T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 11-10-2011, n. 1539 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. In data 4 settembre 2001 l’amministrazione comunale ha rilasciato a W.G. ed alla moglie M.L.B. la concessione edilizia avente ad oggetto un intervento di demolizione e nuova costruzione di un annesso rustico.

B. Nello specifico, il suddetto intervento prevedeva la demolizione, in area inserita nella Z.T.O. E2, di un vecchio fabbricato destinato alla vendita di armi e polveri da sparo e la costruzione di un annesso rustico.

C. I lavori hanno avuto inizio in data 11 marzo 2002 ma non sono stati ultimati nei termini, sicché l’amministrazione comunale, con provvedimento del 10 agosto 2006, ha dichiarato la decadenza del titolo edilizio.

D. Secondo quanto rappresentato dal G., i lavori erano stati ultimati "al grezzo" in difformità dal titolo assentito: in particolare, in luogo dell’unico piano previsto dal progetto assentito ne è stato edificato un secondo, con aumento dell’altezza di circa 90 cm. e realizzazione di un nuovo solaio.

E. Medio tempore, con istanza presentata all’amministrazione comunale il 10 dicembre 2004, il G. ha richiesto il condono edilizio per il cambio di destinazione d’uso da accessorio agricolo a residenza di una porzione del piano terra del fabbricato.

F. Con nota del 6 dicembre 2006, l’amministrazione comunale, rilevata la contraddittorietà tra le dichiarazioni riferite alla data di ultimazione delle opere, asseritamente avvenuta il 28 febbraio 2003, ed il progetto edilizio assentito, nel quale era stata dichiarata la destinazione ad annesso rustico del fabbricato, ha sospeso l’istruttoria relativa al procedimento avviato con la domanda di condono ed ha comunicato al G., ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, i suddetti motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, invitandolo a presentare osservazioni.

G. In data 5 gennaio 2007, il G. ha rappresentato che, nei tre anni decorrenti dalla data di inizio dei lavori regolarmente assentiti dall’amministrazione, il fabbricato era stato ultimato al rustico e che l’istanza di condono doveva intendersi riferita sia alla sanatoria degli abusi edilizi commessi sia a quella del cambio di destinazione d’uso, da annesso rustico a residenziale. Su tali basi è stato, dunque, richiesto il riesame della domanda "in modo tale che l’abuso edilizio per il quale ha richiesto il condono venga accolto non con destinazione d’uso residenziale, per la quale viene contestata la mancanza dei requisiti, ma riconducendolo alla tipologia 1, aumento dei superficie e volume con uguale destinazione d’uso del fabbricato regolarmente assentito, cioè annesso rustico, avendone i requisiti dimensionali" (all. 4 delle produzioni documentali di parte ricorrente, depositate in data 4 giugno 2008).

H. In data 10 gennaio 2007, il G. ha presentato, unitamente alla Bellon, una domanda di permesso di costruire in sanatoria, avente ad oggetto gli abusi effettuati, in relazione ai quali, pressoché contestualmente (l’11 gennaio 2007), l’amministrazione comunale ha comunicato l’avvio del provvedimento sanzionatorio.

I. Entrambi i procedimenti di sanatoria – sia quello avviato con la presentazione dell’istanza di condono del 10 dicembre 2004, sia quello avviato con la presentazione della domanda di sanatoria in data 10 gennaio 2007 – sono stati rigettati dall’amministrazione comunale.

L. Avverso il provvedimento di rigetto della domanda di permesso di costruire in sanatoria, adottato in data 6 marzo 2008, il G. ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, deducendo le seguenti censure:

– violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per carenza di motivazione, non avendo l’amministrazione adeguatamente esplicitato i giustificativi posti alla base del provvedimento reiettivo;

– violazione dell’art. 48, comma 7 ter, lett. b) della l. r. n. 11 del 2004, come introdotto dall’art. 1.b della l.r. n. 18 del 2006 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria ed insufficiente rappresentazione dei presupposti giacché l’intervento realizzato è da qualificare in termini di ristrutturazione edilizia e, dunque, pienamente ammesso in forza della suddetta disposizione;

– violazione dell’art. 79, comma 1 della l.r. n. 61 del 1985 e dell’art. 20 del D.P.R. n. 380 del 2001, giacché il provvedimento gravato non menziona il parere della Commissione edilizia comunale.

