T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 11-10-2011, n. 1540 Demolizione di costruzioni abusive Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. A seguito di esposto presentato in data 7 maggio 2009, l’Ufficio tecnico del Comune di Casaleone ha effettuato, in data 13 maggio 2009, unitamente ad agenti del Comando della Polizia Municipale, un sopralluogo su un’area sita in via Oppi e catastalmente censita al foglio n. 5, mappale n. 462, in proprietà di Angela Pasetto e da questa locata a F.D., titolare dell’omonima impresa, che svolge attività di autotrasporto merci per conto terzi.

B. Nel relativo verbale del 20 maggio 2009, sono state descritte le opere accertate e, segnatamente: la pavimentazione con materiale inerte; la realizzazione di un piazzale con piano carrabile in macadam; la pavimentazione in calcestruzzo di una porzione di circa 79,90 del medesimo piazzale.

Nel corso del sopralluogo, inoltre, è stata riscontrata la presenza, sul pavimento in calcestruzzo, di due cisterne, una contenente gasolio ed una additivo per gasolio da autotrazione, oltre ad un manufatto prefabbricato in legno nonché di un punto di presa per l’acqua utilizzata per il lavaggio, di un rubinetto per acqua utilizzato per il lavaggio degli automezzi, di una presa per la corrente elettrica e di una rete di raccolta delle acque.

C. Con nota del 18 maggio 2009, l’amministrazione comunale ha comunicato alla proprietaria dell’immobile ed al conduttore, l’avvio del procedimento sanzionatorio, al quale ha fatto seguito, il successivo 6 luglio, l’adozione dell’ordinanza di demolizione.

D. Acquisito l’assenso della proprietaria, F.D. ha presentato, in data 7 agosto 2009, una denuncia di inizio attività in sanatoria, ai sensi dell’art. 37, commi 4 e 5 del D.P.R. n. 380 del 2001, in relazione alla quale l’amministrazione comunale, con provvedimento del 1° settembre 2009, si è espressa negativamente, evidenziando che "l’attività edilizia oggetto di sanatoria rientra nell’ipotesi prevista dal DPR 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. e.7".

E. F.D. ha, dunque, presentato in data 10 settembre 2009, una nuova domanda di sanatoria relativa ad "opere al contenitore/distributore di gasolio e realizzazione di un piazzale in macadam".

F. Con provvedimento del 2 ottobre 2009, il responsabile del settore edilizia privata ha espresso parere contrario alla sanatoria ed ha comunicato il preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, al quale ha fatto seguito, in data 15 ottobre 2009, la presentazione da parte del D. delle proprie osservazioni.

G. Successivamente, in data 26 ottobre 2009, l’amministrazione ha adottato sia il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria sia l’ordinanza di demolizione delle opere abusive contestate.

H. Avverso i suddetti provvedimenti, impugnati con il ricorso introduttivo del presente giudizio, è stata dedotta un’unica articolata censura.

I. La difesa del ricorrente, infatti, ha censurato il vizio di eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti, illogicità, irragionevolezza ed erronea applicazione delle N.T.A. del P.R.G.; ciò in quanto il piazzale realizzato dal D. si trova in una zona integralmente urbanizzata, con la conseguenza che, pur trattandosi di area parzialmente inserita nella Z.T.O. C2, non era necessaria l’approvazione del piano urbanistico attuativo previsto dalla disciplina comunale, anche considerando che gli interventi eseguiti sono di modesta entità e non interferiscono con la viabilità esistente e con quella che dovrebbe realizzarsi. Viene, inoltre, rilevato che in base alla disciplina urbanistica ed edilizia applicabile alla fattispecie, le attività terziarie, tra le quali l’artigianato di servizio, sono pienamente ammesse e che, peraltro, le opere contestate sono estranee all’attività di lavaggio e sosta dei mezzi di trasporto, essendo esclusivamente funzionali all’erogazione del carburante ed alle operazioni accessorie.

L. Successivamente, in data 21 aprile 2010, l’amministrazione comunale ha adottato anche il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, con il quale è stata disposta l’immissione in possesso e l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area interessata dalle opere abusive.

M. Il suddetto provvedimento è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 16 luglio 2010, con il quale sono state dedotte le seguenti censure:

– violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, in relazione alla cisterna per il gasolio, regolarmente installata a seguito di D.I.A., la quale, dunque, del tutto illegittimamente è stata inserita nella planimetria allegata al provvedimento, al pari del manufatto prefabbricato in legno, demolito spontaneamente prima dell’adozione del provvedimento di accertamento dell’inottemperanza;

– eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficienza di motivazione, illogicità e irragionevolezza, non essendo stato esplicitato il meccanismo di calcolo seguito per la determinazione dell’area da acquisire;

– illegittimità derivata da quella del provvedimento di diniego di sanatoria e di demolizione, gravati con il ricorso introduttivo.

