T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 11-10-2011, n. 965 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone la società ricorrente di avere promosso in Sardegna la realizzazione di alcuni impianti per la produzione di energia da fonte solare e di avere provveduto a richiedere le relative pronunce di compatibilità ambientale.

A fronte di dette richieste, la Regione Sardegna con provvedimento della Giunta n. 36/15 del 18.09.2007 deliberava di stabilire la non procedibilità dei procedimenti di verifica relativi agli interventi di che trattasi, in quanto in contrasto con gli indirizzi stabiliti con la deliberazione n. 28/56 del 26.07.2007 di attuazione dell’art. 112 delle NTA del Piano Paesaggistico regionale.

V. s.r.l. proponeva ricorso dinnanzi a questo Tribunale amministrativo regionale impugnando la delibera della Giunta regionale n. 36/15 del 18.09.2007 ed ulteriori provvedimenti.

A seguito del citato contenzioso ed in ragione dei provvedimenti favorevoli del Giudice amministrativo la Giunta regionale decideva con delibera n. 41/19 del 29.07.2008 di assoggettare a procedura di V.I.A. il progetto relativo all’impianto da realizzarsi in località Corona Romana nel Comune di Sassari.

V., quindi, presentava istanza di V.I.A. in data 9.12.2009.

Con nota prot. 0014395 del 17.06.2010 il Servizio SAVI comunicava che, a seguito della conferenza istruttoria tenutasi in data 13.05.2010, erano emerse forti criticità e veniva preannunciato il parere negativo alla richiesta.

A fronte di tale preavviso di diniego, V. formulava le proprie osservazioni in data 30.06.2010.

Con deliberazione n. 46/20 del 27.12.2010 la Regione Sardegna confermava il parere negativo.

Avverso gli atti in epigrafe indicati insorgeva la ricorrente deducendo articolate censure di seguito sintetizzabili:

1) violazione dell’art. 10 bis della L. 241 del 1990, violazione del principio della partecipazione al procedimento amministrativo;

2) violazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990, e dell’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003, eccesso di potere per macroscopica illogicità, difetto di istruttoria;

3) violazione/errata interpretazione dell’art. 29 delle norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale, violazione degli artt. 1 e 10 bis della L. 241 del 1990, violazione del divieto di aggravamento del procedimento, eccesso di potere per difetto di istruttoria;

con riguardo all’art. 29 delle NTA del PPR: violazione del d.lgs. 387 del 2003 e dei principi in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili, violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione;

4) violazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990 anche per come da applicarsi alle procedure di V.I.A., eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento, contrasto con le risultanze dell’istruttoria espletata, straripamento di potere;

5) violazione dell’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;

6) violazione dell’art. 10 bis della L. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione del principio della partecipazione;

7) violazione dell’art. 10 bis della L. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione del principio della partecipazione;

8) violazione dell’art. 10 bis della L. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione del principio della partecipazione;

9) in generale: violazione del d.lgs. 387 del 2003 e del favor del legislatore (nazionale e comunitario) per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, eccesso di potere per sviamento della causa tipica dell’atto, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta, violazione/elusione del giudicato;

10) con riguardo ai pareri formulati in seno alla conferenza di servizi dal Comune di Sassari e dalla Provincia di Sassari, violazione della Direttiva comunitaria 2001/77/CE e degli impegni assunti dallo Stato italiano in sede internazionale, violazione del d.lgs. 387 del 2003 e segnatamente dell’art. 12, elusione del giudicato, violazione errata interpretazione della D.G.R. Sardegna n. 10/3 del 12.03.2010.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Si costituiva l’Amministrazione regionale intimata chiedendo il rigetto del ricorso.

Si costituiva altresì il Ministero per i beni e le attività culturali chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependo poi il proprio difetto di legittimazione passiva.

In data 2 aprile 2011 la Regione autonoma della Sardegna depositava memoria difensiva.

Altra memoria veniva depositata nella stessa data dal Ministero per i beni e le attività culturali.

