Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-04-2011) 22-09-2011, n. 34477 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 .- L.F.I., Z.A., P.A. B. e Pi.An. propongono ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari del 10 febbraio 2010, che aveva confermato la condanna pronunciata a loro carico in primo grado per i reati di concorso in furto pluriaggravato consumato e tentato, nonchè detenzione e porto di un fucile. Secondo l’ipotesi di accusa gli imputati la notte sul 17 novembre 2001 avevano rubato un furgone Iveco ed una ruspa, e con i mezzi suddetti avevano tentato di svellere ed asportare l’apparecchio bancomat installato all’esterno della filiale del Banco di Sardegna nella città di Arborea.

La prova della loro responsabilità era stata tratta da una serie di intercettazioni di conversazioni telefoniche intercorse tra di loro la notte dei fatti, e dalla captazione di conversazioni svoltesi qualche tempo dopo a bordo dell’autovettura di proprietà del L. in due diverse circostanze, tra il predetto e due giovani donne.

Intercettazioni e captazioni erano state autorizzate nel corso di indagini relative ad altro delitto di cui si sospettava potesse essere stato autore il L..

Deducono i ricorrenti:

a) Il L. difetto assoluto di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per la detenzione del fucile, atteso che la corte territoriale si era occupata puntualmente del porto, trascurando ogni disamina in ordine alla detenzione;

b) Il P. illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni telefoniche ed alla identificazione dei colloquianti. In particolare la corte territoriale aveva ritenuto che a parlare al telefono con il L. poco prima del furto del furgone fosse esso ricorrente, perchè utilizzava il telefono cellulare della convivente C. P.. trascurando di considerare come il maresciallo O. avesse invece dichiarato che quel telefono veniva usato dallo Z.. Del resto ad avviso del ricorrente in altro errore era incorsa la corte territoriale, opinando che, per essere stata percepita la sua voce sullo sfondo della conversazione intercettata tra il L. ed esso P., lo Z. si trovasse a bordo dell’auto del L., mentre invece era in compagnia dell’interlocutore del predetto. Analogo vizio di motivazione deduce in ordine alla circostanza che i giudici del merito avevano ritenuto che lui avesse condotto il furgone da Sanluri, ove l’aveva rubato, ad Arborea. Detta ricostruzione dei fatti è a suo dire insostenibile, atteso che occorrerebbe ipotizzare che avesse lasciato la sua auto a Sanluri, città ben lontana da Arborea, ove doveva tornare a riprenderla: ma dopo il tentativo di furto del bancomat, gli autori di detto reato erano fuggiti a piedi, di modo che a piedi esso ricorrente avrebbe dovuto raggiungere Sanluri per recuperare la sua vettura. L’argomento con cui la sentenza impugnata aveva tentato di superare l’eccezione, e cioè che a Sanluri esso P. si fosse recato in compagnia del Pi., che l’aveva poi seguito portando indietro l’auto, non poteva valere a suo avviso come prova logica, essendo frutto di argomentazione abduttiva, a suo avviso non consentita per trarre argomenti di prova in ordine all’ipotesi di accusa. Vizio di motivazione deduce anche in relazione al valore probatorio attribuito alle conversazioni del L. con le giovani Ze. e F., nonchè alla deposizione del R. in ordine al fucile che forse aveva visto; infine deduce difetto di motivazione in ordine al diniego dell’applicazione della continuazione tra una rapina commessa in Lula il 2 febbraio 2002 – per la quale era stata pronunciata sentenza passata in giudicato – ed i reati oggetto del presente giudizio, nonchè alla quantificazione della pena, a suo avviso irrogata in misura ingiustificatamente eccessiva;

c) Lo Z. deduce la nullità della sentenza impugnata, essendo stato violato il suo diritto alla difesa. Era a suo dire avvenuto che all’udienza del 9 dicembre 2009, la trattazione della causa era stata differita al 10 febbraio 2010, in accoglimento di apposita richiesta depositata dal suo difensore avvocato Mura, che aveva documentato altro precedente impegno. Della data della nuova udienza non era stato dato avviso alcuno nè all’avv. Mura nè ad esso ricorrente.

All’udienza del 10 febbraio 2010, peraltro, era stato assistito di ufficio dall’avv. Biccheddu, difensore di fiducia del L. la cui posizione era incompatibile con la sua. Deduce poi vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni nel corso delle quali il L. aveva parlato del delitto con due donne, nonchè della deposizione del teste R., ed infine del riconoscimento delle voci colloquianti nelle conversazioni intercettate.

Deduce anche difetto di motivazione sulla quantificazione della pena;

d) Pi.An. deduce gli stessi motivi.

2 – I ricorsi sono destituiti di fondamento e vanno rigettati.

2.a – Quanto al ricorso del L., la motivazione relativa al delitto di detenzione del fucile adoperato nel corso del tentativo di furto dell’impianto bancomat, è in re ipsa, atteso che il porto, pacifico e non contestato, postula di necessità una pregressa detenzione; del resto valga osservare che, come ha correttamente rilevato il Procuratore Generale, il difetto di motivazione può assurgere a motivo di nullità solo se in concreto è lesivo dei diritti difensivi dell’imputato, lesività che nel caso di specie all’evidenza non sussiste, essendo fondata l’affermazione di responsabilità sul medesimo ordito probatorio addotto in sentenza a dimostrazione del delitto di porto, di modo che l’eccezione si risolve nella prospettazione di una mera questione formale.

2.b-Le contraddittorietà ed illogicità dedotte dal P. sono insussistenti, atteso che, come può rilevarsi dalla sentenza impugnata, la corte territoriale ha dato esauriente risposta alle medesime questioni già proposte con i motivi di appello. Infatti, quanto all’uso del telefono cellulare intestato alla C. P., la corte territoriale ha chiarito che, contrariamente a quanto aveva sostenuto l’appellante, il maresciallo O. aveva solo riferito che mentre lo Z. usava due telefoni cellulari, il P. si serviva sempre di una sola utenza, ed esattamente quella intestata alla C..

Valga del resto aggiungere che, quand’anche potesse in ipotesi ritenersi per certo che quel cellulare intestato alla C. fosse talvolta usato anche dallo Z., ciò non varrebbe certamente a dimostrare che il P. non l’usava mai, di modo che l’argomento non consentirebbe comunque di ritenere svilito l’indizio costituito dall’uso di detto apparecchio telefonico. Quanto alla ritenuta sua responsabilità in relazione al furto del furgone consumato in agro di Sanluri, in danno della società "Il Melograno", al bivio Villamar-Furtei, la corte territoriale ha dato una motivazione ragionevole e condivisibile dei motivi che imponevano di ritenere che il furgone fosse stato rubato da lui e da lui fosse stato condotto fino ad Arborea.

Come poi si rileva dalla motivazione anche della sentenza di primo grado, nel cui corpo è interamente trascritta la telefonata n. 1830 del 17 novembre 2001, intercorsa tra il L. e l’attuale ricorrente P., non è possibile da essa arguire che lo Z., la cui voce era stata percepita in sottofondo, si trovasse in compagnia del P. piuttosto che del L., come sostiene il ricorrente deducendo sul punto vizio di motivazione per errore di fatto.

Del resto la presenza con l’uno piuttosto che con l’altro non comporta effetti sulla valutazione della posizione del ricorrente.

Anche le conversazioni del L. rispettivamente con F.P. e Ze.La., sono interamente trascritte nella sentenza di primo grado, e non è perciò dubbio il loro contenuto nè la loro valenza probatoria in ordine alla effettiva attribuibilità dei reati al L., circostanza che è il presupposto dell’affermazione di responsabilità nei confronti dell’attuale ricorrente.

Quanto ai motivi relativi al porto del fucile, alla continuazione ed alla quantificazione della pena, la corte territoriale ha dato piena contezza delle ragioni della decisione, di modo che le censure di violazione di legge e vizio di motivazione prospettate dal ricorrente sono destituite di fondamento.

Del resto ove il ricorrente intendesse proporre il riesame del merito, che in questa sede di legittimità è precluso, il ricorso sarebbe inammissibile.

2.c- Complessivamente infondato è il ricorso dello Z.. Quanto al primo motivo di ricorso, si rileva dalle stesse fotocopie del verbale d’udienza prodotte dal ricorrente, che il 9 dicembre 2009 l’udienza, dichiarata la contumacia di tutti gli imputati, era stata rinviata su istanza, inviata a mezzo fax, dell’avv. Gian Marco Mura, difensore oltre che dello Z. anche del Pi.. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, del rinvio non doveva essere dato avviso nè al difensore di fiducia, che aveva ottenuto il rinvio dell’udienza, nè al suo assistito, atteso che l’avvocato aveva l’onere di verificare se la sua istanza fosse stata accolta ed a quale data la trattazione del processo fosse stata eventualmente differita.

All’imputato non competeva invece avviso di sorta, attesa la nomina da lui fatta di un difensore di fiducia, unico destinatario legittimo di eventuali provvedimenti ordinatori. Quanto poi all’udienza del 10 febbraio 2010, a conclusione della quale era stata pronunciata la sentenza impugnata, come risulta dai verbali prodotti dallo stesso ricorrente per la sua difesa era stato nominato d’ufficio, come per il Pi., l’avvocato Daniela Caddeo, e non l’avvocato Biccheddu, come il ricorrente sostiene, e ciò stesso rende evidentemente infondata la censura proposta sul punto.

Gli altri motivi di ricorso sono inammissibili, atteso che prospettano il riesame del merito, che in questa sede di legittimità è precluso se, come nel caso di specie, la corte territoriale abbia dato conto delle ragioni della decisione con motivazione ragionevole e condivisibile, comunque immune da vizi logici e contraddizioni.

2.d- Nel complesso infondato è anche il ricorso del Pi., che ha proposto le stesse censure prospettate dallo Z., di modo che valgono per la sua posizione le stesse motivazioni esposte per il correo testè citato; valga solo chiarire che anche con il ricorso in esame si prospetta la nullità del procedimento di appello e della successiva sentenza per l’asserita nomina a difensore di ufficio dell’avvocato Biccheddu, incompatibile in quanto già difensore del L., atteso che la circostanza è smentita dalla fotocopia del verbale che lo stesso ricorrente ha prodotto, dal quale risulta che, come per lo Z., anche per il Pi. era stato nominato d’ufficio l’avvocato Daniela Caddeo.

Tutti i ricorsi vanno pertanto rigettati, ed al rigetto consegue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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