Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-07-2011) 23-09-2011, n. 34554

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’ambito del procedimento penale a carico di V.G. il GIP presso il Tribunale di Ravenna, in data 07.06.2010, emetteva il decreto di sequestro preventivo sulla somma di Euro 22.500, 00 depositata sul C/C n. (OMISSIS) acceso su UNICREDIT Private Banking, filiale di Ravenna, intestato alla medesima, perchè indagata ex art. 646 c.p. per essersi appropriata di somme depositate sul C/C intestata alla madre, B.P., subito dopo la morte della stessa, all’insaputa ed in danno dei coeredi V.M.L. (querelante) e V.G.;

il sequestro veniva disposto per evitare che il reato venisse portato ad ulteriori conseguenze con la dispersione di quanto sottratto dall’indagata;

il Tribunale per il riesame di Ravenna, investito del reclamo, confermava il sequestro;

ricorre per cassazione l’indagata V.G. a mezzo del Difensore di fiducia:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e).

1)-La ricorrente censura l’ordinanza per omessa ed illogica motivazione avendo ritenuto ancora sussistente il pregiudizio per la parte offesa nonostante che risultino attualmente depositate sul conto della "de cuius" somme pere oltre Euro 80.000; il Tribunale avrebbe errato nel mancare di considerare che tali denari confluiranno nell’asse ereditario e potranno coprire la quota spettante "ex lege" alla persona offesa;

-la ricorrente lamenta che il Tribunale abbia omesso di verificare l’attualità del pregiudizio, atteso che non vi sono più possibilità per aggravare o protrarre le conseguenze del reato;

CHIEDE l’annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono palesemente infondati.

Quanto ai motivi relativi al merito del sequestro preventivo va subito evidenziato che lo stesso appare emesso nell’ambito dei criteri dettati dall’art. 321 c.p.p., atteso che il GIP ha motivato in ordine al "fumus" dei reati contestati, richiamando i dati fattuali su cui si fondava l’imputazione, essendo certo che l’indagata si è appropriata delle somme ricadenti nell’asse ereditario in epoca anteriore al rilascio della procura da parte della querelante ed all’insaputa della stessa;

la ricorrente appunta le censure sul requisito dell’attualità, osservando che, allo stato, le ragioni di pregiudizio sarebbero cessate con l’avvenuto deposito di somme sul C/C della "de cuius" sicchè attualmente vi è un saldo attivo di oltre Euro 80.000, circostanza di cui da conto anche il Tribunale;

Il motivo è infondato atteso che il Tribunale ha ritenuto – sia pure con motivazione indiretta – che, allo stato, non sia raggiunta la prova che le somme depositate sul conto della "de cuius" possano soddisfare integralmente le ragioni ereditarie della querelante sicchè permanga l’attualità della necessità della dispersione della somme sequestrate e provenienti dal reato.

In materia di misura cautelare reale il ricorso per cassazione è limitato, ex art. 325 c.p.p., al vizio di violazione di legge che, per quanto riguarda la motivazione, ricorre solo nel caso di totale omissione o di illogicità manifesta.

Nella specie la motivazione non è omessa nè illogica, anche per quanto riguarda il requisito dell’attualità, avendo il Tribunale sottolineato, sia pure sinteticamente, che l’avvenuta variazione del saldo del conto corrente della "de cuius" non esclude il pregiudizio per gli altri coeredi; valutazione niente affatto illogica in questa fase preliminare ove le rispettive posizioni di dare ed avere non sono ancora concretamente e definitivamente delineate; senza considerare che il motivo sulla sufficienza degli importi depositati sul conto bancario è generico, in quanto meramente enunciativo ma privo di ogni sostegno.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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