Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-07-2011) 23-09-2011, n. 34672 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Roma, con ordinanza 4-3-2011, in accoglimento dell’appello proposto nell’interesse di D.C.G. C. avverso il provvedimento in data 10-12-2010 del Tribunale di Roma, sez. 6 penale, reiettivo dell’istanza di revoca o sostituzione della custodia cautelare in carcere, revocava tale misura, già disposta in relazione alla contestazione del reato di tentato riciclaggio in concorso con altri.

Tanto sulla base del fatto nuovo rappresentato dall’intervenuta assoluzione, con sentenza del Gip di Roma, con la formula perchè il fatto non sussiste, di alcuni coimputati.

Ricorre il PM presso il Tribunale di Roma per chiedere l’annullamento dell’ordinanza, deducendo mancanza o manifesta illogicità della motivazione sotto il profilo dell’automatico recepimento da parte del tribunale del riesame della decisione del Gip, peraltro impugnata dal PM, senza neppure affermarne, e meno ancora motivarne, la condivisione, per di più dopo che lo stesso organo aveva vagliato con esito positivo la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non sottoposti ad ulteriore valutazione.

Si rileva inoltre che lo stesso Gip, nella pronuncia assolutoria, ha negato l’interdipendenza delle posizioni, individuando incidentalmente in D.C. l’artefice della vicenda criminosa e il titolare della provvista illecita.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

Pur essendo condivisibile il rilievo del PM circa l’automatismo del recepimento da parte del tribunale, senza alcuna motivazione, della pronuncia assolutoria del Gip relativa ad altri imputati dello stesso reato, l’esame di tale sentenza, presente in atti, consente nondimeno a questa corte di ritenere corretto il provvedimento impugnato, sia pure attraverso la sua integrazione sotto il profilo motivazionale.

E’ invero inesatta l’affermazione del ricorrente secondo cui la sentenza del Gip autorizzerebbe la distinzione della posizione di D. C., in quanto titolare della provvista illecita, da quella dei coimputati assolti, emergendo anzi da tale sentenza come il materiale probatorio disponibile non consenta neppure di affermare l’esistenza, e comunque l’effettiva disponibilità da parte dell’indagato, di tale provvista, di cui la prospettazione accusatoria gli attribuisce la gestione.

Infatti, secondo gli esiti del procedimento a carico dei coimputati, ad onta dei frenetici contatti intrattenuti da D.C. con funzionari di svariati istituti di credito al fine di rendere possibile il trasferimento dei capitali di cui asseriva di disporre all’estero, nessuna operazione risulta perfezionata, nè mai risulta provata l’esistenza di tali capitali, sì da legittimare il dubbio della natura meramente truffaldina della condotta del predetto, plausibilmente finalizzata, attraverso millantati rapporti con la mafia italoamericana, a procurarsi una posizione di apparente prestigio personale da spendere in iniziative ancora da intraprendere.

Per quanto la sentenza in questione non sia irrevocabile, e sia stata di fatto impugnata dal PM, come si legge nel ricorso, ne sono tuttavia inconfutabili le ripercussioni sul quadro della gravità indiziaria a carico dell’indagato, già ritenuta dal tribunale del riesame, costituendo elemento nuovo atto ad incidere sulla precedente valutazione. Il provvedimento impugnato merita quindi conferma.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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