per ciascun giorno (che in effetti è di poco inferiore ad 1/365 della sanzione edittale massima di Euro 50.000,00 che sarebbe pari a Euro 136,98 al giorno, ed è comunque inferiore all’unità giornaliera della sanzione minima di Euro 15.000,00, rapportata a 100 giorni, pari a Euro 150,00).

Orbene, la società ricorrente non contesta in se la misura della sanzione edittale minima per i primi cento giorni, come individuata in Euro 15.000,00 e di quella differenziale per i successivi quattordici giorni, come rapportata a (circa, e anzi meno come detto) 1/365 della sanzione edittale massima di Euro 50.000,00.

Le sue censure si appuntano sulla circostanza che sia stato considerato il solo dato "oggettivo" dell’entità del ritardo e non siano stati valutati altri elementi.

Ebbene, la parametrazione della sanzione al numero di giorni, successivi al trentesimo, di ritardo nel riscontro alla nota IS.V.A.P., appare affatto logica e ragionevole: trattandosi di violazione di obblighi informativi assoggettati ad un termine prefissato e specifico (come espresso dall’art. 6 comma 2 del regolamento IS.V.A.P. n. 24 del 19 maggio 2008), è evidente che la sanzione debba essere commisurata all’entità del ritardo nell’assolvimento dell’obbligo informativo; né può considerarsi illogica la considerazione che un ritardo protratto per centonove giorni, pari a ben oltre tre volte il termine, debba ritenersi di "eccezionale gravità".

Sotto altro aspetto, è evidente che, poiché la condotta addebitata e sanzionabile costituisce appunto la violazione del termine e il ritardo nell’adempimento, non può assumere rilievo, perché estraneo alla struttura dell’illecito amministrativo, "di pura condotta" appunto, l’assenza di un evento di "danno", non risultando comunque evidente (né avendo tale profilo costituito oggetto di specifica censura) "…l’assoluta mancanza di pregiudizio per il tempestivo esercizio delle funzioni di vigilanza o per gli interessi degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative", che ai sensi dell’art. 326 comma 1 d.lgs. n. 209/2005 possono escludere sinanco la contestazione degli addebiti.

Quanto poi al "grado della colpa" deve ribadirsi l’orientamento già espresso da questo Tribunale, nel senso che essendo la sanzione ex art. 310 comma 1 d.lgs. n. 209/2005 posta a presidio dell’obbligo di collaborazione informativa, strumentale a garantire l’effettività e l’efficacia dei poteri di vigilanza, "…la sua concreta applicazione è condizionata esclusivamente dalla verifica della imputabilità e volontarietà del ritardo nella "risposta" (quale essa sia), senza che, come normalmente accade in tema di violazioni amministrative, occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa dell’agente (tenuto conto che) l’art. 3 della l. n. 689 del 1981, di applicazione generale in materia di sanzioni amministrative pecuniarie, pone infatti una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a questi l’onere di provare di aver agito senza colpa" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 2 agosto 2010, n. 29503).

In ogni caso, l’Istituto ha comunque considerato gli elementi specifici della fattispecie e la circostanza che il riscontro al reclamante era stato affatto tempestivo e anteriore alla propria nota istruttoria, applicando la riduzione di 1/3.

Infine, l’assenza di recidiva non può assumere a sua volta alcuna rilevanza ai fini della commisurazione della sanzione, dato che, all’opposto, la reiterazione di violazioni può semmai implicare il suo aumento: in altri termini la recidiva costituisce, "in positivo", ove sussistente (in virtù del rinvio di cui all’art. 326 comma 5 del codice delle assicurazioni all’art. 8 bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, come aggiunto dall’art. 94 del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507), circostanza che determina un aumento della sanzione base, laddove la sua mancanza non può rappresentare, al contrario, circostanza che determina una diminuzione della stessa.

2.) In conclusione il ricorso in epigrafe deve essere rigettato siccome infondato.

3.) Il regolamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma – Sezione I rigetta il ricorso in epigrafe e condanna la società ricorrente U.A. S.p.A., in persona del legale rappresentante protempore, alla rifusione, in favore dell’Istituto per la vigilanza delle assicurazioni private e di interesse collettivo, in persona del Presidente protempore, delle spese e onorari del giudizio, liquidati in complessivi Euro 1.000,00 (mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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