Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-07-2011) 23-09-2011, n. 34553 Frode nell’esercizio del commercio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’ambito del procedimento penale a carico di Y.J. indagato unitamente ad altri soggetti di nazionalità cinese ( Z.C. – Z.H. – W.C. – J.J. – W.Y.) per il reato di associazione per delinquere ( art. 416 c.p.) oltre che per i reati-fine: – di ricettazione ( art. 648 c.p.) – introduzione e commercio di beni con marchi contraffati ( artt. 473 e 474 c.p.), il GIP presso il Tribunale di Roma, in data 13.10.2010 emetteva il decreto di sequestro preventivo sull’autovettura "Porche" tg.

(OMISSIS) di proprietà dello Y.;

l’indagato proponeva impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Roma respingeva il ricorso con ordinanza del 12.11.2010;

ricorre per cassazione lo Y. a mezzo del Difensore di fiducia:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d).

1)-Con il primo motivo, il ricorrente censura l’ordinanza per avere ritenuto l’autovettura in sequestro quale illecito profitto dell’attività criminosa contestata e dunque assoggettabile a confisca obbligatoria ex art. 474 bis c.p., senza illogicamente considerare che l’indagato non aveva ricavato alcun reddito dai beni oggetto dei precedenti sequestri, secondo l’accusa recanti marchi contraffatti e che, in ogni caso, mancava il nesso di pertinenzialità tra il bene ed i reati contestati; CHIEDE l’annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono palesemente infondati.

Quanto ai motivi relativi al merito del sequestro preventivo va subito evidenziato che lo stesso appare emesso nell’ambito dei criteri dettati dall’art. 321 c.p.p., atteso che il GIP ha motivato in ordine al "fumus" del reato di cui agli artt. 473 e 474 c.p., richiamando:

– le indagini di PG;

– i numerosi sequestri di merce con il marchio contraffatto;

– le dichiarazioni dello stesso indagato, oltre che: – il consistente capitale dal medesimo accumulato quale evidente conseguenza dei traffici illeciti;

Del tutto correttamente il Tribunale per il riesame ha ritenuto corretto il provvedimento perchè fondato su adeguata motivazione in ordine al "fumus" del delitto contestato, ricavabile dalle circostanze sopra evidenziate e congruamente valorizzate nell’ordinanza impugnata;

si tratta di una motivazione del tutto sufficiente atteso che tra i presupposti di ammissibilità del sequestro preventivo non c’è nè la fondatezza dell’accusa nè la colpevolezza dell’imputato, ma l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, sicchè l’indagine che il GIP deve compiere sulla "gravità indiziaria" è circoscritta alle cautele rese necessarie allo stato delle indagini, valutabili in termini complessivi all’esito della conclusione dell’attività investigativa. (Cassazione penale sez. 2 15 ottobre 2008 n. 40425).

Sulla scorta di tali principi, la verifica del Tribunale del riesame sulle condizioni di legittimità della misura cautelare non deve tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito riguardante la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi.

(Cassazione penale, sez. 4 06 novembre 2008 n. 47032).

Patimenti infondato è il motivo sulla mancanza di un nesso di pertinenzialità tra il bene sequestrato (la vettura "Porche") ed il reato contestato, atteso che nella specie è stato applicato l’art. 474 bis c.p. che prevede come obbligatoria la confisca delle cose che sono il profitto del reato ovvero, quando ciò non sia possibile, dei beni del quale il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente al profitto.

Nell’ambito della confisca per equivalente la Giurisprudenza di legittimità ha osservato che tale istituto è finalizzato a superare gli ostacoli per l’individuazione dei beni in cui si "incorpora" il profitto iniziale (Cass. Pen. SS UU 25.06.2009 n. 38691).

L’ordinanza impugnata ha chiarito con percorso logico motivazionale non censurabile che il valore del veicolo sequestrato, notoriamente elevato, era del tutto inconciliabile con il modesto reddito denunciato dall’indagato risultando, invece, quale diretta derivazione del profitto dei traffici illeciti facenti capo all’indagato;

nè viene dedotto che il valore del bene sequestrato sia eccedente rispetto al profitto del reato (Cass. Pen. Sez. 6, 23.11.2010 n. 45504) che, anzi, dalla ordinanza impugnata, risulta essere assai più elevato.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000, 00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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