T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 11-10-2011, n. 1534 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. A.B. è titolare del’omonima azienda agricola che oltre alla coltivazione dei fondi svolge anche l’attività di allevamento.

B. In data 24 agosto 2005 il B. ha presentato istanza di permesso di costruire per l’edificazione di un annesso rustico destinato ad insediamento zootecnico non intensivo; tale istanza è stata rigettata dall’amministrazione comunale con provvedimento del 23 marzo 2006, in considerazione della possibilità che l’allevamento potesse divenire di carattere intensivo.

C. Con sentenza n. 1232/06 del 28 giugno 2006, questo Tribunale ha annullato il suddetto provvedimento, evidenziando che "l’allevamento non può essere considerato intensivo (…) né l’eventuale ipotetica, futura trasformazione non autorizzata dell’allevamento stesso da non intensivo ad intensivo, rileva, perché sarebbe sanzionabile a norma di legge";.

D. Con nota del 6 luglio 2006 il B. ha intimato il Comune a dar corso al procedimento per il rilascio del titolo edilizio.

E. L’amministrazione comunale ha, dunque, adottato, in data 13 dicembre 2006, un nuovo provvedimento di diniego del titolo edilizio e, inoltre, ha proposto appello avverso la prefata pronuncia.

F. Anche il suddetto provvedimento di diniego è stato impugnato dall’Azienda Agricola B., unitamente ai provvedimenti di modifica delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. diretti a precludere la realizzazione di insediamenti zootecnici intensivi nel territorio comunale.

G. Con sentenza n.931/07 del 23 marzo 2007, questo Tribunale ha accolto il ricorso ed il ricorrente ha, dunque, nuovamente sollecitato l’amministrazione comunale alla conclusione del procedimento con il rilascio del titolo edilizio richiesto.

H. L’amministrazione comunale ha appellato anche la suddetta pronuncia.

I. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3029 del 18 giugno 2008, ha rigettato i due appelli, confermando entrambe le sentenze.

L. Con nota del 25 settembre 2008, il B. ha, dunque, invitato l’amministrazione a procedere in esecuzione del giudicato formatosi sull’istanza di permesso di costruire e, successivamente, in data 2 ottobre 2008, il Responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale ha comunicato l’avvio di una nuova istruttoria, nell’ambito della quale è stato richiesto un nuovo parere igienico sanitario all’Ulss competente, la quale ha ritenuto assentibile l’intervento.

L. Con nota dell’11 gennaio 2010, l’amministrazione comunale ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, facendo riferimento all’intervento procedimentale di C.B., la quale ha invocato l’applicazione della disciplina regionale sopravvenuta.

M. Con provvedimento, prot. n. 4728 del 12.3.2010, l’amministrazione ha rigettato l’istanza di permesso di costruire.

N. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, l’Azienda Agricola B. A. ha impugnato il suddetto provvedimento, deducendo le seguenti censure:

– violazione dell’art. 21 septies della l. n. 241 del 1990, essendo stato il provvedimento gravato adottato eludendo il giudicato formatosi con la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3029 del 18 giugno 2008, che ha confermato le sentenze di questo Tribunale n. 1932/06 e 931/07;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 48 della l.r. n. 11 del 2004 e vizio di eccesso di potere per difetto di presupposti, essendo inapplicabile lo jus superveniens in ragione dell’espressa previsione normativa dell’applicabilità della disciplina contenuta nella l.r. n. 24 del 1985 per le domande presentate entro l’anno dall’entrata in vigore della l.r. n 11 del 2004;

– violazione dell’art. 1 della l. n. 241 del 2990 ed eccesso di potere per sviamento, avendo l’amministrazione violato il principio di non aggravamento del procedimento attraverso l’integrazione istruttoria disposta e la richiesta di un nuovo parere favorevole alla competente Ulss.

La ricorrente ha, inoltre, agito per il risarcimento del danno subito, quantificandolo in euro 503.000,00.

O. Il Comune di Oppeano e C.B. si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame, concludendo per la reiezione del ricorso in quanto infondato.

Renato Brentolan, titolare del diritto di superficie avente ad oggetto un’area prossima a quella interessata dall’intervento edilizio, ha presentato atto di intervento ad opponendum, chiedendo anch’egli la reiezione del ricorso.

P. Con ordinanza n. 383 del 2010, questa Sezione ha accolto la domanda cautelare proposta da parte ricorrente, valutando sussistente un apprezzabile fumus, ha ordinato all’amministrazione il riesame della fattispecie, alla luce dei motivi di ricorso.