N. Il Comune di Casaleone si è costituito in giudizio, concludendo per la reiezione del ricorso introduttivo e di quello per motivi aggiunti, in quanto infondati.

O. Con ordinanza n. 625/2010, questa Sezione ha accolto la domanda cautelare, esclusivamente in ragione del periculum.

P. All’udienza del 19 maggio 2011, i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive conclusioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso introduttivo è infondato.

1.1 Con un unico articolato motivo di ricorso è stato dedotto il vizio di eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti, illogicità, irragionevolezza ed erronea applicazione delle N.T.A. del P.R.G..

Ciò in quanto, secondo le prospettazioni di parte ricorrente, il piazzale realizzato dal D. si trova in una zona integralmente urbanizzata, con la conseguenza che, pur trattandosi di area in parte inserita nella Z.T.O. C2, non era necessaria l’approvazione del piano urbanistico attuativo previsto dalla disciplina comunale, anche considerando che gli interventi eseguiti sono di modesta entità e non interferiscono con la viabilità esistente e con quella che dovrebbe realizzarsi. Viene, inoltre, rilevato che in base alla disciplina urbanistica ed edilizia applicabile alla fattispecie, le attività terziarie, tra le quali l’artigianato di servizio, sono pienamente ammesse e che, peraltro, le opere contestate sono estranee all’attività di lavaggio e sosta dei mezzi di trasporto, essendo esclusivamente funzionali all’erogazione del carburante ed alle operazioni accessorie.

1.2 Il Collegio evidenzia, preliminarmente, che il consolidato principio secondo il quale va esclusa la necessità di strumenti attuativi per il rilascio di concessioni in zone già urbanizzate, è applicabile solo in quei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia sostanzialmente incompatibile con un piano attuativo, ma non anche nell’ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora definendo "ex novo" un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l’urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all’edificazione).

1.3 Dalla documentazione versata in atti emerge che le opere contestate sono state realizzate prevalentemente in un’area inserita nella Z.T.O. C2 a destinazione prevalente residenziale e, allo stato, non urbanizzata.

1.4 Nello specifico, ai sensi dell’art. 167 delle N.T.A. del P.R.G., "la caratterizzazione funzionale della zona è garantita dalla prevalenza dell’uso residenziale in misura sempre superiore all’80% del volume previsto dalle norma tecniche di attuazione del piano attuativo o della convenzione" (all. 15 delle produzioni documentali di parte ricorrente, depositate il 16 aprile 2010).

1.5 Nella fattispecie oggetto di giudizio, contrariamente a quanto rilevato dalla difesa del ricorrente, non emerge la sussistenza di un grado di edificazione e urbanizzazione dell’area interessata dall’intervento tale da indurre a ritenere la predisposizione del piano attuativo un inutile aggravio all’esercizio dello jus aedificandi da parte del privato.

1.6 La difesa del ricorrente, infatti, non ha fornito neanche un principio di prova in merito alla completa urbanizzazione dell’area interessata dall’intervento inserita nella Z.T.O. C2, non potendosi, a tal fine, ritenere sufficiente la documentazione prodotta; ciò anche considerando che il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria gravato, adeguatamente esplicita i giustificativi alla base della determinazione assunta, rilevando non solo il contrasto con la disciplina edilizia ed urbanistica comunale (cfr. all. 15 delle produzioni di parte resistente) ma anche la consistente trasformazione edilizia dell’area conseguente agli interventi abusivi, l’incidenza sulla viabilità esistente, in ragione del transito di mezzi pesanti su strade non attrezzate, e la compromissione dell’assetto definito, in sede di pianificazione, in relazione all’area in argomento.

1.7 Né è possibile desumere, contrariamente a quanto evidenziato dalla difesa del ricorrente, dalla documentazione fotografica prodotta dall’amministrazione comunale (all. 16) elementi a sostegno della compiuta urbanizzazione dell’area, in quanto da tale documentazione non emerge affatto un quadro completo del contesto interessato, trattandosi di reperti fotografici realizzati a distanza esigua e, infatti, diretti a comprovare la consistenza dell’attività imprenditoriale svolta dal ricorrente (presenza di numerosi automezzi pesanti ed utilizzazione del piazzale non solo per la sosta ma anche per il lavaggio e la manutenzione).