In data 7 maggio 2011 la ricorrente depositava memoria difensiva.

In data 18 maggio 2011 la difesa della Regione depositava memoria di replica.

Memoria di replica depositava nella stessa data anche la ricorrente.

Alla udienza pubblica dell’8 giugno 2011 il ricorso passava in decisione.

Motivi della decisione

I. Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione sollevata dalla difesa del Ministero per i Beni e le attività culturali che afferma il proprio difetto di legittimazione passiva.

L’eccezione è fondata posto che nessun atto della Amministrazione evocata in giudizio è stato fatto oggetto di impugnazione né la stessa, nel corso del procedimento, risulta aver adottato atti lesivi nei confronti della ricorrente.

II. Nel merito, l’esame del ricorso deve essere preceduto da una sintesi della censure della ricorrente, utile ai fini della soluzione della controversia.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta che le motivazioni espresse nel rigetto coincidono solo parzialmente con quelle contenute nel preavviso di diniego.

A suo dire, la motivazione fornita dall’Amministrazione regionale in ordine alle osservazioni presentate in data 1 luglio 2010 non consente in alcun modo di comprendere per quale ragione le stesse siano state disattese.

Data la non corrispondenza tra gli argomenti fondanti il preavviso di diniego e le motivazioni apposte nell’atto conclusivo, a dire della ricorrente, deve ritenersi violato l’art. 10 bis della L. 241 del 1990 perché è venuta a mancare la fase partecipativa che detta norma impone.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che il provvedimento gravato si fonda sul presupposto che "l’impianto proposto ricade in aree irrigue, servite da rete fissa, e contrasta con le finalità delle opere pubbliche realizzate nell’Azienda del Consorzio di Bonifica della Nurra".

A dire della ricorrente, tale affermazione sarebbe incomprensibile poiché non si comprende per quale ragione e sotto quale profilo possa ritenersi sussistere un contrasto tra l’impianto proposto e le finalità delle opere pubbliche in questione.

Con il terzo motivo la ricorrente rileva che nel provvedimento impugnato si legge: "l’intervento insiste su un’area ad utilizzazione agro forestale" così come definita ed individuata dal Piano paesaggistico regionale, non è stata dimostrata la "rilevanza pubblica, economica e sociale dell’opera e l’impossibilità di localizzazioni alternative".

A dire della ricorrente la motivazione risulta illegittima, sotto un primo profilo, in quanto la Regione Sardegna ha dato applicazione ad una norma che ha come destinatari le amministrazioni locali e non i singoli cittadini richiedenti i titoli necessari a realizzare un determinato progetto.

Inoltre, la ricorrente afferma che la rilevanza pubblica, economica e sociale di un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili è disposta in via generale dal legislatore nazionale (art. 12 d.lgs. 387 del 2003).

Afferma inoltre che nell’ipotesi in cui non si volesse condividere la sua prospettazione in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 29 delle NTA del Piano paesaggistico regionale la norma medesima sarebbe da ritenersi illegittima e quindi da disapplicare.

Con il quarto motivo di ricorso le contestazioni cadono sull’argomento fondante il diniego secondo cui "l’intervento, ricadente in ambito paesaggistico costiero, in aree ad utilizzazione agro forestale, interrompe e altera l’assetto e l’equilibrio, ormai consolidati da decenni, tra paesaggio naturale, e paesaggio agrario".

Tale argomentazione non è stata rappresentata in sede di preavviso di diniego ed è, a dire della ricorrente, del tutto generica.

Con il quinto motivo di ricorso viene rilevato che nel provvedimento impugnato si afferma:

"la realizzazione del progetto impedirebbe, per la durata di vita dell’impianto, stimata in 30 anni, l’utilizzo produttivo agricolo – zootecnico di una superficie irrigua, risorsa estremamente limitata nell’ambito regionale".

Tale argomentazione sarebbe infondata in punto di fatto oltre che generica.

Con il sesto motivo di ricorso viene rilevato che nel provvedimento impugnato si afferma: "non sono stati forniti dati oggettivi relativi agli effetti nel lungo periodo sulla componente pedologica ed agronomica".