Q. La suddetta ordinanza è stata riformata dal Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 4416 del 2010, il quale ha rilevato che la sentenza n. 3029/2008, con la quale è stato definito il giudizio d’appello proposto avverso le sentenze di questo Tribunale n. 1932/06 e 931/07, "ha statuito soltanto sulla natura non intensiva dell’allevamento e non anche sulla disciplina applicabile, sopravvenuta ampiamente prima della notifica della citata sentenza ed involgente un diverso assetto dei pubblici interessi (…) inconciliabile con l’interesse provato salvaguardato dal giudicato, con conseguente possibilità di applicare lo jus superveniens alla domanda di rilascio del titolo autorizzativo".

R. All’udienza del 5 maggio 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive posizioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene di poter procedere direttamente all’esame del merito, non essendo stata sollevata alcuna eccezione preliminare e non emergendo questioni rilevabili d’ufficio.

1.1. Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 21 septies della l. n. 241 del 1990, essendo stato il provvedimento gravato adottato eludendo il giudicato formatosi con la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3029 del 18 giugno 2008, che ha confermato le sentenze di questo Tribunale n. 1932/06 e 931/07.

1.2. La censura è infondata.

1.3. Come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza, condivisa dal Collegio, il vizio di elusione del giudicato si configura solo quando dal giudicato derivi un obbligo talmente puntuale da non lasciare spazio alcuno all’esercizio dei poteri dell’amministrazione; quando invece quest’ultima sia ancora investita del potere di provvedere, può venire in rilievo solo un vizio di legittimità del nuovo provvedimento, da far valere nei modi, nei termini e con le garanzie proprie del ricorso ordinario (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 05 luglio 2011, n. 4037; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 27 giugno 2011, n. 1177).

1.4. Nella fattispecie, come rilevato dal giudice d’appello nell’ordinanza cautelare n. 4416 del 2010, la sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato n. 3029/2008, con la quale è stato definito il giudizio proposto avverso le sentenze di questo Tribunale n.1932/06 e n. 931/07, ha statuito soltanto sulla natura non intensiva dell’allevamento e non anche sulla disciplina applicabile.

1.5. Si osserva, inoltre, che, la portata e la valenza delle statuizioni contenute nella sentenza di questo Tribunale n. 1932 del 2006 – invocate dalla difesa di parte ricorrente al fine di sostenere la formazione del giudicato in merito all’individuazione della disciplina applicabile – devono essere inevitabilmente valutate nei limiti dell’accertamento che ha formato oggetto di tale pronuncia, avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di rigetto del permesso di costruire adottato in data 23 marzo 2006.

1.6. Nella fattispecie oggetto di giudizio, l’amministrazione comunale ha denegato il permesso di costruire assumendo che, in forza della disciplina sopravvenuta, l’intervento non fosse più assentibile.

1.7. Ne consegue, dunque, che il provvedimento gravato non presenta profili di elusione del giudicato.

2. Del pari infondato si palesa il terzo motivo di ricorso – la cui trattazione il Collegio ritiene di anticipare al fine di una più ordinata articolazione logica della presente pronuncia – con il quale la difesa del ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 1 della l. n. 241 del 2000 nonché il vizio di eccesso di potere per sviamento, avendo l’amministrazione violato il principio di non aggravamento del procedimento attraverso l’integrazione istruttoria disposta e la richiesta di un nuovo parere favorevole alla competente Ulss.

2.1 Il Collegio evidenzia, infatti, che l’amministrazione, nel riesaminare l’istanza, successivamente all’annullamento di precedenti provvedimenti di rigetto, ha ritenuto di richiedere un nuovo parere all’Ulss, assumendo l’applicabilità della normativa sopravvenuta e, conseguentemente, anche della deliberazione della Giunta Regionale n. 3178 del 2004. L’integrazione, dunque, non è stata disposta né arbitrariamente né irragionevolmente.

3. Residua da esaminare il secondo motivo di ricorso, con il quale è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 48 della l.r. n. 11 del 2004, nonché censurato il vizio di eccesso di potere per difetto di presupposti, essendo inapplicabile lo jus superveniens in ragione dell’espressa previsione normativa dell’applicabilità della disciplina contenuta nella l.r. n. 24 del 1985 per le domande presentate entro l’anno dall’entrata in vigore della l.r. n 11 del 2004.

