Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-01-2012, n. 1382 Servitù coattive di passaggio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel Luglio 1998 L. e C.F. convenivano in giudizio le loro sorelle E. e C.L. per ottenere la divisione di un appezzamento di terreno di circa 17 mq. prospiciente un fabbricato e contraddistinto con il mappale 374 del Foglio 45 del Comune di Sarre (AO).

Nello stesso mese C.E. conveniva in giudizio le sorelle L., F. e I. nonchè Q.A. ed Q. E. chiedendo che venisse accertata la servitù di passaggio pedonale e carraio a favore del fondo di cui al predetto mappale 374 e gravante su alcuni fondi di proprietà delle convenute e il conseguente diritto di utilizzare la strada per il transito.

Le due cause, istruite documentalmente e con consulenze tecniche, erano infine decise con sentenza del 26/8/2002 del Tribunale di Aosta che assegnava il fondo a I., L. e C.F. con diritto della quarta sorella a ricevere il controvalore di 1/4 della quota; di conseguenza dichiarava assorbita la domanda di E. diretta ad accertare la servitù di passaggio a favore del fondo del quale, per effetto della divisione non era più comproprietaria.

Avverso la sentenza proponeva appello E. e resistevano le sue tre sorelle nonchè Q.A..

La Corte di Appello di Torino, con sentenza del 4/8/2005, in riforma dell’appellata sentenza, rigettava la domanda di divisione del mappale 374 e accertava l’esistenza di servitù titolata di transito pedonale e carraio e di posa nel sottosuolo di tubazioni per acque bianche e nere e di cavi elettrici e telefonici a favore del fondo di cui al mappale 374 rilevando:

– che il mappale 374, di circa 17 mq., aveva l’unica funzione di costituire uno spazio cortilizio a servizio del prospiciente fabbricato così che, sciogliendo la comunione con assegnazione del bene alle altre due sorelle, E. non potrebbe più usufruirne come cortile dell’antistante fabbricato di cui è comproprietaria;

– che il predetto mappale era insuscettibile di alcuna autonoma e diversa destinazione così che lo scioglimento della comunione con assegnazione dell’intero alle altre due sorelle avrebbe avuto l’unico risultato di sottrarre ad una comproprietaria l’utilizzo a beneficio della sua proprietà senza cambiamento delle caratteristiche e della destinazione del bene;

che la servitù oggetto della richiesta di accertamento, trovava titolo nell’atto a rogito notaio Favre del 31/10/1980 che espressamente la prevedeva costituendo servitù reciproche, che non si era verificata alcuna prescrizione del diritto, che ai sensi dell’art. 1074 c.c., il venir meno dell’utilità non determinava l’estinzione della servitù se non protrattasi per almeno venti anni e, comunque, l’utilità, in concreto, non era venuta meno in quanto detta servitù era diretta ad un più funzionale uso della porzione di fabbricato prospiciente di proprietà di E..

Le sorelle I., F. e C.L., nonchè Q. A. propongono ricorso per cassazione affidato a 5 motivi.

Resistono con controricorso le intimate C.E. ed Q. E.; i ricorrenti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. con il primo motivo, così testualmente rubricato "violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. o quantomeno insufficiente motivazione" i ricorrenti deducono che E., costituendosi in primo grado, aveva dedotto la carenza di interesse delle sorelle attrici ad ottenere la divisione dell’immobile perchè se diviso avrebbe perso utilità, così che la convenuta aveva fatto riferimento alla carenza di interesse ai sensi dell’art. 100 c.p.c., mentre in atto di appello aveva sostenuto la natura pertinenziale e condominiale del bene rispetto al fabbricato prospiciente; la Corte di appello, ritenendo che l’eccezione fosse stata formulata già in primo grado, non aveva tenuto conto delle deduzioni secondo le quali l’eccezione di indivisibilità, fondata sul suddetto motivo era nuova e incongruente.

2. La censura è totalmente infondata e non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata: nello stesso motivo si da atto che C. E. già in primo grado aveva dedotto che l’immobile, se diviso, avrebbe perso la sua utilità; il giudice di appello, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, prende in considerazione la contestazione di novità della domanda e, con congrua e condivisibile motivazione, rileva che C.E. sin dalle difese iniziali aveva prospettato l’inammissibilità della domanda di divisione proprio per le specifiche caratteristiche dell’immobile; osserva, infine, che il richiamo, fatto in appello, all’art. 1112 c.c., o l’erroneo richiamo a norme (gli artt. 1116 e 1117 c.c.) riguardano il condominio dell’edificio, non mutano in concreto l’articolazione difensiva prospettata in fatto e in diritto dalla C. che è rimasta la stessa.

