Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 31-01-2012, n. 1395 Assegno di invalidità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

S.R. adiva il Tribunale di Firenze nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, dell’Inps e della Regione Toscana per far valere il suo diritto all’assegno di invalidità civile. Il Tribunale, ritenuta la legittimazione passiva di detto Ministero quanto all’accertamento del diritto, dichiarava il diritto all’assegno di invalidità con decorrenza dal 30.6.2004, sulla base degli accertamenti e delle valutazioni del c.t.u. Dichiarava invece improponibile la domanda di condanna dell’Inps all’erogazione della prestazione, sul presupposto che il sistema normativo delineato per la materia prevedeva la separazione della fase di accertamento del requisito sanitario da quella diretta alla concessione della prestazione.

Proponeva appello la S., deducendo che le condizioni sanitarie per il diritto all’assegno erano già sussistenti alla data del 28.4.2003, di presentazione della domanda amministrativa, e dolendosi della mancata condanna dell’Inps al pagamento della prestazione.

La Corte d’appello di Firenze, premesso che non potevano ritenersi ammissibili domande di mero accertamento dei requisiti sanitari e che, ratione temporis, sussisteva la legittimazione passiva dell’Inps e, quale litisconsorte necessario, anche quella del Ministero dell’economia, a norma del D.L. 30 settembre 2002, n. 269, convertito nella L. 24 novembre 2002, n. 326, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda della S..

Tali statuizioni si basavano sul rilievo che dalla c.t.u. espletata in appello era risultato un complesso invalidante del 68% e quindi al di sotto della soglia di legge e che, quanto alla istanza di condanna del soggetto passivamente legittimato, e cioè l’Inps, la domanda si basava sull’implicita richiesta al giudice di appello di verificare anche la ricorrenza degli ulteriori requisiti extrasanitari. Doveva rilevarsi, quindi, anche di ufficio, che alla data in cui secondo l’accertamento del giudice di primo grado sussisteva il requisito sanitario (30.6.2004) l’interessata aveva ormai superato il limite di età dei 65 anni, cosicchè non poteva ritenersi integrata la fattispecie costitutiva del diritto alla prestazione richiesta.

Secondo la Corte d’appello il c.t.u. aveva compiuto una scrupolosa disamina delle varie malattie che componevano il quadro patologico da cui era affetta la S., In particolare, circa la sindrome ansioso depressiva aveva in maniera condivisibile rilevato che della stessa non vi era alcuna traccia nelle certificazioni depositate e non vi erano elementi oggettivi a suffragarla. La Corte non aveva poi ragioni di discostarsi dalla valutazione compiuta della cardiopatia ischemica rispetto a cui il ct. di parte si limitava a opporre una valutazione in termini di maggiore gravità.

S.R. ricorre per cassazione. L’Inps resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente all’accertamento del grado di invalidità.

Si lamenta che a fronte della documentazione allegata, pure elencata nella c.t.u., sia stata formulata una diagnosi sovrapponibile a quella della Commissione ASL, che non tiene conto nè della gravita del quadro patologico nè della gravita delle singole patologie e della loro correlazione.

Il ricorso non può ritenersi fondato.

In effetti viene proposta una censura alquanto generica, senza neanche precisazione dei punti specifici della motivazione in cui sarebbe ravvisabile in concreto una palese illogicità o una devianza rispetto a corretti criteri medico-legali. E peraltro il confronto tra la diagnosi compiuta dal c.t.u. e le certificazioni mediche allegate dalla parte, entrambe riportate nel ricorso, non evidenzia la sussistenza di devianze rispetto alla funzione valutativa dei consulenti d’ufficio. Del resto lo stesso ricorso non sottopone a critiche puntuali le pur riportate valutazioni del c.t.u. riguardo all’ipotizzata sindrome ansioso-depressiva e al diabete, menzionato nella diagnosi di cui al certificato ASL "sezione di reumatologia" del 9.4.2002. Per il diabete lo stesso ricorso precisa che il c.t.u. lo ha ritenuto non valutabile perchè non suffragato da alcuna certificazione e da esami emato-chimici. Il consulente evidentemente ha dato rilievo alla mancanza di certificazione puntuale riguardo a tale patologia e deve rilevarsi che nel ricorso non è segnalata alcuna controdeduzione sul punto in sede di merito e lo stesso atto, nella sua già ricordata genericità, non contiene alcuna specifica deduzione.

Mancano rilievi specifici anche riguardo alla obesità segnalata nel già citato certificato in data 9.4.2002.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato perchè si è in presenza di un accertamento di merito adeguatamente motivato e non sono state formulate riguardo ad esso censure idonee a dimostrarne l’illogicità o la palese devianza dai corretti criteri medico- legali.

Le spese del giudizio vengono compensate per giusti motivi tenendo presente la complessità della vicenda processuale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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