M. Il provvedimento di rigetto della domanda di condono edilizio, adottato in data 20 marzo 2008, è stato, invece, impugnato dal G. con il ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 4 giugno 2008, con il quale sono state dedotte le seguenti censure:

– violazione dell’art. 32, comma 37 del D.L. n. 269 del 2003, convertito in l. n. 326 del 2003 e dell’art. 79 della l.r. n. 61 del 1985 nonché eccesso di potere per difetto di procedura e travisamento dei presupposti, giacché al momento della ricezione della comunicazione comunale del 6 dicembre 2006, si era ormai formato il silenzio assenso e, inoltre, in quanto non risulta essere stato acquisito il parere della Commissione edilizia comunale;

– violazione dell’art. 3, 10 e 10 bis della l. n. 241 del 1990, in quanto la comunicazione di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del 6 dicembre 2006 non contiene alcun elemento idoneo a consentire l’individuazione delle ragioni preclusive all’accoglimento della domanda; la difesa del ricorrente lamenta, altresì, che l’amministrazione non ha adeguatamente considerato le osservazioni presentate dal G. il 5 gennaio 2007, con le quali, peraltro, è stato richiesto di limitare l’esame del condono agli abusi edilizi, senza considerare la modifica del cambio di destinazione d’uso.

N. Il Comune di Vicenza non si è costituito in giudizio per resistere al gravame.

O. All’udienza del 19 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene di dover procedere, prioritariamente, all’esame del ricorso per motivi aggiunti, con il quale è stato impugnato il rigetto della domanda di condono, in quanto sotto il profilo logico giuridico si ritiene pregiudiziale l’esame delle questioni riferite al rigetto della domanda di condono – presentata, peraltro, in epoca anteriore rispetto a quella di sanatoria – che hanno incidenza anche su quelle dedotte con il ricorso introduttivo proposto avverso il rigetto della domanda di sanatoria.

1.1 Prioritario ed assorbente è, ad avviso del Collegio, il primo motivo di ricorso, con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 32, comma 37 del D.L. n. 269 del 2003, convertito in l. n. 326 del 2003 e dell’art. 79 della l.r. n. 61 del 1985, nonché censurato il vizio di eccesso di potere per difetto di procedura e travisamento dei presupposti.

1.2 La difesa del ricorrente sostiene, in particolare, che sulla domanda di condono si è formato il silenzio assenso, giacché la nota comunale del 6 dicembre 2006 è stata ricevuta dal G. in epoca successiva rispetto alla scadenza del biennio previsto dalle suddette disposizioni.

Viene, inoltre, lamentata la violazione dell’art. 79 della l.r. n. 61 del 1985, non essendo stato acquisito il parere della Commissione edilizia comunale.

1.3 La censura è fondata.

1.4 Il Collegio evidenzia, preliminarmente, che la comunicazione inviata ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 non sospende i termini di conclusione del procedimento amministrativo, ma li interrompe, per cui in seguito alla presentazione delle osservazioni il termine inizia a decorrere ex novo.

1.5 Trattandosi di atto ricettizio l’effetto interruttivo si produce dalla data in cui perviene nella sfera di conoscenza del destinatario; nella fattispecie, la domanda di condono è stata presentata in data 10 dicembre 2004 e la difesa del ricorrente afferma che la suddetta comunicazione del 6 dicembre 2006 è pervenuta solo il successivo 12 dicembre.

