Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-01-2012, n. 1373 Danno biologico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.G. in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore C.C. convenne dinanzi al Tribunale di Firenze La Fondiaria Assicurazioni, Mo.Re.

T. ed M.A. chiedendo il risarcimento dei danni che asseriva di aver subito a seguito dell’incidente stradale nel quale l’auto condotta dal Mo. e di proprietà del M., nel corso di una manovra di sorpasso, aveva invaso l’opposta corsia venendo a collisione con altra auto condotta da Ci.Al. che decedeva mentre la sua vettura diveniva un rottame.

Si costituiva in giudizio la sola compagnia assicuratrice.

Il Tribunale di Firenze riconosceva la responsabilità del Mo. nella causazione del sinistro e liquidava il danno patrimoniale in L. 200.000.000, il danno morale per la ricorrente in proprio e nella qualità in L. 360.000.000 prò capite, in L. 20.000.000 per spese funerarie e in L. 10.000.000 per l’auto.

Venivano rigettate la domanda relativa al danno biologico sia iure proprio che iure successionis, quella relativa al danno edonistico e la rifusione delle spese liquidate in sede penale, da addossare all’assicurazione.

Proponeva appello V.G. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della figlia minore criticando l’impugnata sentenza perchè: aveva liquidato il danno morale in L. 360.000.000, sia per lei che per la figlia, attenendosi alla tabelle e non alle peculiarità del caso concreto; aveva liquidato il danno patrimoniale in L. 200.000.000 senza indicare il procedimento seguito ed in misura esigua; aveva negato la liquidazione del danno biologico iure hereditatis benchè la morte non fosse sopraggiunta immediatamente;

aveva escluso il danno biologico subito da lei e dalla figlia senza fare ricorso ad una c.t.u.; non aveva riconosciuto il danno edonistico; non aveva riconosciuto le spese sostenute nel processo penale; aveva erroneamente liquidato rivalutazione e interessi su quanto dovuto.

La Fondiaria si costituiva resistendo e chiedendo la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del grado.

La Corte d’appello accoglieva il motivo sulla condanna dell’assicurazione al pagamento delle spese penali e rigettava le altre censure.

Propone ricorso per cassazione V.G. con un unico, articolato motivo.

Resiste con controricorso Fondiaria Sai Assicurazioni s.p.a..

In udienza l’Avv. Candiani ha chiesto l’integrazione del contraddittorio.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo del ricorso V.G. denuncia "Violazione dell’art. 360, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c.".

Il motivo si conclude con i seguenti quesiti.

1) Dica la Corte Suprema se la regula iuris imponga al giudice del merito di valutare complessivamente il pregiudizio determinato dall’evento lesivo quale che sia il nome o la categoria attribuitagli nella richiesta risarcitoria ovvero possa disattendere tale compito limitandosi alla negazione ontologica quale che sia la forma della tipologia di nocumento lamentata dal danneggiato dall’evento mortale e senza alcuna verifica concreta della dedotta lesione da considerare unitariamente come statuito dalla Corte Suprema. Dica la Corte Suprema se nella determinazione della globale entità del danno non patrimoniale la regula iuris imponga di non considerare affatto la perdita del rapporto parentale in conseguenza della morte del congiunto con la definitiva perdita di tale rapporto ed in particolare quando ciò si verifichi per persone in giovane e giovanissima età ovvero ciò si possa omettere come ha disposto la Corte fiorentina. Nella complessiva trattazione del danno morale nella nuova configurazione datane dalle S.U. della Corte Suprema debbono redigersi ulteriori quesiti in merito alle censure proposte:

Dica la Corte Suprema se la regula iuris in materia di liquidazione del danno morale soggettivo debba imporre al giudice del merito di valutare autonomamente senza far ricorso alle c.d. tabelle in uso presso i Tribunali senza alcun esercizio del potere discrezionale ed equitativo per adeguare al caso concreto la determinazione delle entità risarcitorie ovvero tale comportamento sia del tutto legittimo non dovendo il giudice del merito rispondere nè alle deduzioni nè alle censure svolte nel giudizio da parte della vittima persona offesa che pure aveva indicato specificamente le sue sofferenze patemi e depressione derivati dall’evento mortale che aveva colpito il marito e aveva inibito alla figlia di avere la presenza e vicinanza del padre e se una tale motivazione si sottragga alla censura di apparenza ed apoditticità per la Corte fiorentina che si è limitata a confermare la valutazione seguita dal Tribunale;

Dica la Corte Suprema se la regula iuris imponga al giudice di applicare una equità circostanziata e ponderata per renderla adeguata alle condizioni fisiche e psichiche del superstiti in caso di decesso della vittima dell’evento lesivo ovvero consenta di applicare le c.d. tabelle senza nulla dedurre in merito trattando automaticamente il valore del danno morale senza alcun riferimento al totale risarcimento del danno effettivamente subito quando come nel caso che ne occupa la vittima ed i superstiti sono ed erano in giovane e giovanissima età e la moglie ha visto ed assistito al trauma mortale;

Dica la Corte Suprema se la regula iuris derivata dalle S.U. indicate imponga al giudice, anche se intervenuta medio tempore ma prima della definizione della causa, di motivare perchè richiesto, sulla nuova configurazione del danno morale ovvero del danno complessivo extrapatrimoniale rispondendo alle sollecitazioni degli scritti difensivi ovvero possa lecitamente sottrarsi all’obbligo motivazionale come ha in effetti fatto la Corte fiorentina.

