T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 11-10-2011, n. 7858 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Roma in data 27 dicembre 2010 e depositato il successivo 7 gennaio 2011, il ricorrente espone di avere acquistato con rogito del 13 dicembre 2006 un immobile composto da un piccolo edificio con cortile interno, immobile che nel rogito il precedente proprietario dichiarava essere stato realizzato anteriormente al 1967. Da tale compravendita risultava esclusa una unità immobiliare avente affaccio su strada e già risultante da frazionamento avvenuto nel 1946 e venduta ad altra proprietaria.

Il ricorrente espone altresì che previa DIA nel corso dell’anno 2007, provvedeva al restauro dell’immobile di che trattasi e richiedeva le autorizzazioni necessarie ad adibire i locali all’esercizio di attività di affittacamere e locazione turistica.

Rappresenta ancora che insorgevano controversie con la vicina proprietaria che rivendicava diritti sul cortile interno all’edificio e contestava la facoltà del ricorrente di esercitare, nelle unità immobiliari di sua proprietà, l’attività di affittacamere a fini turistici.

A seguito di controlli da costei sollecitati venivano rilevate le difformità di cui al provvedimento impugnato, avverso il quale l’interessato propone:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della L.U. del 1942; eccesso di potere per difetto dei presupposti, illogicità e ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione.

2. In subordine, violazione e falsa applicazione degli articoli 27 e 33 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e degli articoli 14 e 18 della legge Regione Lazio 11 agosto 2008, n. 15 in relazione alle previsioni dell’art. 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dell’art. 20 della L.R. n. 15 del 2008; eccesso di potere per difetto dei presupposti, illogicità e ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione.

Conclude con istanza cautelare e con richiesta di accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio ed ha rassegnato opposte conclusioni.

Alla Camera di Consiglio del 20 gennaio 2011 la disamina dell’istanza cautelare è stata rinviata a quella successiva del 3 febbraio alla quale è stata accolta.

Alla pubblica udienza del 7 giugno 2011 il ricorso, infine, è stato trattenuto in decisione, previo scambio di ulteriori memorie tra le parti.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato in parte e va pertanto accolto come di seguito precisato.

Con esso l’interessato, in atto proprietario di una porzione immobiliare di un immobile situato nel Municipio VI di Roma impugna la determinazione con la quale gli sono state ingiunte la rimozione o demolizione di interventi di ristrutturazione edilizia sprovvisti di titolo abilitativo e consistenti in:

"Una unità immobiliare al civ. 11/a originariamente con accesso dall’androne condominiale, di vani 3, 5 è stata in epoca remota oggetto di lavori di ristrutturazione (frazionamento) consistenti nelle seguenti opere:

Scorporo di due vani, tra loro comunicanti, aventi accesso anche dal civ. 11/A, in corrispondenza dell’androne, con realizzazione nuovi impianti per i servizi accessori (cucina e bagno);

Adeguamento vano residuo con modifica impianti e ingresso conservando accesso dall’androne condominiale civ. 13" in assenza di titolo abilitativo.

Testualmente la determinazione reca "rettifica D.D. 1148 del 9 giugno 2010 di ingiunzione a rimuovere o demolire gli interventi di ristrutturazione edilizia e/o cambi di destinazione d’uso da una categoria all’altra, abusivamente realizzati in Via Avellino, n. 11/A".

2. In via preliminare va contestata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per non avere l’interessato impugnato la determinazione dirigenziale che ha preceduto quella attualmente in esame di contenuto riproduttivo sostanzialmente e fedelmente dell’oggetto di quella precedente.

Come rilevato al sommario esame tipico della sede cautelare l’ingiunzione oggetto dell’attuale scrutinio non può essere considerata meramente riproduttiva della precedente.

Infatti la determinazione n. 1148/2010 indicava come soggetti nei cui confronti il Municipio VI ingiungeva la demolizione anche i tre danti causa del ricorrente e della vicina (che ha peraltro impugnato a sua volta la medesima ingiunzione cd. riproduttiva con altro ricorso), laddove, invece, la determinazione al momento gravata, a "rettifica" della precedente, si limita a"comunicare" ai tre danti causa "responsabili della violazione ai sensi dell’art. 40 della legge n. 47 del 1985" quanto, invece, viene ingiunto ai soli ricorrente e vicina e cioè l’ordine di demolizione dell’opera abusiva. Cambiano dunque i destinatari del provvedimento demolitorio.