1.8 Oltre a ciò occorre rilevare che del tutto correttamente e legittimamente l’amministrazione comunale ha rilevato che l’istanza di sanatoria è stata presentata ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n. 380 del 2001, non applicabile alla fattispecie, trattandosi di interventi per i quali non era sufficiente la presentazione della d.i.a., essendo, per contro, necessario il permesso di costruire.

1.9 Per consolidata giurisprudenza, infatti, rientrano nella categoria degli interventi comportanti trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale e, perciò, necessitanti di permesso di costruire, tutte quelle attività, seppur non precipuamente edilizie, idonee a mutare l’assetto urbanistico dei luoghi (cfr., ex multis, Cassazione penale, sez. III, 25 marzo 2010, n. 18543).

1.10 Ciò risulta particolarmente evidente nella fattispecie oggetto di giudizio, considerata la consistenza, anche in termini dimensionali, dell’intervento, la funzionalizzazione allo svolgimento dell’attività imprenditoriale e, dunque, la destinazione ad uso durevole e non meramente transitorio.

1.11. Dall’articolazione del provvedimento gravato, peraltro, emerge che, apprezzabilmente, l’amministrazione ha diffusamente esplicitato i giustificativi posti a fondamento della determinazione assunta, con argomentazioni tali da escludere l’assentibilità della domanda anche ove la stessa fosse stata correttamente presentata ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001.

1.12 Il ricorso introduttivo è, dunque, infondato.

2. Il Collegio deve, a questo punto, procedere all’esame del ricorso per motivi aggiunti, con il quale è stato impugnato il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, che ha disposto anche l’immissione in possesso e l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area interessata dalle opere abusive.

2.1 Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, in relazione alla cisterna per il gasolio, regolarmente installata a seguito di D.I.A., la quale, dunque, del tutto illegittimamente è stata inserita nella planimetria allegata al provvedimento, nella quale vengono rappresentate le aree da acquisire; ciò al pari del manufatto prefabbricato in legno, demolito spontaneamente dal ricorrente prima dell’adozione del provvedimento di accertamento dell’inottemperanza.

2.2 La censura è fondata.

2.3 Come evidenziato anche di recente dalla giurisprudenza, la sanzione della perdita della proprietà per inottemperanza all’ordine di remissione in pristino, pur essendo definita come una conseguenza di diritto dall’art. 31 comma 3 del DPR 380/2001, richiede, in ogni caso, un provvedimento amministrativo che definisca l’oggetto dell’acquisizione al patrimonio comunale attraverso la quantificazione e la perimetrazione dell’area sottratta al privato (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 12 ottobre 2009, n. 1741).

2.4 Per l’individuazione dell’area da acquisire, il provvedimento gravato rinvia all’allegata planimetria, nella quale tutta l’area interessata dagli interventi e, dunque, dalla conseguente acquisizione è stata evidenziata in giallo, senza considerare che la cisterna e la pavimentazione in calcestruzzo su cui poggia erano state realizzate sulla base di un regolare titolo edilizio e che il manufatto in legno era stato demolito prima dell’accertamento dell’inottemperanza.

3. Con il secondo motivo di ricorso è stato dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficienza di motivazione, illogicità e irragionevolezza, non essendo stato esplicitato il meccanismo di calcolo seguito per la determinazione dell’area da acquisire.

3.1 La censura è infondata.

3.2. Il Collegio evidenzia, infatti, che, nella fattispecie, il calcolo effettuato dall’amministrazione è assolutamente chiaro, giacché è stata disposta esclusivamente l’acquisizione dell’area interessata dalle opere abusive, senza alcun incremento.

3.3 L’erronea indicazione della cisterna e relativa pavimentazione oltre che dell’area riferita al manufatto in legno medio tempore demolito non è, dunque, idonea ad inficiare integralmente il provvedimento gravato, il quale è pienamente legittimo in relazione alle opere abusive realizzate dal ricorrente.

4. Dall’accertata legittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo, discende, infine, l’infondatezza dell’ultima censura, con la quale è stato dedotto il vizio di illegittimità derivata.

In conclusione, il ricorso per motivi aggiunti va parzialmente accolto e, per l’effetto, il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza gravato va annullato limitatamente alla parte riferita all’acquisizione dell’area sulla quale insisteva il manufatto prefabbricato demolito ed a quella sulla quale insiste la cisterna.

5. In considerazione della peculiarità della fattispecie e dell’accoglimento solo parziale del ricorso per motivi aggiunti, si ritengono sussistenti giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e delle competenze di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda):

– respinge il ricorso introduttivo;

– accoglie parzialmente il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla, nei termini e nei limiti di cui in motivazione, il provvedimento, prot. n. 4659 del 21 aprile 2010, di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n.35 del 26 ottobre 2009..

Spese e competenze di causa compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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