Cons. Stato Sez. V, Sent., 12-10-2011, n. 5527 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La S. ha adito il T.a.r. per ottenere il risarcimento del danno per equivalente conseguente alla mancata aggiudicazione della gara d’appalto indetta dall’Azienda Comunale Centrale del latte di Roma per l’affidamento del servizio di pulizia della sede di via di Fondo di Monastero (originariamente bandita per il periodo 1.10.1994- 31.12.1996, ma poi aggiudicata, ai sensi della delibera del consiglio di amministrazione 22.11.1994, n.307, per il periodo 1 gennaio 1995 – 31 dicembre 1996), in cui risultava classificata al secondo posto, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione alla prima classificata I.N.A. s.p.a. – giusta sentenza del T.a.r. n. 1647/1996, confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 139/2003 del 17.3.2003 – ed alla integrale esecuzione della prestazione da parte di quest’ultima.

Il T.a.r. ha respinto il ricorso, rilevando l’assenza di prova sulla circostanza che la gara, una volta esclusa la ditta aggiudicataria, sarebbe automaticamente avvenuta in favore della ricorrente, data la presenza di una clausola del bando che sottoponeva comunque a giudizio di congruità il prezzo offerto.

Propone appello l’interessata, deducendo la sufficienza, ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, della collocazione al secondo posto in graduatoria della propria offerta tale da fondare una presunzione di aggiudicazione in suo favore dell’appalto.

Ha quindi reiterato la domanda di risarcimento in ordine al mancato utile a causa della mancata esecuzione del servizio, calcolato nella misura del 10% dell’importo complessivo dell’appalto, da applicarsi anche alle prestazioni aggiuntive aventi un’incidenza del 30% sul fatturato complessivo; al mancato vantaggio patrimoniale derivante dalle economie di scala connesse all’incremento dell’attività di impresa; al danno curriculare per l’impossibilità di prendere parte ad altre procedure; oltre ad interessi ed al maggior danno da svalutazione monetaria.

Si è costituita in resistenza l’Azienda Comunale Centrale del latte di Roma, contestando la pretesa sia nell’an che nel quantum debeatur e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

All’udienza pubblica del 12 luglio 2011 in vista della quale sono state depositate memorie, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

L’appello è fondato nei limiti che di seguito si espongono.

La gara per cui è controversia è stata aggiudicata con il criterio del prezzo più basso alla I.N.A. s.p.a. al prezzo, ridotto fino alla misura ritenuta congrua al termine del relativo giudizio di valutazione ai sensi dell’art. 6 l. n. 537 del 1993, di 75 milioni di lire al mese. Avverso tale aggiudicazione ha proposto vittoriosamente ricorso la S.M.E.T.s.p.a., classificatasi seconda nella graduatoria di gara. Il Consiglio di Stato, con la decisione 17.3.2003, n. 1369, confermando la sentenza di primo grado, ha riconosciuto l’illegittimità dell’ammissione di I.N.A. a concorrere, non essendo stati prodotti dalla aggiudicataria, nei termini e nei modi dovuti, la dichiarazione attestante il fatturato del triennio ed il bilancio relativo ad un anno.

Essendo ormai interamente eseguita la prestazione da parte dell’illegittima aggiudicataria, la S.M.E.T. chiede il risarcimento del danno per equivalente relativamente a molteplici voci.

Sull’an, il Collegio non può che richiamare gli ormai consolidati principi in materia di risarcimento di danno da lesione di interessi legittimi ed, in particolare, di diritto al risarcimento del danno derivante alla seconda classificata dalla illegittima aggiudicazione ad altra impresa concorrente (Cons. St. Sez. V, 24.2.2011, n. 1193, Sez. VI, 20.10.2010, n. 7593), in base ai quali, così come non vi è necessità di dare prova della componente soggettiva dell’illecito (Corte di Giustizia C.E. 30 settembre 2010, in causa C- 314/09), è da ammettere altresì il risarcimento del danno, consistente nella possibilità di conseguire un vantaggio futuro, in favore dell’impresa pretermessa in una gara d’appalto illegittimamente aggiudicata, anche laddove essa non dia dimostrazione che in assenza dell’illegittimità accertata si sarebbe aggiudicata la gara, sussistendo un danno risarcibile consistente nella perdita della possibilità, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, di aggiudicarsi la gara (c.d. perdita di chance).

La situazione non muta per effetto, nella specie, dell’operatività della clausola contenuta nell’art. 19 del capitolato, in virtù della quale il prezzo offerto dalla aggiudicataria avrebbe dovuto, comunque, essere sottoposto ad un giudizio di congruità e ricondotto, in caso di valutazione negativa, nei limiti giudicati congrui dalla stazione appaltante.

E" infatti avvenuto che in base alla deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’Azienda 22 novembre 1994, n. 307 si sia deciso di affidare il servizio per il periodo 1 gennaio 1995 – 31 dicembre 1996 al prezzo giudicato congruo, ai sensi dell’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, di complessivi di 1,8 miliardi di lire, ossia 75 milioni di lire al mese, importo certamente inferiore a quello offerto dalla S. (106 milioni), ma che, proprio in base alla clausola del capitolato, le avrebbe permesso, quale aggiudicataria, comunque l’affidamento del servizio "qualora l’aggiudicatario accetti preliminarmente senza condizioni la riduzione del prezzo a seguito del giudizio di congruità di cui all’art. 6 sopracitato".

Tale riduzione, sulla base del meccanismo delineato, non vale quindi ad escludere in assoluto la probabilità di affidamento per il caso di offerta economica superiore al prezzo considerato congruo, nella specie ulteriormente dimostrato dalla conclusione del contratto e dall’esecuzione integrale della prestazione da parte dell’illegittima aggiudicataria I.N.A., ma rileva nel solo ambito dello svolgimento del rapporto contrattuale successivo all’aggiudicazione.

Escluso, quindi, che la riduzione del prezzo possa essere considerata di ostacolo al riconoscimento del diritto al risarcimento del danno subito dalla ricorrente per effetto della illegittima aggiudicazione, va tuttavia riconosciuto che essa assume rilievo ai fini della quantificazione del danno, sia perchè solo sul prezzo ribassato dall’amministrazione va calcolata la percentuale di utile conseguibile a titolo di risarcimento, sia perché proprio dall’applicazione del meccanismo di riduzione del prezzo e di successiva sottoposizione all’accettazione da parte dell’aggiudicataria discende una riduzione in termini di chance di aggiudicazione in capo all’appellante che si reputa equo quantificare nella misura percentuale del 50%.

Ne consegue che il danno risarcibile deve essere determinato nella misura del 5% dell’offerta ribassata dall’amministrazione (rispetto al 10% richiesto in applicazione del criterio forfetario dell’art. 345 l. n. 2248 del 1865 All. F) che, in via equitativa, si considera comprensiva anche del danno da svalutazione monetaria.

Non possono essere, invece, presi in considerazione, ai fini della quantificazione del danno, né l’utilità derivante dallo svolgimento di prestazioni ulteriori ed aggiuntive rispetto a quelle previste in gara, evidentemente non attinenti all’appalto, da considerarsi solo eventuali al momento dello svolgimento della selezione, né le mancate economie di scala per effetto dell’ innalzamento del fatturato, in quanto – in disparte la carenza di prova – non direttamente ricollegabili alla mancata esecuzione dell’appalto, né, infine, il danno da immagine, del tutto sfornito di prova.

Va, invece, riconosciuto il diritto al risarcimento del danno curriculare, derivante dalla maggiore qualificazione professionale che sarebbe derivata alla ricorrente dalla esecuzione dell’appalto (Cons. St. Sez. V, 16.9.2011, n.5195; Sez. VI, 16.9.2011, n.5168), che si liquida nella misura del due per cento del prezzo ribassato, da ridurre del 50% in conseguenza della indicata percentuale di chance di aggiudicazione.

Le somme così calcolate vanno maggiorate degli interessi corrispettivi, nella misura di legge, dal giorno del deposito della presente decisione.

Dall’ accoglimento dell’appello, nei sensi indicati, discende la condanna della parte appellata alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’affetto, in riforma della sentenza di primo grado, condanna l’Azienda Comunale Centrale del latte in liquidazione al risarcimento del danno in favore dell’appellante nella misura indicata in motivazione.

Condanna, altresì,l’Azienda appellata alla rifusione in favore dell’appellante delle spese del doppio grado di giudizio che si liquidano in euro 5.000,00 (cinquemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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