T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 11-10-2011, n. 7852

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che la ricorrente ha esposto di avere chiesto ed ottenuto, in data 2 marzo 2011, dal Consolato Generale Italiano di Mumbai un visto per motivi di turismo per un periodo di quarantacinque giorni con validità sino al 21 aprile 2011 e che detto visto non è stato utilizzato per motivi connessi al precario stato di salute di un parente;

Rilevato che la ricorrente ha soggiunto di avere inoltrato, in data 5 maggio 2011, presso il Consolato Generale Italiano di Mumbai, una richiesta di visto ex novo per motivi di turismo allegando tutta la documentazione ex art. 4, co. 3, d.lgs. 286/1998, attesa l’esigenza di far visita al marito dimorante in Italia, in quanto dirigente presso un’importante società multinazionale;

Rilevato che il Consolato Generale d’Italia di Mumbai, con l’impugnato atto del 12 maggio 2011, ha rigettato la richiesta in quanto "la sua intenzione di uscire dal territorio Schengen prima della scadenza del visto sembra essere dubbia";

Rilevato che la ricorrente ha impugnato il diniego deducendo censure di violazione di legge, di eccesso di potere e di carenza di motivazione;

Rilevato che l’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio ed ha depositato nota e documentazione dell’amministrazione degli affari esteri;

Ritenuto che il ricorso – il quale può essere immediatamente definito nel merito con sentenza in forma semplificata adottata ai sensi dell’art. 60 d.lgs. 104/2010 – è infondato e va di conseguenza respinto;

Rilevato, infatti, che l’amministrazione ha in primo luogo fatto presente che in occasione del rilascio del visto per turismo, in data 2 marzo 2011, il marito della richiedente risultava in possesso di un visto per affari rilasciato da un paese partner, mentre alla seconda richiesta è stata allegata una dichiarazione del marito che dal 10 maggio si sarebbe trasferito in Italia con un permesso di lavoro ed il 21 aprile è stato rilasciato dal Consolato Generale di Mumbai all’interessato un visto per lavoro subordinato di 365 giorni a fronte di un contratto di 24 mesi;

Rilevato che l’amministrazione ha chiarito come la richiedente non svolge nessuna attività lavorativa in India, atteso che alla voce occupazione attuale risulta "house wife", sicché non avrebbe nessuna motivazione a fare ritorno in patria allo scadere del visto di ingresso, ed ha altresì evidenziato che, alla luce di quanto sopra, non ha potuto non valutare il rischio migratorio e l’alta probabilità di elusione della normativa sui ricongiungimenti familiari;

Ritenuto che, in ragione dei chiarimenti forniti, l’atto impugnato può ritenersi sufficientemente motivato in quanto l’art. 4, co. 3, d.lgs. 286/1998 dispone che l’Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l’adesione a specifici accordi internazionali, consente l’ingresso nel proprio territorio dello straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, mentre non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti;

Ritenuto che l’atto sfugge altresì alla censura di illogicità manifesta in quanto, in presenza dei detti chiarimenti, la determinazione di rigetto della richiesta si presenta senz’altro ragionevole;

Ritenuto inoltre che non può essere accolta neppure la censura di violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990 in quanto, in ragione dell’art. 21 octies della stessa legge, l’atto non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento (alla quale può essere assimilato ai fini in discorso l’omesso preavviso di rigetto) in quanto l’amministrazione ha chiarito in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato;

Liquidate complessivamente le spese del giudizio in Euro 500,00 (cinquecento,00) e poste le stesse a carico della ricorrente ed a favore dell’amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 500,00 (cinquecento,00), in favore dell’amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *