Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-07-2011) 23-09-2011, n. 34674 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Catanzaro con ordinanza in data 16-12- 2010 confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di B.R., emessa dal Gip della stessa sede il 16-11-2010, con la contestazione provvisoria di numerosi reati, tra i quali partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, una serie di cessioni di sostanze stupefacenti, tentato omicidio.

La vicenda maturava, secondo l’impostazione accusatoria, nell’ambito della gestione del narcotraffico nel territorio di (OMISSIS), ad opera di due organizzazioni criminali armate, in concorrenza tra loro.

La valutazione della sussistenza della gravità del quadro indiziario era basata su intercettazioni telefoniche ed ambientali, attività di videoregistrazione, tabulati telefonici, servizi di controllo, osservazioni, perquisizioni e sequestri di stupefacenti, arresti dei corrieri della droga, dichiarazioni e ricognizioni fotografiche ad opera di consumatori.

Il tribunale, premesso che non era stata contestata la sussistenza del quadro indiziario e cautelare, ma censurata l’adeguatezza della misura, con richiesta di sostituzione della stessa con altra meno gravosa, perveniva alla conclusione, facendo leva sulla gravità dei fatti, della sussistenza in concreto di un forte rischio di reiterazione del reato, fronteggiabile soltanto con la misura coercitiva più grave, richiamando solo da ultimo la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

B. ricorre tramite il difensore avv. Antonio Ingrosso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente censura il significato attribuito dal tribunale alle conversazioni intercettate, che al contrario non darebbero conto nè dell’appartenenza dell’indagato al sodalizio, nè dell’esistenza di questo, e neppure delle altre condotte criminose, ivi compreso il coinvolgimento nel tentato omicidio di un appartenente al gruppo avverso.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Premesso che la richiesta di riesame era stata proposta in termini assolutamente generici, e che all’udienza dinanzi al tribunale era stato precisato, come risulta dal relativo verbale, che essa verteva soltanto sull’adeguatezza della misura, inducendo quindi il giudice a quo a concentrare il compito motivazionale su tale aspetto, senza peraltro pretermettere l’esame del quadro indiziario e cautelare, si osserva che il ricorso è totalmente ed esclusivamente incentrato sulla prospettazione di un’interpretazione alternativa delle intercettazioni utilizzate dal tribunale per sostenere l’esistenza del sodalizio e degli altri reati, riportandone stralci fuori contesto o effettuandone resoconti sintetici.

Infatti il ricorrente, pur deducendo violazione di legge e vizio motivazionale, porta argomenti che si pongono invece come censura sul significato e sulla interpretazione dei dati acquisiti, non prospettabile in questa sede, essendo estraneo al giudizio di legittimità ogni discorso meramente confutativo del significato della prova, e quindi dell’indizio, e della sua capacità dimostrativa: ogni censura, cioè, con la quale si prospetti, in via di mera contrapposizione dialettica, l’esistenza di argomenti che attengono alla plausibilità della valutazione compiuta dai giudici del merito.

D’altra parte nessun brano di verbalizzazione (quali i passi delle trascrizioni delle intercettazioni riportate nel ricorso), per quanto significativo, può essere interpretato fuori del contesto in cui è inserito, che questa corte non conosce e non può valutare. E lo stesso vale, a maggior ragione, per le sintesi del contenuto delle captazioni effettuate dal ricorrente, accompagnate da una interpretazione a suo uso e consumo, trascurando che gli aspetti del giudizio interni all’ambito della discrezionalità nella valutazione degli elementi di prova e degli apprezzamenti del fatto, attengono interamente al "merito", e non ai possibili vizi del percorso formativo del convincimento, i soli rilevanti in questa sede.

Il tribunale ha del resto fornito congrua motivazione del significato delle intercettazioni (con approfondimenti anche circa l’interpretazione del linguaggio criptico utilizzato), e della loro unidirezionalità a sostegno dell’esistenza del sodalizio, dell’appartenenza ad esso dell’indagato, e della commissione da parte di questi degli altri reati, non scalfita dai rilievi del ricorrente (si pensi ad esempio alla telefonata successiva all’arresto del coindagato Be.Fr.Si., in cui B. e P.R. si organizzano per occultare lo stupefacente in possesso della seconda e per assicurare assistenza legale all’arrestato).

Senza contare, poi, che nello stesso ricorso si da atto, in relazione a taluni capi della contestazione provvisoria, dell’esistenza di altro materiale, di cui non si contesta la valenza indiziante (come ad esempio per il riconoscimento fotografico di B. in ordine al capo 91).

Nè va trascurato che, in ultima analisi, il ricorrente mette in discussione soltanto, in linea con l’oggetto della richiesta di riesame, l’adeguatezza della misura laddove afferma, conclusivamente, che "appare, pertanto, in virtù delle considerazioni sopra esposte, oltremodo affittiva la conferma della misura inframuraria in atto".

Ma anche su tale aspetto il tribunale ha fornito ampia motivazione che, facendo leva sull’esistenza in concreto di un forte pericolo di reiterazione delle condotte criminose, desunto dal legame associativo – implicante professionalità e ripetitività delle condotte illecite -, dalla estrema gravità dei fatti -anche di sangue- ascritti, e dalla personalità dell’indagato, già condannato per violazione alla disciplina degli stupefacenti, è pervenuta in modo logico e plausibile alla conclusione della insufficienza di ogni altra misura, potendo i contatti con i sodali essere ristabiliti e mantenuti, anche per interposta persona, nell’ambito di meno afflittive misure cautelari.

Alla declaratoria di inammissibilità seguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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