Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 13-09-2011) 23-09-2011, n. 34626

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. A.F. ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe con cui la Corte di appello di Reggio Calabria ha ribadito la sua responsabilità per il reato di cui alla L. n. 575 del 1965, art. 3 bis, comma 4 e confermato il trattamento sanzionatorio. Il giudice distrettuale ha osservato come il condannato, contraria mante al suo assunto, possedeva le capacità economiche per versare la cauzione impostagli, tant’è che egli aveva omesso di chiedere la revoca del relativo ordine o la rateizzazione dell’importo.

2. L’ A. deduce la manifesta illogicità di simile ragionamento, e l’erronea applicazione della norma, sia perchè il dato della sua impossibilità ad adempiere era in alti, avendo egli chiesto la ammissione al gratuito patrocinio, sia perchè la Corte avrebbe potuto autonomamente procedere ai dovuti accertamenti patrimoniali.

3. Medesimo difetto di motivazione viene ravvisato in ordine alla eccessività della pena inflitta e la mancata concessione delle generiche.

Rispetto al tempus commissi delicti invoca, infine, il beneficio dell’indulto.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è fondato.

2. Va premesso che con sentenza n. 218/1998, la Corte Costituzionale ha chiarito che la fattispecie prevista dalla L. n. 575 del 1965, art. 3 bis, commi 1 e 4 (omesso versamento della cauzione nel termine prescritto) è soggetta alle regole ordinarie valevoli in tema di colpevolezza in materia penale e che dall’operatività della disciplina dei criteri di imputazione soggettiva del reato dettati dall’art. 42 c.p. discende che "anche la contravvenzione in esame presuppone quanto meno la colpa, con l’ovvia conseguenza che la materiale impossibilità di provvedere al versamento della cauzione, causata dalla mancanza di disponibilità economiche evidentemente non preordinata o colposamente determinata, comporta non una forma di responsabilità oggettiva, ma l’esenzione da responsabilità". 3. Alla luce di tali principi non può condividersi quanto sostenuto dalla Corte di merito che non ha accertato la dedotta incapacità economica, desumendo al contrario la possibilità del versamento dal mancato esperimento di rimedi avverso la imposizione della cauzione.

Infatti l’affermazione della responsabilità non può discendere in modo automatico dal mancato pagamento della cauzione, essendo necessario accertare la sussistenza dell’elemento psicologico quantomeno a livello di colpa. D’altra parte ogni soluzione interpretativa diversa sarebbe in stridente contrasto sia con il principio fondamentale enunciato dall’art. 27 Cost., comma 1, che esclude ogni forma di responsabilità oggettiva, sia con il vigente sistema processuale, risultante dagli artt. 2 e 3 c.p.p., secondo i quali "il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, a meno che non si tratti di una questione pregiudiziale relativa allo stato di famiglia o di cittadinanza". Pertanto – poichè ai fini della sussistenza del reato previsto dalla L. n. 575 del 1965, art. 3 bis, comma 4 (omesso versamento della cauzione nel termine prescritto), la materiale impossibilità di adempimento, causata da mancanza di disponibilità economiche, può essere fatta valere sia nel procedimento di prevenzione, con l’impugnazione del decreto impositivo della misura o con la richiesta di revoca, sia in quello penale per l’accertamento del reato in esame (Cass. Sez. 1, n. 1803 del 16/2/2000, proc. Tecchio, RV. 215346) 4. A quest’ultimo proposito occorre precisare che la valutazione della Impossibilità di adempimento è correlata all’onere dell’imputato di dimostrare la indisponibilità economica non preordinata nè colposamente determinata (Cass., Sez. 5, del 23 giungo 2004, Amoruso, rv. 229335) e, comunque, all’allegazione di specifici elementi giustificativi dell’inadempimento, così da mettere il giudice in grado di controllare la loro sussistenza con riguardo a tutte le presumibili fonti di reddito dell’interessato.

5. A norma dell’art. 623 c.p.p., lett. c), la sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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