Così risultando testualmente il contenuto dei due provvedimenti, quello al momento in esame non può essere considerato meramente riproduttivo o confermativo del precedente, laddove la rettifica di un provvedimento amministrativo non sostanzia l’atto meramente confermativo che, in base alla teorica processuale amministrativa, rende inammissibile l’impugnativa, poiché non costituisce il frutto di una nuova valutazione dell’amministrazione, al contrario dell’atto confermativo o della rettifica.

Quest’ultima poi rientra tra i provvedimenti di autotutela, nella specie della convalescenza che, comportando una nuova ed autonoma valutazione, dispone la correzione a seguito di una adeguata istruttoria che può anche non portare ad un atto coincidente col precedente quanto all’assetto degli interessi da esso disciplinati, come esattamente avvenuto nel caso in esame e con conseguente reiezione dell’eccezione.

3.1 Ciò premesso avverso la determinazione impugnata l’interessato sostiene che l’edificio in questione è stato realizzato antecedentemente all’entrata in vigore della Legge Urbanistica del 1942 che all’art. 31 sottoponeva l’edificabilità dei suoli a licenza edilizia e pure al Piano Regolatore di Roma del 1931, in quanto risulta in atti che esso fosse pervenuto alla Sig.a D’Orazi, prima dante causa, per successione dalla propria madre nel 1915 e che veniva poi denunciato in catasto nel 1939.

La ridetta norma fu modificata dall’art. 10 della Legge "Ponte" del 1967 che rese più stringente l’obbligo della licenza, indicando precisamente le opere per le quali essa doveva essere instata e tra le quali non rientra il modesto servizio igienico oltre tutto realizzato all’interno dell’appartamento in questione. E tali notazioni ricadono quali assoluto difetto di istruttoria e di motivazione della determinazione gravata.

La censura può essere parzialmente seguita.

Non ignora il Collegio la cospicua giurisprudenza, anche della sezione, secondo la quale l’ingiunzione di demolizione può essere stringatamente motivata in ordine alle ragioni che presiedono alla sua adozione dal momento che l’interesse pubblico alla rimozione degli abusi edilizi è in re ipsa (Consiglio di Stato, sezione IV, 12 aprile 2011, n. 2266) e costituisce espressione di attività vincolata, laddove a fronte degli abusi l’amministrazione non ha altra scelta che perseguirli, configurando essi illecito permanente, rispetto al quale neppure il lungo lasso di tempo trascorso può costituire un valido elemento di illegittimità dell’ingiunzione. (Consiglio di Stato, sezione IV, 16 aprile 2010, n. 2160 e TAR Lazio, sezione I quater, 6 aprile 2011, n. 3037).

Tuttavia la sezione ha anche sostenuto il principio per cui "la risalenza delle opere può avere rilievo, poiché – come prevalentemente ritenuto (confr. T.a.r. Lazio 18 giugno 2007, n. 5538) – nell’ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e per il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, vi è a carico dell’Autorità edilizia l’obbligo di motivare congruamente, avuto riguardo anche all’entità ed alla tipologia dell’abuso, sull’interesse pubblico (diverso da quello al semplice ripristino della legalità) che giustifichi il sacrificio del contrapposto interesse privato.", (TAR Lazio, sezione I quater, 11 settembre 2009, n. 8590).

Nel prosieguo la sezione ha osservato pure che "qualora… un immobile risultasse realizzato addirittura prima dell’entrata in vigore della nota legge 6 agosto 1967, n. 765 l’obbligo di motivare sarebbe rafforzato, poiché l’art. 10 di quella legge ha profondamente innovato, in materia di assensi edificatori, al previgente e meno restrittivo sistema di cui all’art. art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150." (Tar Lazio, sezione I quater, n. 8590/2009 cit.).

Ovviamente non basta affermare la risalenza di un manufatto realizzato sine titulo, ma è necessario provarla ed in assenza di adeguata dimostrazione si ripropone l’assenza di alcun obbligo per l’amministrazione di motivare congruamente il provvedimento demolitorio.

Ma nel caso in esame, il ricorrente dimostra che il suo dante causa ha acquistato sin da 1956 una porzione dell’immobile situato in Via Avellino n. 11 in Roma e tale dimostrazione è suffragata dalla stessa produzione documentale del Comune (comunicazione UO del Municipio VI in data 19 marzo 2010) dalla quale si evince che il frazionamento risale ad un periodo compreso tra il 1946 ed il 1956 atteso che il primo proprietario di detto immobile ha dapprima alienato una frazione di esso ad una acquirente con atto notarile del 26 ottobre 1946 e successivamente con atto notarile del 13 marzo 1956 ha alienato la seconda frazione ad altro e diverso acquirente, appunto il dante causa del ricorrente.