A dire della ricorrente tale motivo di diniego è errato dal punto di vista fattuale perché sono stati forniti i dati ed i riscontri che confutano le argomentazioni dell’Amministrazione.

Tale motivo di rigetto sarebbe frutto di una istruttoria carente e caratterizzata dalla mancata considerazione della documentazione consegnata dalla istante a fronte del preavviso di diniego posto che V. ha consegnato in sede di osservazioni, sia una relazione agronomica sia una relazione pedologica.

Con il settimo motivo di ricorso viene rilevato che nel provvedimento impugnato si afferma: "non è supportato da riscontri analitici e dati ufficiali quanto sostenuto dalla Società proponente circa lo stato d’inquinamento dell’area e la scarsa qualità dei suoli, che qualificherebbero la stessa come inidonea all’attività agricola".

La ricorrente richiama qui le argomentazioni contenute nel sesto motivo di ricorso.

Con l’ottavo motivo si rileva che il provvedimento di diniego recita: "gli impatti connessi alla realizzazione delle opere e relativi alla sottrazione di una rilevante superficie agricola irrigabile e all’interruzione di attività produttive agro zootecniche esistenti, non sono controbilanciati da evidenti vantaggi sul territorio sotto il profilo socio – economico".

La ricorrente contesta tale assunto affermando di avere consegnato all’Amministrazione un elaborato contenente "analisi delle ricadute occupazionali – quantificazione delle perdite per mancato uso agricolo" con il quale sono stati evidenziati i benefici economico sociali non trascurabili, specialmente dal punto di vista occupazionale, sia in fase di costruzione che di manutenzione.

La Regione, a dire di V. s.r.l., non avrebbe dato alcuna considerazione alle sue osservazioni.

Con il nono motivo la ricorrente afferma che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche sotto altri profili.

In particolare vi sarebbe un totale sviamento della causa tipica dell’atto nel quale l’Amministrazione regionale sarebbe incorsa perseguendo il proprio intento di impedire la realizzazione di impianti fotovoltaici in zona agricola per dare seguito alla volontà già manifestata in precedenza con atti di programmazione e regolamentari.

Sotto altro profilo il provvedimento sarebbe viziato per eccesso di potere per sviamento e ingiustizia manifesta dato che la Regione ha utilizzato il provvedimento conclusivo del procedimento di V.I.A. non tanto per valutare gli effetti del progetto sull’ambiente quanto per impedire alla V. la realizzazione di impianti fotovoltaici in zona agricola.

Inoltre, la Regione sarebbe incorsa in una evidente disparità di trattamento valutando negativamente l’impianto in questione. La ricorrente afferma infatti che la Regione Sardegna ha emesso valutazioni positive di impatto ambientale in relazione ad impianti localizzati (al pari di quello in questione) in fascia costiera e di potenza ed estensione anche superiore rispetto a quello per cui è stata richiesta autorizzazione poi denegata.

Il decimo motivo di ricorso è volto a contestare la legittimità dei pareri espressi dal Comune e dalla Provincia di Sassari nell’ambito del procedimento.

III. Il ricorso è fondato.

Va rilevata anzitutto la manifesta fondatezza del primo motivo di ricorso.

Due sono gli elementi critici che emergono dall’esame dell’atto conclusivo del procedimento di V.I.A..

Il primo è che nonostante V. abbia ampiamente dedotto in ordine alle motivazioni contenute nel preavviso di diniego, il provvedimento finale si limita ad osservare che "le controdeduzioni formulate dalla società proponente, trasmesse in allegato alla nota pervenuta il 1° luglio 2010 (prot. ADA col. N. 15582 del 2 luglio 2010) non hanno risolto le criticità evidenziate nel corso dell’iter istruttorio e, pertanto, viene confermata la proposta di giudizio negativo con le seguenti motivazioni.."

Ebbene, se è vero che l’art. 10bis, l. n. 241 del 1990, introdotto dall’art. 6, l. n. 15 del 2005, che stabilisce l’obbligo per l’amministrazione nei procedimenti ad istanza di parte del c.d. " preavviso di rigetto ", non impone la puntuale e analitica confutazione delle argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente ai fini della giustificazione del provvedimento adottato la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 23 dicembre 2009, n. 13300) è altrettanto vero che l’assolvimento dell’obbligo, imposto dall’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, di dar conto nella motivazione del provvedimento finale delle ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate a seguito della comunicazione dei motivi ostativi, non può consistere nell’uso di formule di stile che affermino genericamente la loro non accoglibilità, dovendosi dare espressamente conto delle ragioni che hanno portato a disattendere le controdeduzioni formulate (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 08 aprile 2011, n. 933).

Nel caso qui esaminato il difetto di motivazione è manifesto.

V. ha ampiamente e diffusamente confutato le argomentazioni contenute nel preavviso di rigetto.

La nota inviata dalla ricorrente e pervenuta alla Regione in data 1 luglio 2010 conteneva 16 pagine di osservazioni che mettevano in discussione le motivazioni espresse nel preavviso di diniego. A supporto di tali compiute argomentazioni V. presentava copiosa documentazione allegata (documento n. 14 produzioni della ricorrente). Nonostante tutto questo, il provvedimento regionale impugnato si limita, come sopra precisato, ad osservare che tali argomentazioni non sono, in sostanza, idonee a far mutare avviso all’Amministrazione in ordine al giudizio negativo di compatibilità ambientale.

Non è dato conoscere alla ricorrente e, a questo Giudice, il perché di tale decisione.

Il vizio dedotto dalla ricorrente con il primo motivo è, come già osservato, manifesto.

Tanto basterebbe per l’accoglimento del ricorso.

Ma la pretesa della ricorrente è fondata anche sotto ulteriori e differenti profili.

Il provvedimento finale reca una motivazione che in parte non coincide con le motivazioni indicate nel preavviso di diniego.

In particolare laddove si legge "l’intervento, ricadente in ambito di paesaggio costiero, interrompe e altera l’assetto e l’equilibrio, ormai consolidati da decenni, tra paesaggio naturale e paesaggio agrario; 4. La realizzazione del progetto impedirebbe, per la durata dell’impianto stimato in 30 anni, l’utilizzo produttivo agricolo – zootecnico di una superficie irrigua, risorsa estremamente limitata nell’ambito del territorio regionale; 6. non è supportato da riscontri analitici e dati ufficiali quanto sostenuto dal proponente circa lo stato d’inquinamento dell’area e la scarsa qualità dei suoli, che qualificherebbe la stessa come inidonea all’attività agricola", l’Amministrazione introduce nuovi rilevanti argomenti a supporto della propria posizione volta ad esprimere il diniego all’intervento proposto da V. s.r.l. senza che la stessa abbia, sul punto, potuto in qualche modo controdedurre.

Il Collegio ricorda che anche se non deve sussistere un rapporto di identità, tra il preavviso di rigetto e la determinazione conclusiva del procedimento, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto dei due atti, ben potendo la pubblica amministrazione ritenere, nel provvedimento finale, di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche, occorre però che il contenuto sostanziale del provvedimento conclusivo di diniego si inscriva nello schema delineato dalla comunicazione ex art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, esclusa ogni possibilità di fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoprocedimentale, dato che altrimenti l’interessato non potrebbe interloquire con l’amministrazione anche su detti profili differenziali né presentare le proprie controdeduzioni prima della determinazione conclusiva dell’ufficio (in tal senso, da ultimo T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 27 aprile 2011, n. 763).

Anche sotto tale profilo, quindi, il primo motivo di ricorso è fondato.

Il secondo motivo di ricorso è anch’esso fondato.

In particolare sono condivisibili le argomentazioni esposte dalla ricorrente laddove si fa riferimento al fatto che la motivazione fornita dall’Amministrazione a sostegno del diniego espresso è del tutto generica.

Un punto è particolarmente significativo.