Il quesito è inammissibile.

A norma dell’art. 366 bis c.p.c., la formulazione dei quesiti in relazione a ciascun motivo del ricorso deve infatti consentire in primo luogo la individuazione della regula iuris adottata dal provvedimento impugnato e, poi, la indicazione del diverso principio di diritto che il ricorrente assume come corretto e che si sarebbe dovuto applicare, in sostituzione del primo; è palese che la mancanza anche di una sola delle due predette indicazioni rende inammissibile il motivo di ricorso. In difetto di tale articolazione logico giuridica il quesito si risolve in una astratta petizione di principio o in una mera riproposizione di questioni di fatto con esclusiva attinenza alla specifica vicenda processuale o ancora in una mera richiesta di accoglimento del ricorso come tale inidonea a evidenziare il nesso logico giuridico tra singola fattispecie e principio di diritto astratto oppure infine nel mero interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nella esposizione del motivo (Cass. 26 gennaio 2010, n. 1528, specie in motivazione, nonchè Cass., sez. un., 24 dicembre 2009, n. 27368).

Nella specie il quesito contiene plurime censure prolisse e contorte e non si attiene ai suddetti criteri.

Si deve peraltro osservare che il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Ne consegue che è inammissibile, perchè costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d. estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale (Cass., 11 novembre 2008, n. 26972).

L’impugnata sentenza ha tenuto conto non solo delle peculiarità del caso concreto ma ha anche tenuto conto della lesione del diritto alla famiglia nella sua integrità liquidando il danno morale nella misura massima sia per la ricorrente che per la di lei figlia.

2) Dica la Suprema Corte se la regula iuris per determinare il criterio da seguire nella identificazione del reddito di artista o professionista in giovane età possa prescindere dal giudizio prognostico sui riscontri probatori in atti iuxta alligata et probata come indica la Corte territoriale ovvero tali riscontri probatori debbano essere valutati al fine di raggiungere una valutazione equitativa legittima atteso il sicuro miglioramento reddituale di persona deceduta all’età di 32 anni musicista concertista e professore di musica in scuola media superiore;

Dica la Corte Suprema se il giudice nella determinazione del reddito sul quale effettuare il calcolo delle somme afferenti le posizioni reciproche di moglie trentenne e di figlia di poco più di un anno possa prescindere dalla durata del mantenimento gravante sul soggetto deceduto ovvero la regula iuris impone di rendere conto con ampia ed esauriente motivazione sul criterio seguito e sul calcolo effettuato non solo sul reddito reale o probabile del de cuius ma anche e soprattutto sulla durata dell’obbligo di mantenimento protratto per tutto il periodo di tempo necessario per il rispetto di tale obbligo legale ovvero possa prescindere del tutto come ha fatto la Corte territoriale limitandosi a congetturale ed apodittica motivazione.

3) Dica la Corte se è conforme alla regula luris la necessità di considerare e valutare ai fini risarcitori integrali le invalidazione totale che segua alla morte intervenuta successivamente alle fatali lesioni della vittima e se tale danno conseguente debba essere liquidato agli eredi del de cuius ovvero se come ha sostenuto la Corte fiorentina tale diritto non sia affatto consacrato ed è di conseguenza trasmissibile agli eredi.

4) Dica la Corte Suprema se per la verifica della sussistenza del danno biologico iure proprio il giudice debba procedere unicamente mediante la nomina di un CTU e sulla base di certificazioni mediche attestanti le sofferenze fisico-psichiche come indicato dalla Corte Fiorentina ovvero la regula iuris imponga di verificare e valutare non solo i riscontri oggettivi risultanti dagli atti processuali ma altresì e non in surrogazione gli elementi indiziari e le nozioni di comune esperienza nel caso concreto sottoposto all’esame del giudice del merito per addivenire ad un legittimo e giusto giudizio sul danno nel suo complesso determinato e valutato.

I quesiti sono inammissibili.

Alla luce di una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice il quesito di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c. (nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4) deve infatti costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere a esso con la enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

In altri termini, la Corte di cassazione deve poter comprendere dalla lettura dal solo quesito, inteso come sintesi logico giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice del merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare.

La ammissibilità del motivo, in conclusione, è condizionata alla formulazione di un quesito, compiuta e autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisce necessariamente il segno della decisione (Cass., sez. un., 25 novembre 2008, n. 28054; Cass. 7 aprile 2009, n. 8463).

Nel caso in esame i quesiti non si attengono ai criteri appena esposti.

Si deve peraltro osservare che le censure formulate da parte ricorrente deducono questioni di fatto insindacabili in sede di legittimità.

Quanto alla richiesta integrazione del contraddittorio si deve rilevare che l’inammissibilità del ricorso esime da tale integrazione.

Nel giudizio di cassazione infatti il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio (Cass., 22 marzo 2010, n. 6826).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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