A fronte di tale dimostrata risalenza del frazionamento, consistito nella divisione del cd. androne dell’immobile tra le due porzioni immobiliari per creare vani cucina e bagno, a servizio delle stesse, dalla determinazione in esame non si evince quale sia l’occasione che ha dato la scaturigine al provvedimento impugnato e neppure tale ragione è dato comprendere dalla stringata citazione delle "memorie presentate dal sig. M. in data 3 agosto 2010" (il M. sarebbe uno dei precedenti proprietari della porzione immobiliare comprata dalla vicina dell’interessato, pure colpita dalla demolizione in esame) che avrebbero consentito la rettifica della prima determinazione adottata, circoscrivendo il novero dei soggetti onerati del ripristino al solo ricorrente ed alla vicina, destinataria dello stesso provvedimento.

Va pertanto accolto l’aspetto della doglianza relativo al dedotto difetto di istruttoria e di motivazione.

Quanto alla ricostruzione normativa secondo cui in realtà il frazionamento non potrebbe essere colpito perché effettuato nella vigenza della legge Urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150 e prima della modifica apportata all’art. 31 della legge 6 agosto 1967, n. 765, in quanto realizzato tra il 1946 (data della prima alienazione di una delle due frazioni dell’immobile) ed il 1956 (data dell’alienazione dell’altra frazione al dante causa del ricorrente) va esaminato con la seconda doglianza.

3.2. Con essa il ricorrente lamenta che l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto valutare l’impossibilità del ripristino dei luoghi, con conseguente applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria. Per adempiere all’ingiunzione, infatti, stante il frazionamento effettuato illo tempore dell’unità immobiliare praticamente il ricorrente dovrebbe invadere la proprietà della vicina e demolirne la parte destinata a servizi, il che non ha alcun diritto di effettuare in base agli atti notarili di compravendita regolarmente intercorsi tra gli attuali proprietari – il ricorrente e la sua vicina – ed i loro rispettivi danti causa.

Non risulta neppure dimostrato quale sarebbe l’interesse dell’Amministrazione dopo sessantacinque anni ad intervenire sul ridetto frazionamento, laddove è previsto che possa essere applicata la sanzione pecuniaria.

Tali prospettazioni non appaiono condivisibili, dal momento che, ancorché parte ricorrente abbia dimostrato la risalenza dell’abuso ad un’epoca collocabile tra il 1946 ed il 1956, come sopra accennato, l’abuso è stato realizzato nella vigenza del Regolamento Edilizio del Comune di Roma, adottato con delibera consiliare del 18 agosto 1934 e che all’art. 1 onerava gli interessati a richiedere l’autorizzazione del Sindaco per la realizzazione di interventi di "1. costruzione, restauro, riattamento, trasformazione in genere, demolizioni anche parziali, sia interne che esterne, di edifici e di muri di cinta;…", norma da ritenersi compatibile con la sopraggiunta Legge Urbanistica del 1942, che comunque onerava coloro che volessero realizzare nuove costruzioni o modificare quelle preesistenti a richiedere la "licenza al podestà" poi Sindaco del Comune.

Quanto poi alla qualificazione dell’intervento da parte del Comune, la stessa appare corretta, per come è dato evincere dalla citazione della norma di cui all’art. 16 della Legge regionale Lazio n. 15 del 2008 che riprende in maniera quasi pedissequa l’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001 il quale sanziona gli interventi di ristrutturazione, quale è il frazionamento in questione, realizzati in assenza di titolo abilitativo, fermo restando che tuttavia per la risalenza dimostrata dal ricorrente di tale frazionamento il provvedimento doveva chiarire la ragione per cui il Municipio VI è intervenuto a distanza di oltre sessant’anni.

4. Per le superiori considerazioni il ricorso va accolto come sopra indicato e per l’effetto la determinazione a demolire di Roma Capitale – Municipio VI n. 1630 del 22 settembre 2010 va annullata, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

5. La delicatezza delle questioni trattate fa ritenere giusti i motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come in motivazione indicato e per l’effetto annulla la determinazione a demolire di Roma Capitale Municipio VI n. 1630 del 22 settembre 2010, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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