L’impianto fotovoltaico proposto non può ritenersi in contrasto con l’impianto consortile di irrigazione del quale è dotata la zona oggetto dell’intervento.

Le opere irrigue potranno continuare ad essere utilizzate per tutti i terreni compresi nell’ambito del Consorzio della Nurra senza che l’occupazione di una parte di essi con un parco fotovoltaico possa vanificare la loro funzione.

Il terzo motivo di ricorso è fondato.

Il provvedimento impugnato recita: "l’intervento insiste su un’area ad utilizzazione agro forestale, così come definita ed individuata dal Piano paesaggistico regionale, non è stata dimostrata la rilevanza pubblica, economica e sociale dell’opera e l’impossibilità di localizzazioni alternative".

L’art. 29 del Piano paesaggistico regionale dispone che "la pianificazione settoriale e locale si conforma alle seguenti prescrizioni:

vietare trasformazioni per destinazioni e utilizzazioni diverse da quelle agricole originarie di cui non sia dimostrata la rilevanza pubblica economica e sociale e l’impossibilità di localizzazione alternativa..".

Ebbene, è da rilevare quanto segue:

l’art. 29 del PPR si rivolge alla pianificazione settoriale e locale e non ha, quindi, portata immediatamente precettiva; in altre parole non è quella disposizione che può essere utilizzata a sostegno di un diniego che, risolvendosi in una grave limitazione dell’iniziativa economica privata, deve essere adottato sulla base di puntuali tipizzazioni ed individuazioni degli immobili o delle aree sottoposte a specifica disciplina di salvaguardia e di utilizzazione;

il riferimento alla mancata dimostrazione della rilevanza pubblica, economica e sociale dell’opera è del tutto generico; è sufficiente rilevare che è la stessa disciplina di fonte primaria a collocare le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti tra quelle di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti; è pertanto evidente che tale dimostrazione "in concreto" è superata da quella effettuata in via generale e astratta dalla legge; l’impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile è di pubblica utilità e, compito dell’Amministrazione, è quello di valutare se esso sia compatibile con l’ambiente ed assentibile a conclusione del procedimento previsto dall’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003;

in ordine alla impossibilità di localizzazione alternativa del parco fotovoltaico il Collegio rileva che in sede di osservazioni a seguito della ricezione del preavviso di diniego V. s.r.l. ha prodotto una apposita relazione a firma dell’architetto Manto nella quale si dà espressamente conto della impossibilità di localizzazione alternativa dell’intervento.

Il quarto motivo di ricorso è anch’esso fondato.

In particolare sono condivisibili le argomentazioni esposte dalla ricorrente laddove si fa riferimento al fatto che la motivazione fornita dall’Amministrazione a sostegno del diniego espresso è talmente generica da poter essere applicata a qualsiasi progetto da sottoporsi a valutazione di impatto ambientale.

Due sono gli elementi critici che emergono dall’esame degli atti.

Il primo è che l’argomento secondo cui "l’intervento, ricadente in ambito paesaggistico costiero, interrompe e altera l’assetto e l’equilibrio, ormai consolidati da decenni, tra paesaggio naturale e paesaggio agrario" non risulta dal preavviso di diniego.

Il secondo è che tale motivazione è del tutto generica e non tiene conto per nulla che nello studio di impatto ambientale prodotto insieme all’istanza di V.I.A. V. aveva inserito uno studio di intervisibilità. In nessuna parte del provvedimento impugnato risulta che si sia tenuto conto in alcun modo di tale documento che pure, rappresentava una realtà ben differente rispetto a quella (del tutto genericamente) rappresentata dall’Amministrazione.

Il quinto motivo di ricorso è fondato.

Si legge nel provvedimento gravato che "la realizzazione del progetto impedirebbe, per la durata della vita dell’impianto stimata in 30 anni, l’utilizzo produttivo agricolo – zootecnico di una superficie irrigua, risorsa estremamente limitata nell’ambito regionale".

E’ fondata la censura che ravvisa sotto questo profilo un difetto di istruttoria e un travisamento dei presupposti di fatto.

