Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-07-2011) 23-09-2011, n. 34558

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’ambito del procedimento penale a carico di:

Y.J. e W.Y. indagati unitamente ad altri soggetti di nazionalità cinese per il reato di ricettazione ( art. 648 c.p.); il GIP presso il Tribunale di Roma, in data 07.01.2011 e in data 25.01.2011 emetteva due distinti decreti di sequestro preventivo di beni immobili e, precisamente, con il sequestro del 07-01-11:

a) – locale commerciale sito in (OMISSIS);

b) – appartamento din. 15 vani sito in (OMISSIS) con il sequestro del 25.01.2011:

c) – locale commerciale sito in (OMISSIS);

Gli indagati proponevano impugnazione ed il Tribunale per il riesame di Roma accoglieva solo in parte il reclamo, con riferimento al sequestro del 07.01.11, ritenendo che l’epoca dell’acquisto, risalente agli anni 1999 e 2001, escludeva ogni nesso con i fatti contestati, avvenuti nel 2005-2009;

considerava, invece, sussistente il nesso temporale rispetto ai beni relativi al secondo sequestro, acquistati nel 2009 e respingeva il ricorso relativamente all’immobile sito nella (OMISSIS);

ricorrono per cassazione gli indagati Y. e W. a mezzo del Difensore di fiducia, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

1)- I ricorrenti censurano l’ordinanza per avere omesso di considerare le argomentazioni difensive riguardo alla legittima provenienza dell’immobile di Via (OMISSIS), in realtà acquisito con contratto di locazione finanziaria risalente al 2001 e pagato in parte con rate provenienti da un finanziamento concesso dalla Banca Popolare di Sondrio nel luglio 2002 e con una maxi rata pagata nel 2009 con l’aiuto di una terza persona, tale Mr. T.; trattandosi di un’operazione del tutto trasparente non poteva ritenersi operante la normativa di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies;

CHIEDONO l’annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

Il ricorso è palesemente infondato.

Quanto ai motivi relativi al merito del sequestro preventivo va subito evidenziato che lo stesso appare emesso nell’ambito dei criteri dettati dall’art. 321 c.p.p., atteso che il GIP ha motivato in ordine al "fumus" del reato di cui all’art. 648 c.p., richiamando:

– le indagini di PG, da cui erano scaturiti altri provvedimenti cautelari reali, quali: – il sequestro di un consistente quantitativo di merce con il marchio contraffatto (n. 546 oggetti, quali telefonini ed altro), – il sequestro di un’autovettura "Porche" intestata allo Y., oltre che: – la mancanza di redditi sufficienti a giustificare l’acquisto di tali beni;

Del tutto correttamente il Tribunale per il riesame ha ritenuto incensurabile tale provvedimento perchè fondato su adeguata motivazione in ordine al "fumus" del delitto contestato, ricavabile dalle circostanze sopra evidenziate.

Patimenti infondato è il motivo sulla mancanza di un nesso di pertinenzialità tra i beni sequestrati ed i reati contestati, atteso che nella specie è stato applicato il D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies con espresso riferimento all’ipotesi delittuosa dell’art. 648 c.p. per la quale, come è noto, si prescinde dall’indagine sul vincolo di pertinenzialità (Cass. Pen. Sez. 3, 09.07.2008 n. 38429).

Invero, nell’ambito della confisca per equivalente la Giurisprudenza di legittimità ha osservato che tale istituto è finalizzato a superare gli ostacoli per l’individuazione dei beni in cui si "incorpora" il profitto iniziale (Cass. Pen. SS UU 25.06.2009 n. 38691) dovendosi dimostrare solo l’elemento della sproporzione tra il bene sequestrato ed i redditi dell’indagato, sicchè risulta sufficiente il vincolo pertinenziale, di significato più ampio, connotato dalla mancanza di giustificazione circa la legittima provenienza del patrimonio in possesso del soggetto (Cass. Pen. Sez. 2, 18.05.2010 n. 27171).

L’ordinanza impugnata ha chiarito con percorso logico motivazionale non censurabile che i beni e denaro in sequestro, per entità e valore, erano del tutto sproporzionati ai modesti redditi denunciati dagli indagati, nel periodo in cui hanno proceduto all’acquisto dell’immobile in Via (OMISSIS), sicchè doveva ritenersi la loro provenienza dalle attività criminose contestate.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo deduzioni in relazione a finanziamenti ottenuti per l’acquisto, senza comprovare nè i finanziamenti nè i redditi con i quali si erano restituiti i medesimi finanziamenti.

Ne deriva l’inammissibilità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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