Pertanto la motivazione sussiste ed è congrua e il motivo, nell’insistere sull’inammissibilità dell’eccezione perchè attinente alla natura pertinenziale e condominale del bene, non coglie la ratio decidendi fondata, invece, sul rilievo che la convenuta sin dal primo grado, aveva contestato che il bene fosse divisibile; non sussiste il vizio di extrapetizione perchè il giudice di appello ha deciso su tutte le domande ed eccezioni delle parti, mentre non è dedotto, come motivo di ricorso, la violazione dell’art. 345 c.p.c., comunque esclusa implicitamente con la sopra riferita motivazione, dal giudice di appello.

3. Con il secondo motivo, cosi testualmente rubricato "violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., o quantomeno insufficiente motivazione" i ricorrenti deducono che C.E. avrebbe dovuto dare la prova del rapporto pertinenziale tra il fondo di cui al mappale 374 (oggetto della domanda di divisione) e il prospiciente fabbricato, di proprietà non solo delle sorelle (esclusa I.), ma anche di terzi; invece non vi sarebbe prova del vincolo pertinenziale posto che la CTU che lo afferma non è un mezzo di prova.

4. Il motivo è infondato quanto alla violazione dell’art. 2697 c.c., perchè il giudice del merito è giunto alla adottata decisione sulla base del materiale probatorio in atti e senza ripartire l’onere probatorio in violazione del citato art. 2697 c.c..

Quanto al vizio di motivazione, si osserva che il giudice di appello ha valutato la pertinenzialità sulla base del fatto oggettivo della destinazione dell’area cortilizia al servizio del fabbricato essendo irrilevante la circostanza che sul fabbricato potessero vantare diritti reali anche altri soggetti diversi dalle comproprietarie del bene pertinenziale ed essendo invece provata la concreta destinazione del cortile, in fatto, al godimento del prospiciente fabbricato; ha inoltre rilevato che le sorelle avevano proceduto a precedente divisione dalla quale avevano escluso proprio il mappale 374, da ciò evincendo la loro comune volontà di destinare il bene al godimento della proprietà delle porzioni di fabbricato.

Pertanto la motivazione sussiste ed è congrua sotto ogni profilo.

5. Con il terzo motivo, cosi testualmente rubricato "violazione e falsa applicazione dell’art. 817 c.c., o quantomeno insufficiente motivazione" i ricorrenti deducono che il giudice di appello avrebbe riconosciuto un vincolo pertinenziale tra il terreno e il fabbricato in assenza delle condizioni di legge perchè i proprietari del terreno e i proprietari del fabbricato sarebbero diversi.

6. Il motivo è inammissibile perchè non attinge la ratio decidendi della sentenza del giudice di appello che aveva ritenuto non rilevante la circostanza che altri soggetti, oltre alle tre sorelle, potessero vantare diritti reali su porzioni del fabbricato (o che una sorella non fosse comproprietaria del fabbricato) perchè, come sopra riferito, il predetto giudice, dovendosi pronunciare solo sulla divisibilità del bene e non sulla valida costituzione di un vincolo pertinenziale (dal che l’irrilevanza del richiamo all’art. 817 c.c.), la aveva motivatamente esclusa rilevando che, una volta sciolta la comunione, il bene avrebbe perso la funzione alla quale era di fatto destinato, in conformità alla comune intenzione di tutte le comproprietarie, di servire la proprietà delle tre sorelle, una delle quali invece, con lo scioglimento e l’assegnazione alle altre, veniva esclusa.

7. Con il quarto motivo, così testualmente rubricato "violazione e falsa applicazione dell’art. 818 c.c. o quantomeno insufficiente motivazione" i ricorrenti deducono che dagli atti notarili menzionati si doveva escludere la volontà di creare un vincolo pertmenziale.

8. Il motivo è inammissibile sia per difetto di autosufficienza, non conoscendosi il contenuto degli "atti notarili menzionati", sia perchè non costituisce specifica censura all’argomento della Corte territoriale fondato sulla circostanza che nell’ambito della complessiva divisione di tutte le proprietà le sorelle lasciato indiviso proprio e solo quel bene che non aveva altra funzione se non quella di servire il prospiciente fabbricato.

9. Con il quinto motivo, così testualmente rubricato "violazione e falsa applicazione degli artt. 1063 e 1067 c.c. o quantomeno insufficiente motivazione" i ricorrenti deducono che il giudice di appello avrebbe di fatto ritenuto costituita una servitù a favore del fabbricato e a carico del fondo di cui al mappale 374 e non avrebbe considerato che la destinazione del fondo dominante al miglior utilizzo del bene principale costituito dal fabbricato avrebbe aggravato la servitù. 10. Il motivo è inammissibile perchè la Corte di Appello non ha creato alcuna servitù a favore del fabbricato e comunque non coglie neppure la ratio decidendi per la quale il fabbricato che si avvantaggiava dell’area cortilizia esisteva già al momento della costituzione della servitù così che nessun aggravamento sarebbe stato neppure ipotizzabile.

11. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e i. ricorrenti, in quanto soccombenti, devono essere condannati al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare alla resistente C.E. le spese di questo giudizio di Cassazione che si liquidano in complessivi Euro 4.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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