T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 11-10-2011, n. 7882 Spettacoli e trattenimenti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

il ricorrente chiede l’annullamento del decreto con il quale, in data 7 marzo 2011, il Prefetto della Provincia di Roma ha respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il provvedimento n. 365 del 31 ottobre 2010 del Questore della Provincia di Roma, recante divieto di accesso alle competizioni sportive per due anni, denunciando, tra l’altro, violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989;

Ritenuto che tale censura sia meritevole di condivisione, tenuto conto che:

– ai sensi dell’art. 6, comma 1, di cui sopra, "nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all’art. 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all’articolo 2, comma 2, del decretolegge 16 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, all’art. 6 bis, commi 1 e 2, e all’articolo 6 ter della presente legge, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni sportive….";

– come ripetutamente affermato in giurisprudenza, si tratta di un’ipotesi restrittiva della libertà personale che necessariamente presuppone una relazione con eventi sportivi, in quanto diretta ad eliminare non una generica pericolosità sociale del soggetto ma quella specifica che deriva dal verificarsi di determinate condotte in un ambito specifico, ed esse sole è destinata a contrastare (cfr., tra le altre, TAR Campania, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403);

– in altri termini, il divieto di cui sopra presenta natura interdittiva atipica, nel senso che deve fondarsi su una situazione di pericolosità sociale specifica, ossia sulla pericolosità che deriva dal verificarsi di ben individuate condotte in occasione di manifestazioni sportive, generatrici di tumulto, allarme e/o di pericolo, in carenza delle quali il divieto non può essere disposto (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 3 dicembre 2009, n. 7552; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 11 marzo 2010, n. 567; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 2 dicembre 2009, n. 8303);

– è, dunque, evidente che l’adozione di provvedimenti di tal genere, riconducibili al genus delle misure di prevenzione o di polizia e, quindi, comminabili "ante delictum", deve risultare motivata con riferimento a comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica, tali da ingenerare nelle "tifoserie" sentimenti di odio e vendetta o, comunque, condotte di incitamento alla violenza durante una "manifestazione sportiva" (cfr., tra le altre, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I. 4 marzo 2011, n. 301);

– nel caso in esame la sussistenza di un tale comportamento risulta carente. La disamina del provvedimento impugnato rivela, infatti, che l’unica condotta che – sulla base della formulazione dei provvedimenti in contestazione – risulta formalmente ascritta all’interessato è quella relativa al rifiuto di scendere da un treno, ancorché sprovvisto del titolo di viaggio, la quale non è riconducibile nell’ambito di operatività del già menzionato art. 6;

– a supporto di quanto sopra depone, poi, anche l’inottemperanza dell’Amministrazione all’ordine impartito con ordinanza n. 5627 del 2011, la quale inequivocabilmente concretizza un comportamento da cui possono desumersi argomenti di prova a favore del ricorrente, ai sensi dell’art. 64, u.c., c.p.amm.;

– in definitiva, l’esame delle condotte ascritte al ricorrente – per come descritte nel provvedimento impugnato – dimostra l’insussistenza dei presupposti fissati dalla legge per l’operatività del disposto dell’art. 6, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, con consequenziale fondatezza della censura formulata;

Ritenuto, in sintesi, che il ricorso vada accolto, con assorbimento delle ulteriori censure formulate;

Ritenuto, peraltro, che le spese di giudizio debbano seguire la soccombenza ed essere liquidate a favore del ricorrente in Euro 1.000,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 4485/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio, così come liquidate in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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