Anche in questo caso è del tutto mancata una considerazione dei documenti presentati dalla ricorrente.

L’affermazione poi, secondo cui la realizzazione del progetto impedirebbe per la durata di vita dell’impianto stimata in 30 anni, l’utilizzo produttivo agricolo – zootecnico di una rilevante superficie agricola, è totalmente avulsa dagli atti del procedimento e, condividendo in tal senso il Collegio le argomentazioni svolte dalla ricorrente, appare resa a prescindere dal reale stato in cui versano i terreni oggetto del prospettato intervento.

Il sesto motivo di ricorso è fondato.

Sono condivise dal Collegio le argomentazioni della ricorrente con le quali si stigmatizza l’erroneità in fatto del provvedimento impugnato.

Il provvedimento gravato recita: "non sono stati forniti dati oggettivi relativi agli effetti nel lungo periodo sulla componente pedologica ed agronomica".

Alle osservazioni presentate da V. è stata allegata una relazione agronomica dalla quale si evince una realtà ben differente rispetto a quella affermata dall’Amministrazione in modo del tutto apodittico; alle dettagliate argomentazioni contenute nella suddetta relazione, la Regione nulla ha opposto;

alle osservazioni è stata allegata una relazione pedologica; anche su questa la Regione tace.

Le censure contenute nel sesto motivo di ricorso sono, in definitiva, fondate.

Il settimo motivo di ricorso è fondato.

Sono condivise dal Collegio le argomentazioni della ricorrente con le quali si stigmatizza l’erroneità in fatto del provvedimento impugnato.

Il provvedimento recita: "non è supportato da riscontri analitici e dati ufficiali quanto sostenuto dalla società proponente circa lo stato d’inquinamento dell’area e la scarsa qualità dei suoli, che qualificherebbero la stessa come inidonea all’attività agricola".

In realtà l’Amministrazione ha, nella sostanza, del tutto ignorato, o perlomeno non ne ha dato in alcun modo conto, le osservazioni di V. ed in particolare quanto contenuto nella relazione agronomica. Fondatamente, quindi, la ricorrente richiama le argomentazioni contenute nel sesto motivo di ricorso.

La ricorrente afferma, senza essere smentita dal provvedimento impugnato, che il terreno interessato dalla localizzazione dell’impianto è caratterizzato da un grave stato di inquinamento e cita tra le proprie fonti di documentazione il POR Sardegna 2000 – 2006.

Anche su questo punto, quindi, la Regione non motiva. Afferma invece, in modo del tutto apodittico ed in totale contraddizione rispetto alle risultanze documentali che quanto sostenuto dalla ricorrente "non è supportato da riscontri analitici e dati ufficiali".

Anche l’ottavo motivo di ricorso è fondato.

Il provvedimento gravato recita: "gli impatti connessi alla realizzazione delle opere e relativi alla sottrazione di una rilevante superficie agricola irrigua e all’interruzione di attività produttive agro zootecniche esistenti, con sono controbilanciati da evidenti vantaggi sul territorio sotto il profilo socio economico".

V. ha controdedotto al riguardo ma l’Amministrazione nulla ha opposto non tenendo in alcuna considerazione le argomentazioni dell’istante e concludendo il procedimento con un diniego dal contenuto del tutto avulso dalle risultante dell’istruttoria.

Le censure contenute nel nono e nel decimo motivo di ricorso possono essere assorbite in quanto la pretesa della ricorrente è soddisfatta dall’accoglimento dei motivi sopra esaminati.

Il ricorso deve, in definitiva, essere accolto siccome fondato.

IV. Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così decide:

1) dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero per i Beni e le attività culturali;

2) accoglie il ricorso e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Condanna la Regione autonoma della Sardegna alle spese del presente giudizio in favore della ricorrente che liquida in Euro 5.000/00 (cinquemila/00) oltre I.V.A., C.P.A e restituzione contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Maggio, Presidente FF

Grazia Flaim, Consigliere

Gianluca Rovelli, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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