Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-01-2012, n. 1368

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con sentenza depositata data 16 settembre 2008 il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in parziale accoglimento dell’opposizione, limitò ad Euro 147.075,84 l’efficacia del precetto intimato dalla Banca Monte dei Paschi di Siena a M.C..

Il Tribunale, in esito alla istruttoria del caso, affermò che la Banca aveva richiesto Euro 3.378,34 in eccesso rispetto alla somma dovutale.

2 – Con ricorso notificato il 27 agosto 2009 l’Italfondiario S.p.A., cessionario del credito, chiese la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi. Gli intimati M.C. e Banca Monte dei Paschi di Siena, non hanno espletato attività difensiva.

L’Italfondiario ha presento memoria.

Il ricorso, originariamente avviato alla trattazione in camera di consiglio, è stato rimesso alla pubblica udienza.

Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1.1 – Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 1458 c.c., D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, artt. 14 e 15 e R.D. 16 luglio 1905, n. 646, art. 38.

Si osserva che il Tribunale, nel rideterminare gli interessi di mora dovuti dal mutuatario inadempiente solo sulla quota capitale delle rate scadute, ha recepito le conclusioni del C.T.U. che li ha esclusi sulla quota di interessi corrispettivi, non considerando che nei contratti di mutuo fondiario regolati dal R.D. 16 luglio 1905, n. 645 e dal D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, la notificazione, da parte della banca, di un atto di precetto al mutuatario inadempiente comporta la risoluzione del contratto con il conseguente calcolo degli interessi di mora sull’importo integrale delle rate scadute, comprensivo di quota capitale e quota interessi, oltre che sul capitale residuo.

1.2 – Le argomentazioni a sostegno fanno riferimento ad una C.T.U. nei cui confronti non è stato rispettato il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008). Ormai è certo che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la "specifica" indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

Inoltre il quesito finale prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis) non dimostra la violazione delle norme indicate e si rivela astratto, poichè prescinde dalla motivazione della sentenza impugnata, laddove è ormai jus receptum (confronta, per tutte, Cass. Sez. 3^, n. 19769 del 2008) che il quesito di diritto deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge.

2.1 – Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1224, 1458 c.c., D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, art. 15 e lamenta che il Tribunale abbia statuito che sulla somma dovuta debbono essere corrisposti gli interessi legali dal precetto al saldo, anzichè gli interessi convenzionali.

2.2 – La censura è inammissibile per le stesse ragioni (inadeguatezza del quesito) evidenziate con riferimento alla precedente.

3.1.- Il terzo motivo rappresenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto il Tribunale non ha spiegato le ragioni che l’hanno indotto ad applicare gli interessi legali dalla notifica del precetto al saldo, anzichè quelli convenzionali.

3.2 – La censura omette di specificare se si intenda denunciare omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione.

Peraltro le argomentazioni addotte risultano generiche e il momento di sintesi non è conforme al paradigma delineato dalla giurisprudenza della Corte (confronta Cass. Sez. 3^, n. 8897 del 2008) secondo cui, qualora nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un "quid pluris" rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso.

4. – Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla spese.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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