Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-01-2012, n. 1376 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.G.S. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi ed illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado, che aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo da lui proposta nei confronti di Z.L. nonchè la domanda svolta nei confronti di P.M..

Lo Z. ed il P. resistono con controricorsi. Il P. propone un motivo di ricorso incidentale.

Motivi della decisione

1.- La controversia ha ad oggetto la restituzione della somma di L. 35.807.600, pagata da Z.L. a D.G.S. in virtù di sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva, riformata in appello. Per la restituzione di detta somma lo Z. ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo, cui il D.G. si è opposto, assumendo che l’obbligo di restituzione gravasse sul terzo chiamato P.M.. La sentenza impugnata ha dichiarato la nullità della chiamata in causa di P.M. ed ha confermato la sentenza di primo grado quanto al rigetto dell’opposizione.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta nullità della sentenza di primo grado per vizio di costituzione del giudice e vizio di motivazione della sentenza di appello, sul rilievo che la sentenza di primo grado è stata trattata e decisa da un GOT in materia estranea – secondo le circolari del CSM – alla sua competenza.

1.1.- Il mezzo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

Ai sensi del D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 10, che ha introdotto il R.D. n. 12 del 1941, art. 43 bis, l’assegnazione degli affari ai giudici onorari di tribunale deve avvenire in caso di impedimento o mancanza dei giudici ordinari; tale norma esclude altresì l’assegnazione dei procedimenti cautelari e possessori ai predetti giudici onorari ma non limita il lavoro giudiziario di questi ultimi alle sole attività che non prevedano lo svolgimento di udienze (Cass. 22/2/08 n. 4578) nè impedisce l’assegnazione a costoro di un ruolo. Non sussiste dunque nullità della sentenza resa in materia di opposizione a decreto ingiuntivo da un GOT e d’altro canto, trattandosi di interpretazione di norme di legge, non può sussistere il vizio di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5.

La normazione secondaria del CSM, invocata dal ricorrente, non è evidentemente idonea a configurare una nullità non prevista dalle norme di legge e d’altro canto il mezzo difetta di autosufficienza ove si assume, senza ulteriore specificazione, che "è stato provato (…) che con Delib. 11 febbraio 2004 il CSM aveva revocato l’incarico al Dr. C. e che il TAR del Lazio aveva rigettato l’istanza di sospensione di tale delibera". 2.- Con il secondo motivo il ricorrente, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione della sentenza impugnata, censura la declaratoria di nullità della chiamata in causa di P.M., in quanto non autorizzata, assumendo non essere necessaria tale autorizzazione.

2.1.- Il secondo motivo è infondato. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere necessaria – nel caso di chiamata in causa di un terzo da parte dell’opponente, convenuto in senso sostanziale – l’autorizzazione del giudice da richiedere, a pena di decadenza, con l’atto di opposizione (Cass. 16 luglio 2004 n. 13272, Cass. 1 marzo 2007 n. 4800), non potendo l’opponente che chiamare in giudizio colui che ha ottenuto il decreto, e non potendo le parti originariamente essere altre che il soggetto istante per l’ingiunzione e il soggetto nei cui confronti la domanda è diretta, così che l’opponente deve necessariamente chiedere al giudice, con l’atto di opposizione, l’autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritenga comune la causa sulla base dell’esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto, nè le contrarie argomentazioni svolte sul punto dal ricorrente inducono a mutare opinione. E appena il caso di osservare che tale filone interpretativo non si pone in contrasto con i principi costituzionali espressi nell’art. 24 Cost., atteso che l’opponente ben può chiamare il terzo in giudizio in un separato procedimento.

3.- Con il terzo motivo, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, il ricorrente si duole del rigetto della istanza di declaratoria di nullità del decreto opposto, per non essere passata in giudicato (al momento dell’opposizione) la sentenza di appello che rigettava la domanda risarcitoria proposta dal D. G. nei confronti dello Z.. Lamenta, inoltre, la mancata sospensione della "provvisoria esecuzione del D.I." ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ..

3.1.- Il mezzo è infondato quanto al primo profilo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, a parte il risalente precedente citato, riferibile a controversia introdotta prima della modifica dell’art. 336 cod. proc. civ., ad opera della L. n. 353 del 1990, allorchè venga riformata in appello una sentenza di condanna, il debitore ha diritto alla restituzione di quanto versato, atteso che il diritto alla restituzione sorge direttamente in conseguenza della riforma della sentenza, la quale, facendo venir meno ex tunc e definitivamente il titolo delle attribuzioni in base alla prima sentenza, impone di porre la controparte nella medesima situazione in cui si trovava in precedenza (Cass. 13 aprile 2007 n. 8829, Cass. 14 ottobre 2008 n. 25143, Cass. ord. 18 ottobre 2011 n. 21561).

Il mezzo è invece inammissibile quanto alla prospettata violazione dell’art. 337 cod. proc. civ., riguardante non – come si assume nel motivo – la sospensione delia provvisoria esecuzione del D.I. (per la quale dispone l’art. 649 cod. proc. civ.) ma la sospensione dell’esecuzione delle sentenze, e motivata con argomenti riferiti invece al diverso istituto della sospensione del processo ex art. 295 cod. proc. civ..

4.- Con il quarto motivo, sotto i profili della nullità della sentenza e del vizio di motivazione, il ricorrente si duole del fatto che sia stata ritenuta nuova, e perciò inammissibile in appello, la domanda tendente a far dichiarare non ripetibili le somme pagate a titolo di spese legali e che siano state ritenute assorbite le domande proposte nei confronti del P. e, per la condanna al pagamento della differenza tra la somma indicata in sentenza e quella precettata, nei confronti dello Z..

4.1.- Il quarto motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

E’ inammissibile nella parte in cui – sotto il profilo della nullità della sentenza e del vizio di motivazione in fatto – in realtà si censura, quanto alla novità dell’appello, una asserita violazione di legge.

E’ infondato quanto alla pretesa omissione di pronuncia nei confronti del P., essendo ogni domanda – a prescindere dalla sua asserita autonomia – assorbita nella ritenuta nullità della vocatio in jus.

5.- Con l’unico motivo di ricorso incidentale il P., sotto i profili della violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e del vizio di motivazione, si duole della compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi con il D.G., in violazione del principio della soccombenza ed in difetto di esplicita motivazione.

5.1.- Il ricorso incidentale è inammissibile.

Va premesso che il nuovo testo dell’art. 92 cod. proc. civ., comma 2 – secondo cui la compensazione è consentita solo per soccombenza reciproca e per "altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione" – si applica ai soli procedimenti iniziati dopo il 1 marzo 2006, laddove il presente giudizio è stato instaurato nel 2005.

Ciò posto, questa Corte ha affermato, in tema di compensazione delle spese processuali ex art. 92 cod. proc. civ. (nel testo applicabile ratione temporis, anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263), che, poichè il sindacato della S.C. è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito fa valutazione dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altre giuste ragioni, che il giudice di merito non ha obbligo di specificare, senza che la relativa statuizione sia censurabile in cassazione, poichè il riferimento a "giusti motivi" di compensazione denota che il giudice ha tenuto conto della fattispecie concreta nel suo complesso, quale evincibile dalle statuizioni relative ai punti della controversia (Cass. 6 ottobre 2011 n. 20457).

6.- I ricorsi riuniti vanno perciò rigettati.

In considerazione della soccombenza reciproca appare equo compensare le spese tra il D.G. ed il P. e condannare il primo al rimborso nei confronti dello Z., in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, li rigetta; compensa le spese tra il D.G. e il P. e condanna il D.G. al rimborso delle spese in favore dello Z., liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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