Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-09-2011) 23-09-2011, n. 34526 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 11.04.2008 la Corte d’appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale di Torino dell’11.02.2005, assolveva A.D. dalla imputazione ascrittagli per non aver commesso i fatti di tentata rapina, lesioni personali gravi, compiute mediante l’esplosione di colpi di pistola, e porto illegale d’arma.

Avverso tale sentenza ricorreva il P.G. distrettuale, chiedendone l’annullamento e deducendo la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui riteneva che l’accertata presenza, sulle mani dell’imputato, di residui della combustione di polvere da sparo, fosse l’unico elemento a suo carico e che lo stesso non fosse sufficiente a provarne la colpevolezza. La motivazione della sentenza, secondo il P.G. ricorrente, era illogica laddove riteneva che il mancato riconoscimento da parte della vittima rendesse inefficace qualsiasi altro elemento di prova a carico dell’imputato, non dando peso al fatto che, nell’immediatezza dei fatti, ed in prossimità del luogo ove era stata tentata la rapina, una teste aveva riconosciuto l’imputato come l’autore della tentata rapina per la particolarità dell’andatura, dalle spalle incurvate. Riteneva il ricorrente che l’accertato utilizzo di un’arma da fuoco da parte dell’imputato, la corrispondenza della sua andatura con quella del rapinatore, e le circostanze di tempo e luogo in cui lo stesso era stato fermato, dovevano ritenersi indizi gravi precisi e concordanti della sua responsabilità e che del tutto illogica era la motivazione della Corte di merito, che, dopo aver dato per impossibile il riconoscimento del viso, a motivo del travisamento, spiegava l’assoluzione con tale mancato riconoscimento. Con sentenza del 19.01.2010 la Corte di cassazione, in accoglimento del proposto ricorso, annullava l’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino, per nuovo giudizio, rilevando in particolare che:

– le deduzioni svolte dal P.G. distrettuale erano correttamente incentrate su una condivisibile critica alle illogiche ed incomplete argomentazioni sviluppate dalla Corte di merito, in ordine alla presenza, sulle mani dell’imputato, di plurime particelle metalliche, inequivocabilmente prova della combustione seguita all’esplosione di colpo/i di arma da fuoco;

– della presenza di tale elemento probatorio la Corte aveva omesso di considerare le peculiarità tecniche (in particolare l’accentuata volatilità, non solo per l’interferenza con l’acqua ma anche, per esempio, per banali manovre di sfregamento o di sbattimento) che pure fornivano elementi di conoscenza e valutazione non opinabili, in relazione al contesto di luogo e temporale in cui si era verificato lo sparo e che, comunque, andavano considerate in una valutazione d’insieme degli altri dati relativi ai fatti e degli altri elementi indizianti;

– l’assenza di tali considerazioni rendeva apprezzabili le carenze logiche della struttura motivazionale, al pari dell’omessa valutazione di altri elementi, sicuramente caratterizzanti gli altri indizi pure presenti nei fatti e solo superficialmente presi in esame dalla Corte, per negarvi rilevanza probatoria, quali, in particolare:

– la identità dell’abbigliamento di A. con quello del rapinatore, la cui rilevanza, nel contesto di una individuazione effettuata dai testi non poteva essere negata solo per il richiamo ad una genericissima uniformità dell’abbigliamento giovanile ma doveva essere valutata per la sovrapponibilità, in quel determinato contesto, con l’abbigliamento dell’autore dell’illecito; – l’aspetto, certamente individualizzante, della particolare postura curva del rapinatore, che aveva determinato il riconoscimento dell’ A., nell’immediatezza del fatto, da parte della L.;

– tali elementi, in un discorso assolutorio, logicamente orientato, non potevano essere pretermessi perchè aventi una rilevanza probatoria che andava ponderata. Con sentenza del 12.01.2011 la Corte d’appello di Torino, decidendo in sede di rinvio, confermava la sentenza di condanna di primo grado, rivalutando il complessivo materiale probatorio alla luce dei rilievi formulati dalla sentenza rescindente e pervenendo alla conclusione che lo stesso, come già ritenuto dal Tribunale, forniva elementi sufficienti per il riconoscimento della responsabilità del prevenuto. In particolare, si ribadiva la rilevanza:

– del rinvenimento di tracce comprovanti con certezza l’uso (per il quale nessuna spiegazione alternativa era stata fornita) di un’arma da fuoco da parte dell’ A. in tempo prossimo a quello della rapina, in una all’assenza di reati con uso di arma da fuoco commessi nella zona;

– dell’iniziale riconoscimento operato dalla L.;

– della presenza dell’imputato (non adeguatamente giustificata) in prossimità del luogo dei fatti a poca distanza temporale dal loro verificarsi;

– della sovrapponibilità, per colore, foggia e dettagli, dell’abbigliamento, nonchè dell’età, dell’ A., con quelle del rapinatore;

– dell’analoga sovrapponibilità delle caratteristiche fisiche del soggetto – altezza, corporatura, viso allungato, spalle curve – che avevano anche consentito l’iniziale riconoscimento da parte della L. e i successivi giudizi di ‘somiglianzà’ dell’imputato col rapinatore.

Propone ricorso l’imputato, deducendo:

– il carattere non dirimente del rinvenimento delle tracce dell’uso di un’arma da fuoco da parte dell’imputato;

– la natura del tutto effimera dell’iniziale riconoscimento operato dalla L.;

– il valore neutro, se non addirittura scagionante della presenza dell’imputato in prossimità del luogo dei fatti a poca distanza temporale dal loro verificarsi;

– l’incertezza dei presunti dati "sovrapponigli" fra l’ A. e il rapinatore.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, in quanto si risolve in contestazioni di carattere eminentemente valutativo mosse alla motivazione resa dalla Corte di rinvio, che, nel percorso ricostruttivo-argomentativo seguito, al di là di affermazioni tecnicamente imprecise (quali quella del riconoscimento pieno operato dalla L., che ha invece – come puntualizzato in altro passaggio dalla stessa Corte di merito – mero valore confermativo della "pregnanza" degli elementi di somiglianzà fra l’imputato e il rapinatore emersi in causa), si è sostanzialmente attenuta al dictum della sentenza rescindente e non è incorsa in vizi rilevabili in questa sede.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassale ammende che, m ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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