3.1. La censura è fondata.

3.2. Il Collegio evidenzia, preliminarmente, che con la l.r. n. 11 del 2004 è stata introdotta una disciplina transitoria in relazione ai procedimenti autorizzatori in corso al momento dell’approvazione del primo Piano di Assetto del Territorio (P.A.T.) e del primo Piano degli Interventi (P.I.).

3.3. Nello specifico, l’art. 48 della suddetta legge regionale prevede, al terzo comma che: "L’edificazione in zona agricola continua ad essere disciplinata dalla legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 "Tutela ed edificabilità delle zone agricole" e successive modificazioni, ivi comprese le modifiche contenute nell’articolo 1, comma 8, lettere a) e b) della legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35, e successive modificazioni, fino all’approvazione del primo PAT e del primo PI e, comunque, per non più di un anno decorrente dall’applicazione degli articoli da 1 a 49. Decorso tale termine, fatti salvi i procedimenti autorizzatori in corso per i quali continua ad applicarsi la legge regionale 5 marzo 1985, n. 24, si applica la normativa di cui agli articoli 43, 44 e 45 ".

3.4. La domanda di permesso di costruire è stata presentata dall’Azienda Agricola B. A. in data 24 agosto 2005 e, dunque, entro l’anno dall’entrata in vigore della l.r. n. 11 del 2004, con la conseguenza che trova applicazione la specifica disciplina contenuta nella suddetta disposizione, non abrogata e non modificato né dal comma 7 bis 3 né dal comma 7 ter dell’art. 48.

3.5. Né è possibile ritenere, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della controinteressata, che il procedimento avviato con la suddetta istanza non fosse più in corso essendosi concluso con l’adozione del provvedimento reiettivo, giacché l’accoglimento dell’azione di annullamento comporta l’annullamento con effetti ex tunc del provvedimento risultato illegittimo.

3.6. Il Collegio, inoltre, non ritiene applicabile, in relazione a tale specifica doglianza, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, nel contemperamento tra il diritto soggettivo di difesa e l’interesse pubblico perseguito dagli atti sopravvenuti, assumono rilievo le sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi anteriormente alla notificazione della sentenza, il quale trae fondamento dalla necessità di mediare l’ interesse all’esecuzione del giudicato in materia edilizia e urbanistica con l’ interesse generale al rispetto dei nuovi assetti in materia nel frattempo intervenuti (Cons. St., Ad. pl., 8 gennaio 1986, n. 1).

3.7. Ciò in considerazione dell’esistenza e dell’attuale vigenza di una normativa regionale che puntualmente ed espressamente disciplina il regime transitorio.

3.8. Il legislatore regionale, infatti, ha voluto garantire, come sopra evidenziato, l’ultravigenza della precedente disciplina ai procedimenti autorizzatori in corso, disponendo che fino all’approvazione del primo PAT e del primo PI e, comunque, per non più di un anno decorrente dall’entrata in vigore della l.r. n. 11 del 2004, l’edificazione in zona agricola continua ad essere disciplinata dalla l.r. n. 24 del 1985, puntualizzando, peraltro, che "decorso tale termine, fatti salvi i procedimenti autorizzatori in corso per i quali continua ad applicarsi la legge regionale 5 marzo 1985, n. 24, si applica la normativa di cui agli articoli 43, 44 e 45".

3.9. La suddetta disposizione non è mai stata abrogata, né espressamente né tacitamente, dalle modifiche successivamente apportate, con le quali la disciplina transitoria è stata integrata, con l’introduzione, ai fini che in questa sede rilevano, di ulteriori previsioni.

3.10. L’art. 48, comma 7 bis 3 – aggiunto dall’articolo 2, comma 3, della legge regionale 2 dicembre 2005, n. 23 – ha, nello specifico, previsto che "in deroga al comma 3, fino all’approvazione del primo PAT e del primo PI e, comunque non oltre il 30 giugno 2006, nelle zone agricole sono consentiti esclusivamente gli interventi di ampliamento ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 e successive modificazioni ad eccezione delle zone agricole dei territori classificati montani, ai sensi dell’articolo 1 della legge regionale 18 gennaio 1994, n. 2 (…), dove sono consentiti tutti gli interventi di edificazione previsti dalla legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 e successive modificazioni, ivi comprese le modifiche contenute nell’articolo 1, comma 8, lettere a) e b) della legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35, e successive modificazioni", specificando, inoltre, che "decorso il termine suindicato si applica la normativa di cui agli articoli 43, 44 e 45, fatti salvi i procedimenti autorizzatori in corso per i quali continua ad applicarsi la legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 e successive modificazioni".