1.6 L’amministrazione, che non si è costituita in giudizio, non fornito la prova su essa gravante in merito alla data di ricezione della comunicazione, sicché, non essendo stato né adottato il provvedimento di rigetto definitivo né comunicato l’atto interruttivo entro il termine biennale previsto per la formazione del silenzio assenso, il ricorso si palesa fondato; decorso tale termine, infatti, il provvedimento di rigetto della domanda di condono successivamente adottato è illegittimo, residuando in capo all’amministrazione esclusivamente il potere di agire in autotutela.

1.7 Il Collegio ritiene opportuno, tuttavia, chiarire che oggetto della domanda di condono erano non già le opere abusive contestate dall’amministrazione comunale bensì esclusivamente il cambio di destinazione d’uso da accessorio agricolo a residenza di una porzione del piano terra del fabbricato; è, dunque, solo ed esclusivamente in relazione a tale oggetto che si è formato il silenzio assenso.

Il ricorso per motivi aggiunti va, dunque, accolto, con assorbimento della seconda censura, e, per l’effetto va annullato il provvedimento di rigetto della domanda di condono gravato.

2. Il Collegio deve, a questo punto, esaminare le censure dedotte con il ricorso introduttivo, proposto avverso il diniego della domanda di sanatoria e, tra queste, primariamente quelle con le quali sono stati dedotti vizi sostanziali e non meramente formali.

2.2 Con il secondo motivo di ricorso è stata censurata la violazione dell’art. 48, comma 7 ter, lett. b) della l. r. n. 11 del 2004 e dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria ed insufficiente rappresentazione dei presupposti giacché l’intervento realizzato è da qualificare in termini di ristrutturazione edilizia ed è, dunque, pienamente ammesso in forza della suddetta disposizione.

2.3 La censura è infondata.

2.4 Il concetto di ristrutturazione edilizia, quale enunciato dall’art. 31, lett. d), l. 5 agosto 1978, n. 431 ("interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono anche portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente"), ha subito nel tempo diversificate interpretazioni e diffuse incertezze soprattutto riguardo alla ristrutturazione per demolizione e ricostruzione, nella ricerca degli elementi che distinguessero la fattispecie dalla ristrutturazione.

2.5 Ad un primo orientamento che escludeva la demolizione e ricostruzione dalla fattispecie di ristrutturazione (Cons. St., sez. V, 9 febbraio 1996, n. 144), è seguito l’orientamento trasfuso nel Testo Unico dell’edilizia che ha compreso la fattispecie nella categoria della "ristrutturazione" purché "fedele" in quanto modalità estrema di conservazione dell’edificio preesistente nella sua consistenza strutturale, essendosi ritenuto che "la ricostruzione di un preesistente fabbricato senza variazione o alterazione della superficie, volumetria e destinazione d’uso, non incide sul carico urbanistico già esistente e non è, pertanto, assoggettato ad oneri né al rispetto degli indici sopravvenuti" (Cons. St., sez. V, 10 agosto 2000, n. 4397).

2.6 In recepimento degli indirizzi giurisprudenziali formatisi in materia, il T.U. dell’edilizia ha ricompreso tra gli interventi di ristrutturazione edilizia "quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica".

2.7 L’art. 1 del decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301 ha modificato l’art. 3, in parte qua, eliminando la locuzione "fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche di materiali a quello preesistente" e l’ha sostituita con l’espressione "ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente" (art. 1, lett. a).

2.8 Anche escludendo il superato criterio della fedele ricostruzione, esigenze di interpretazione logicosistematica della nuova normativa inducono tuttavia la giurisprudenza a ritenere che la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell’edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi (fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 18 marzo 2008, n. 1177).

2.9 Nella fattispecie oggetto di giudizio, non è in contestazione che il nuovo edificio sia stato realizzato incrementando la volumetria rispetto all’edificio preesistente; in luogo di un unico piano, infatti, ne sono stati realizzati due, con ciò, peraltro, apportando variazioni essenziali rispetto al progetto assentito.

2.10 L’art. 48, comma 7 ter, lett. b) della l. r. n. 11 del 2004, invocato dalla difesa del ricorrente, non può trovare, dunque, applicazione nella fattispecie, non essendo l’intervento inquadrabile in alcuna delle tipologie ammesse e non emergendo, peraltro, la correlazione con lo svolgimento dell’attività agricola, prescritta in relazione agli interventi di nuova costruzione.

3. Con il terzo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 79, comma 1 della l.r. n. 61 del 1985 e dell’art. 20 del D.P.R. n. 380 del 2001, giacché il provvedimento gravato è stato adottato senza la previa acquisizione del parere della Commissione edilizia comunale.

3.1. La censura è infondata.

3.2. Come affermato dalla consolidata giurisprudenza, condivisa dal Collegio, l’acquisizione del parere della Commissione edilizia comunale, in sede di esame dell’istanza di conformità ex art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, è da reputarsi facoltativa, considerata la mancanza di una sua espressa previsione normativa e la specialità del procedimento di sanatoria edilizia (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 10 settembre 2010, n. 17398).

4. Residua da esaminare la censura con la quale è stata dedotta la violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 e censurato il vizio di eccesso di potere per carenza di motivazione, non avendo l’amministrazione adeguatamente esplicitato i giustificativi posti alla base del provvedimento reiettivo.

2.2. La censura è fondata.

2.3. Come affermato dalla consolidata giurisprudenza, il provvedimento di diniego del rilascio del permesso di costruire in sanatoria deve compiutamente motivare l’effettivo contrasto tra l’opera realizzata e gli strumenti urbanistici e tale contrasto deve essere evidenziato in maniera intelligibile (cfr., T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 23 marzo 2010, n. 1578).

Nella fattispecie l’amministrazione, infatti, si limita a rilevare che: "l’intervento edilizio, così come proposto, non è conforme alla normativa urbanistico edilizia in quanto, trattandosi di una nuova soluzione, deve essere dimostrato il rispetto dei requisiti di cui alla L.R. 11/04 artt. 44, 45, così come modificata ed integrata dalla L.R. 18/06. Si ritiene, inoltre, che alcune modifiche eseguite rispetto all’autorizzato siano improprie all’utilizzo del fabbricato come annesso rustico (esempio i poggiolo al P.1°)".

Tale motivazione è, con tutta evidenza, carente, in specie considerando che, per effetto della formazione dell’accoglimento tacito sull’istanza di condono, la destinazione d’uso del fabbricato, sia pure limitatamente ad una porzione del primo piano, è, allo stato – e salva l’adozione, ricorrendone i presupposti, da parte dell’amministrazione di un provvedimento di annullamento d’ufficio – residenziale.

Si osserva, inoltre, che l’44 della l.r. n. 11 del 2004 – genericamente richiamato dall’amministrazione e, peraltro, composto di ben 16 commi, riferiti, peraltro, a variegate fattispecie – prevede che è sempre consentito "l’ampliamento di case di abitazione fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria".

La locuzione utilizzata dall’amministrazione non consente, dunque, di ricostruire le ragioni alla base del provvedimento di rigetto e, inoltre, presuppone il rigetto della domanda di condono, sulla quale, per le ragioni sopra esposte, si era ormai formato il silenzio assenso.

In conclusione, quindi, per le considerazioni sopra svolte, il ricorso introduttivo è fondato e va, dunque, annullato il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria gravato, salvi gli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione intenderà adottare.

4. Il Collegio ritiene, nondimeno, sussistenti giusti motivi per compensare integralmente le spese ed onorari di giudizio, atteso che la vicenda trae comunque origine da un abuso edilizio commesso dal ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti gravati, nei termini di cui in motivazione.

Spese e competenze di causa compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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