Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 13-09-2011) 23-09-2011, n. 34629 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A.A. ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe con cui gli è stata applicata a sua richiesta e con il consenso del PM la pena concordata di mesi dieci di reclusione ed Euro 3.000 di multa per i reati contestatigli di spaccio di stupefacente e di permanenza illegale nel territorio, unificati dal vincolo della continuazione.

2. Deduce che la sentenza difetta di adeguata motivazione in ordine alla determinazione della pena e che il giudice si è dunque sottratto all’onere di controllo di adeguatezza della stessa.

Motivi della decisione

3. Il ricorso, previa declaratoria di annullamento senza rinvio della pronuncia relativamente al capo b della rubrica, è da rigettare.

4. Preliminarmente è da rilevare infatti che la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore, posta in essere prima della scadenza dei termini per il recepimento della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, non è più prevista dalla legge come reato, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia che ha affermato l’incompatibilità della norma incriminatrice di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, con la predetta normativa comunitaria, determinando la sostanziale "abolitio criminis" della preesistente fattispecie, con la conseguente applicazione, per via di interpretazione estensiva, della previsione di cui all’art. 673 cod. proc. pen. (cfr. Corte di Giustizia U.E., 28 aprile 2011, El Dridi, C – 61/11PPU ed così in termini Sez. 1, Sentenza n. 20130 del 29/04/2011 Ud. (dep. 20/05/2011) Rv. 250041).

5. E’ stato osservato che la decisione della Corte di Giustizia, interpretando in maniera autoritativa il diritto dell’Unione con effetto diretto per tutti gli Stati membri e le rispettive giurisdizioni, incide sul sistema normativo impedendo la configurabilità del reato. L’effetto è paragonabile a quello della legge sopravvenuta (cfr. C. Cost. nn. 255 del 1999, 63 del 2003, 125 del 2004 e 241 del 2005 secondo cui "i principi enunciati nella decisione dalla Corte di giustizia si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno, con il valore di jus superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quella norma conserva efficacia e deve essere applicata anche da parte del giudice nazionale") con portata abolitrice della norma incriminatrice.

6. Pertanto, in applicazione dell’art. 129 c.p.p., anche in mancanza di esplicita doglianza della parte, va pronunciato l’annullamento senza rinvio in parte qua della sentenza con la formula perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. La formula adottata è in linea con quanto già ritenuto, in relazione a ipotesi in qualche modo simile, dalla giurisprudenza di questa corte che ha affermato la pronunzia della Corte di Giustizia che accerta l’incompatibilità della norma incriminatrice con il diritto europeo (si trattava del caso Schwibbert) "si incorpora nella norma stessa e ne integra il precetto con efficacia immediata" (cfr. Corte Cost. nn. 13 del 1985, 389 del 1989,168 del 1991), così producendo "una sorta di abolitio criminis" che impone, in forza di interpretazione costituzionalmente necessitata, di estendere a siffatte situazioni di sopravvenuta inapplicabilità della norma incriminatrice nazionale, la previsione dell’art. 673 c.p.p.. (Corte, sez. 1 sentenza del 20 gennaio 2011, Titas Luca).

7. Conseguentemente, questa Corte, in aderenza al disposto dell’art. 621 c.p.p., ritiene di procedere alla rideterminazione della pena finale, come da dispositivo previo rigetto del motivo di gravame concernente la misura della pena.

8. L’impugnazione non è invero fondata.

9. La richiesta di applicazione della pena o il consenso ad essa prestato comportano l’implicita rinuncia a qualsiasi questione circa la astratta configurabilità del reato e circa la possibile concessione di attenuanti o di benefici non previsti nel "patto", nonchè a maggior ragione sulla misura della pena applicata, quando non si tratti di pena illegale; e ne precludono la prospettazione in sede di impugnazione. Nella specie, il ricorrente ha formulato la richiesta, su cui si è formato il consenso, con precisa indicazione dell’attenuante speciale e la misura della riduzione.

10. La pena è in conseguenza da determinare in mesi 8 di reclusione ed Euro 2.000 di multa, previa detrazione dell’aumento di mesi due di reclusione ed Euro 1000 applicato per la fattispecie in esame in sede di patteggiamento.

P.Q.M.

1. annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 quater perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato e elimina il relativo aumento di mesi due di reclusione ed Euro 1.000 di multa, rideterminando la pena complessiva in mesi 8 di reclusione ed Euro 2.000 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *