Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 13-09-2011) 23-09-2011, n. 34628

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. P.L. ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari sopra indicata in data 5.12.2005, che ha confermato la sua condanna per il reato di cui all’art. 368 c.p., ascrittole per aver falsamente denunciato lo smarrimento di due assegni postali, tratti sul suo conto ed in realtà consegnati a due soggetti con cui intratteneva rapporti commerciali, con ciò implicitamente incolpando del reato di ricettazione i prenditori. I titoli erano stati presentati all’incasso in epoca successiva alla denuncia ed inoltre il libretto di assegni era stato rilasciato, presso l’ufficio postale, con un numero errato, riferito ad altro correntista.

Deduce il ricorrente erronea applicazione dell’art. 368 c.p. sotto il profilo dell’assenza del fatto tipico, data la mancanza della astratta idoneità dei due titoli ad essere posti all’incasso, per assenza di corrispondenza con il conto corrente della P.; quindi, anche i reati mediati sarebbero impossibili, non essendo attuabile il furto o la ricettazione di assegni non incassabili; difetterebbe l’elemento psicologico del reato: ella non avrebbe avuto consapevolezza dell’innocenza degli incolpati, ma solo avrebbe agito per evitare che i prenditori riportassero dei danni. Si lagna infine del difetto di adeguatezza della pena e della erronea esclusione delle attenuanti invocate.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Esaminando i rilievi della ricorrente in ordine logico, debbono ritenersi infondati quelli relativi alla configurabilità obiettiva del reato di calunnia.

3. La Corte ha già ritenuto, in tutta una serie di decisioni consolidate nel tempo (fra le tante, Sez. 6, 24.9.2002, Bonafede;

15.4.2003, Monachino; 7.7.2005, Bruccoleri) che integra gli estremi del reato di calunniala la falsa denuncia di smarrimento, anche quando essa preceda la negoziazione del titolo (Sez. 6, 20.2.2002, Ciamba), atteso che, pur non contenendo una notizia di reato, essa obbliga l’autorità che la riceve ad indagare su possibili reati commessi dal detentore del titolo, tra i quali rientrano necessariamente il furto o la ricettazione; e che, pertanto, lungi dal contenere l’enunciazione di un fatto penalmente indifferente, essa è idonea a provocare l’apertura di un procedimento penale diretto a verificare l’eventuale configurabilità di un reato procedibile d’ufficio e ad identificarne gli autori, e costituisce pertanto condotta idonea ad integrare gli estremi del reato di calunnia anche nel caso in cui il suo autore non abbia espressamente ipotizzato alcun reato a carico del prenditore e non abbia proposto alcuna istanza di punizione. La esatta qualificazione giuridica del fatto costituente oggetto della falsa incolpazione presuppone, poi, lo svolgimento di più o meno complesse indagini, non potendo ovviamente darsi per scontata in partenza la sua qualificazione sotto il profilo di reato procedibile a querela; per cui anche nel caso della cosiddetta denuncia di smarrimento non può essere posta in questione l’esistenza del pericolo presupposto dalla norma incriminatrice.

4. Correttamente, di conseguenza, la condotta posta in essere dalla ricorrente è stata ritenuta idonea ad integrare sotto il profilo obiettivo gli estremi del reato contestato.

5. I rilievi in ordine alla impossibilità del reato non colgono nel segno giacchè la corte offre argomenti convincenti e contrari,primo fra i quali le rilevate sequenze temporali della vicenda, ossia l’essere la denuncia di smarrimento anteriore alla dazione degli assegni, che implicava di per sè la evidente constatazione dell’elemento soggettivo del reato.

6. Quanto,poi, alle ulteriori osservazioni sulla impossibilità per i detti assegni di essere validamente negoziati, si tratta di notazioni di fatto, incidenti sulla disciplina privatistica dei titoli, e non certo sulla fattispecie penale in esame, che è configurata dalla consapevole falsa incolpazione, come sopra messo in rilievo.

7. Parimenti inammissibili sono le censure relative alla mancata concessione delle attenuanti invocate, posto che sul punto la Corte ha osservato che alla P. era stato inflitto il minime della pena;

ella pertanto difettava e difetta anche in questa sede di interesse alla impugnazione, che anche se accolta, non può apportarle alcun beneficio ulteriore.

8. In conseguenza della ritenuta inammissbilità, la ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

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