Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-07-2011) 23-09-2011, n. 34673Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Catanzaro con ordinanza in data 9-12-2010 confermava, salvo che per il capo 228), l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di B.F. S., emessa dal Gip della stessa sede il 16-11-2010, con la contestazione provvisoria di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo 90) e di numerosi reati fine relativi allo spaccio di tali sostanze.

La vicenda maturava, secondo l’impostazione accusatola, nell’ambito della gestione del narcotraffico, nel territorio di (OMISSIS), ad opera di due organizzazioni criminali armate, in concorrenza tra loro.

La gravità del quadro indiziario era ritenuta dal Gip sulla base di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di riconoscimenti fotografici, cui il tribunale aggiungeva anche gli esiti di una serie di altre attività investigative (quali videoregistrazione, tabulati telefonici, servizi di controllo, osservazioni, perquisizioni e sequestri di stupefacenti, arresti dei corrieri della droga, dichiarazioni e ricognizioni fotografiche ad opera di consumatori).

Facendo leva sulla gravità dei fatti, il tribunale, dando atto che non erano stati comunque formulati motivi specifici di censura sulla ritenuta gravità degli indizi, perveniva alla conclusione della sussistenza in concreto del rischio di reiterazione del reato, fronteggiabile soltanto con la misura coercitiva più grave, richiamando solo da ultimo la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

B. ricorre con due atti distinti, ma identici, l’uno a sua firma, l’altro a firma del difensore, avv. Viscomi Gregorio, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza. Sono dedotte mancanza e manifesta illogicità della motivazione, anche sotto il profilo del travisamento dei fatti, in ordine alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza sia in generale (in quanto illogicamente è stato ritenuto che tra gli interlocutori delle conversazioni intercettate, vi sia l’indagato), che con riferimento ai reati contestati. Quanto all’associazione (capo 90), le captazioni darebbero conto che ognuno lavorava in proprio, quanto ai reati di acquisto e cessione di stupefacenti (capo 100), il tribunale avrebbe confuso l’indagato con altra persona, e richiamato una conversazione successiva all’arresto di B..

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

Premesso che la richiesta di riesame era stata proposta in termini assolutamente generici, sì da non indirizzare l’attenzione del tribunale su temi specifici, si osserva come la censura relativa all’individuazione nell’indagato di uno degli interlocutori delle conversazioni intercettate, sia sorretta da un argomento erroneamente ritenuto utilizzato nell’ordinanza. Da questa non risulta infatti che l’attribuzione di una delle voci a B. sia stata effettuata muovendo da una telefonata successiva all’arresto di questi, in cui una donna, commentando l’accaduto, si era ripromessa di assicurargli assistenza legale. Telefonata invece utilizzata dal tribunale ad altri fini, e cioè a conferma della sussistenza del legame associativo. La doglianza risulta pertanto generica.

Il motivo riguardante la gravità del quadro indiziario del reato associativo, è inammissibile, in quanto inteso a prospettare un’interpretazione alternativa di una delle telefonate utilizzate dal tribunale per sostenere l’esistenza del sodalizio, riportandone un piccolo stralcio fuori contesto, il cui tenore sarebbe significativo di autonomia nella gestione dei propri affari da parte dei singoli presunti sodali.

Infatti il ricorrente, pur affermando l’esistenza di un vizio di contraddizione della motivazione rispetto ai dati acquisiti e cioè di "travisamento della prova", porta argomenti che si pongono invece come censura sul significato e sulla interpretazione di tali elementi, non prospettabile in questa sede.

Il rapporto di contraddizione esterno al testo della sentenza impugnata, per essere compatibile con il giudizio di legittimità, non può che essere inteso in senso stretto, di rapporto di negazione sulle premesse, rimanendo estraneo al giudizio di legittimità ogni discorso meramente confutativo del significato della prova, e quindi dell’indizio, e della sua capacità dimostrativa: ogni censura, cioè, con la quale si prospetti in via di mera contrapposizione dialettica, l’esistenza di argomenti che attengono alla plausibilità della valutazione compiuta dai giudici del merito.

D’altra parte non c’è brano di verbalizzazione (quale il breve passo della trascrizione di una intercettazione riportato in ricorso, assertivamente "travisato"), per quanto significativo, che possa essere interpretato fuori del contesto in cui è inserito, che questa Corte non conosce e non può valutare. E gli aspetti del giudizio interni all’ambito della discrezionalità nella valutazione degli elementi di prova e degli apprezzamenti del fatto, attengono interamente al "merito", e non ai possibili vizi del percorso formativo del convincimento, rilevanti in questa sede.

Al di là di ciò, il tribunale, non ha comunque mancato di evidenziare anche ulteriori elementi a sostegno dell’esistenza del sodalizio e dell’appartenenza di B. ad esso, richiamando a tale scopo, oltre agli esiti delle captazioni, i gravi indizi di commissione dei numerosi reati fine contestatigli (quattordici, uno solo dei quali oggetto del ricorso), le cui modalità e reiterazione sono significative di attività professionalmente organizzata, nonchè la circostanza che il gruppo gli avesse assicurato assistenza legale in occasione del suo arresto.

Il motivo avente ad oggetto il reato fine di cui al capo 100), relativo all’acquisto di eroina da parte dell’indagato, in concorso con altri, da V.N. e V.S., sfrutta l’errore materiale in cui il tribunale è incorso laddove, evidentemente mutuando la motivazione di provvedimento relativo ad altro indagato, definisce V.N. fratello "dell’odierno ricorrente", intendendo invece ovviamente riferirsi a V. S.. Errore che peraltro nulla toglie al fatto, risultante dall’ordinanza, che nelle captazioni ambientali dell’11-7-2008 uno degli interlocutori sia per l’appunto l’indagato. Nè, a differenza da quanto sostenuto nel ricorso, è erronea l’individuazione di un riscontro a tali captazioni nel contenuto di successive intercettazioni telefoniche, che, evidenziando il ruolo di fornitori dei fratelli V., conferma che tale ruolo fosse stato interpretato dai predetti anche nei confronti di B..

Neppure va trascurato, da ultimo, che nel ricorso non è stata messa in dubbio la sussistenza dei gravi indizi in relazione agli altri tredici reati fine, tutti relativi a cessioni di stupefacenti, in gran parte accompagnati da riconoscimenti fotografici di B. da parte degli acquirenti. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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