3.11. La l.r. n. 11 del 2004 ha, dunque, articolato la disciplina transitoria in due fasi: la prima, contenuta nell’art. 48, comma 3, applicabile in relazione alle domande presentate entro un anno dalla sua entrata in vigore e la seconda, invece, contenuta nell’art. 48, comma 7 bis 3, applicabile per le domande presentate successivamente al 30 giugno 2006.

3.12. In altri termini, considerata la salvezza dei procedimenti autorizzatori in corso, prevista dalla seconda parte sia del comma 3 che del comma 7 bis 3 dell’art. 48, nelle ipotesi in cui, come nella fattispecie, la domanda è stata presentata entro l’anno all’entrata in vigore della l.r. 11 del 2004 e il relativo procedimento è ancora in corso, trova applicazione integralmente la l.r. n. 24 del 1985 mentre, in relazione alle domande presentate successivamente al primo anno di entrata in vigore della legge del 2004 ma prima del 30 giugno 2006 ed ai procedimenti avviati con la presentazione delle domande in tale arco temporale ed ancora in corso, trovano applicazione le limitazioni previste dal comma 7 bis 3.

3.13. Quest’ultima disposizione, infatti, ha sostanzialmente prorogato la vigenza della l.r. n. 24 del 1985, esclusivamente con riferimento agli interventi edilizi di ampliamento, salvo che per le zone agricole dei territori classificati montani, nei quali sono consentiti tutti gli interventi di edificazione previsti dalla l.r. n. 24 del 1985.

3.14. L’opzione ermeneutica prospettata dalla difesa dell’amministrazione resistente non può, dunque, essere condivisa, sia in considerazione dell’attuale vigenza delle previsioni contenute nel comma 3, sia in quanto, un’attenta interpretazione condotta alle stregua tanto del dato letterale quanto del criterio sistematico, induce ad escludere che le suddette modifiche apportate con la legge regionale 2 dicembre 2005, n. 23 operino retroattivamente.

3.15. Dall’applicazione della l.r. n. 24 del 1985, prevista ai sensi dell’art. 48, comma 3 sopra citato, discende, inoltre, l’esclusione dell’applicazione delle altre disposizioni contenute nella l.r. n. 11 del 2004, ed anche della deliberazione della Giunta Regionale n.3178 del 2004, di approvazione degli "Atti di Indirizzo", espressione dell’art. 50 di tale legge.

In conclusione, per le suesposte ragioni, il ricorso è fondato e, per l’effetto, va annullato il provvedimento di diniego del titolo edilizio impugnato.

4. Il Collegio deve, a questo punto, procedere all’esame della domanda risarcitoria, proposta dalla difesa di parte ricorrente.

4.1. La domanda è infondata.

4.2. Il Collegio evidenzia, infatti, che, anche a prescindere dalla generica formulazione della domanda, non è stata fornita alcuna prova del danno asseritamente subito per effetto dell’adozione del provvedimento gravato.

4.3. In applicazione del principio cristallizzato nell’art. 2697 cod. civ. (corrispondente, ora, all’art. 64, comma 1, c.p.a), spetta alla parte ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno; se anche può ammettersi, infatti, il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l’obbligo di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato dell’allegazione e della prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967).

4.4.Nella fattispecie, la difesa di parte ricorrente, si limita, in relazione al danno emergente ad affermare di aver immobilizzato la somma "pari a circa due milioni di euro per poter edificare l’allevamento", senza fornire alcuna prova né dell’effettiva immobilizzazione di tale somma né della destinazione di tale somma all’edificazione in argomento. Anche in relazione ai mancati guadagni si fa menzione delle risultanze contabili dell’ultimo quinquennio di analogo allevamento della medesima azienda condotto in un Comune limitrofo, le quali non sono state neanche prodotte.

La domanda risarcitoria va, dunque, rigettata in quanto infondata.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono determinate nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato:

accoglie la domanda di annullamento e, per l’effetto, annulla il provvedimento gravato;

rigetta la domanda risarcitoria..

Condanna in solido il Comune di Oppeano, la controinteressata C.B. e R.B. alla rifusione delle spese di lite in favore della ricorrente, che liquida complessivamente in Euro 400,00 per spese anticipate ed in Euro 5.000,00 per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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