T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 11-10-2011, n. 7857

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che, con l’impugnato atto del 14 giugno 2011, l’Ambasciata d’Italia a Teheran ha rifiutato il visto all’odierno ricorrente in quanto "la Sua presenza rappresenta, secondo uno o più Stati membri, una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica quale definita all’articolo 2, paragrafo 19 del regolamento (CE) n. 562/2006 (codice frontiere Schengen) o per le relazioni internazionali di uno o più Stati membri";

Rilevato che, avverso detto atto, il ricorrente ha proposto il presente ricorso deducendone l’illegittimità per violazione di legge e carenza di motivazione;

Rilevato che l’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio ed ha depositato memoria chiedendo il rigetto del ricorso;

Ritenuto che il ricorso – il quale può essere immediatamente definito nel merito con sentenza in forma semplificata adottata ai sensi dell’art. 60 d.lgs. 104/2010 – è infondato e va di conseguenza respinto;

Ritenuto, infatti, che l’omessa indicazione del responsabile del procedimento e dell’unità organizzativa costituiscono mere irregolarità insuscettibili di determinare l’illegittimità dell’atto, alle quali è peraltro possibile supplire considerando responsabile il dirigente o il funzionario preposto alla competente unità organizzativa;

Rilevato che, come evidenziato dall’Avvocatura Generale dello Stato nella propria memoria difensiva, per i cittadini di alcuni paesi terzi, prima del rilascio del visto le rappresentanza diplomatiche e consolari hanno l’obbligo di consultare le autorità di sicurezza di alcuni partner di Schengen e che le motivazioni che determinano il parere negativo delle predette autorità, essendo coperte da riservatezza e in taluni casi "secretate", non sono comunicate all’amministrazione degli Esteri;

Rilevato che, nel caso di specie, uno o più Stati membri hanno comunicato parere negativo all’ingresso del richiedente nell’area comune;

Rilevato che, ai sensi dell’art. 4, co. 2, d.lgs. 286/1998, in deroga a quanto stabilito dalla l. 241/1990, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico il diniego non deve essere motivato;

Ritenuto, di conseguenza, che, una volta dato conto del parere negativo di uno o alcuni partner Schengen, l’atto impugnato risulta esaustivamente motivato in relazione alle ragioni del diniego;

Rilevato che, ai sensi dell’art. 21 octies, co. 2, l. 241/1990, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, per cui, trattandosi di atto vincolato a seguito della segnalazione Schengen, l’omissione del preavviso di rigetto non determina l’illegittimità dello stesso;

Liquidate complessivamente le spese del giudizio in Euro 500,00 (cinquecento,00) e poste le stesse a carico del ricorrente ed a favore dell’amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 500,00 (cinquecento,00), in favore dell’amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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