Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-01-2012, n. 1359 Assicurazione obbligatoria Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il Giudice di Pace di Napoli, nella controversia instaurata da F.D. contro la soc. B.N.C, s.p.a., compagnia assicuratrice del veicolo, ora soc. H.I.D., quale successore della precedente società, il 31 marzo 2004 dichiarava la estinzione del giudizio per il mancato rispetto del termine perentorio relativo alla notifica della citazione, che riteneva nulla.

Su gravame del F. il 30 dicembre 2005 il Tribunale di Napoli ha riformato la sentenza di primo grado e ha condannato la società appellata al pagamento di Euro 1.272,40 oltre interessi, compensando tra le parti le spese di lite.

Avverso siffatta decisione propongono ricorso principale il F., affidandosi ad un unico motivo e ricorso incidentale la H.D.I. Assicurazioni, anch’ esso articolato in un unico motivo.

Motivi della decisione

I due ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c..

1.-Osserva il Collegio che per priorità logica va esaminato l’unico motivo del ricorso incidentale (violazione dell’art. 163 c.p.c., n. 3, artt. 102, 112, 132, 345 c.p.c. in relazione alla L. n. 990 del 1969, art. 23; artt. 1306, 2909 in relazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Con esso la H.D.I. assume che l’atto di citazione originario notificato al responsabile civile, M.G., ed all’assicuratore risultava ispirato alla L. n. 990 del 1969, art. 23, così che esso in forza della predetta normativa configurava una chiara ipotesi di litisconsorzio necessario. Nel caso in esame, l’assicuratore non potrebbe subire l’efficacia riflessa di un giudicato formatosi senza la sua presenza, in contraddittorio con l’assicurato, controparte del rapporto di natura contrattuale.

Ricorrebbe almeno una ipotesi di litisconsorzio necessario che parte attrice avrebbe inizialmente ritenuto necessario e che poi avrebbe abbandonato introducendo con l’atto di appello un’azione diversa solo nei confronti dell’assicuratore, in aperta violazione degli artt. 1306 e 2909 c.c., dando luogo ad un mutamento ella domanda inammissibile ex art. 345 c.p.c., ed ottenendo una sentenza che va oltre i limiti dell’originaria domanda e, peraltro, il Tribunale non avrebbe neppure motivato sulla eccezione di essa Compagnia, distorcendo il principio di solidarietà che non deriverebbe dagli artt. 2043 e 2054, non estensibile ad un assicuratore che non sarebbe stato il protagonista neppure indiretto del danno e che troverebbe la sua ratio nell’esistenza di un valido rapporto assicurativo.

Questa, in fedele sintesi, la doglianza.

Al riguardo, osserva il Collegio, che, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente incidentale, il Tribunale ha motivatamente esaminato la questione sotto ciascuno del profili denunciati in questa sede.

Si evince, infatti, dalla sentenza impugnata che "nel caso in esame non si tratta di stabilire se la sentenza condannatoria ottenuta dal F. contro il M. faccia stato ex se nei confronti dell’assicuratore, coobbligato solidale con lui, ma si tratta di stabilire se il giudice che conosce della nuova causa avente ad oggetto la condanna diretta dell’assicuratore a risarcire il danno del medesimo sinistro debba procedere a nuovo accertamento sulla dinamica del sinistro sulla individuazione della responsabilità e sulla liquidazione di esso, oppure sia vincolato al giudicato già formatosi su tali punti nell’emettere la nuova sentenza condannatoria in danno dell’assicuratore".

Ciò affermato, e condividendo l’indirizzo di questa Corte (di recente v. Cass. n. 12612/01; Cass. n. 10017/05) il giudice dell’appello ha affermato che in tema di assicurazione obbligatoria della r.c.a. la sentenza emessa nei confronti del conducente o del proprietario del veicolo investitore convenuti in giudizio dal danneggiato ex art. 2054 c.c., senza la partecipazione neppure successiva dell’assicuratore, spiega efficacia riflessa nel senso che fa stato nei confronti dell’assicuratore per quanto concerne la sussistenza dell’obbligo risarcitorio del danneggiante e del correlativo debito, atteso che l’assicuratore non è titolare di una posizione autonoma rispetto al rapporto cui si riferisce la sentenza e non può disconoscere l’accertamento in essa contenuto come affermazione oggetto di verità, ma è titolare di una situazione giuridica dipendente dalla situazione definita con la prima sentenza (richiamo a Cass. n. 12612/01).

Nè si può parlare di litisconsorzio necessario, per il caso in esame, in quanto il danneggiato ha agito ex art. 2054 c.c., contro il conducente ed il proprietario del veicolo e non con azione diretta contro l’assicuratore.

Questo argomentare, essendo corretto dal punto di vista interpretativo ed esente da ogni vizio denunciato, induce al rigetto dell’unico motivo del ricorso incidentale, che per il vero non coglie nel segno, allorchè in esso si assume che sarebbero stati violati gli artt. 1306 e 2909 c.c., per il semplice motivo che in merito a queste prescrizioni ed all’eccezione della attuale ricorrente, all’epoca appellata, il Tribunale ha affermato espressamente che la questione fosse mal posta ed ha individuato l’esatto oggetto della eccezione proposta.

Ciò detto, va esaminata la eccezione di tardività del ricorso principale, formulata dalla Compagnia.

Al riguardo, osserva il Collegio che essa va respinta, dovendosi aderire a quell’orientamento secondo il quale la notificazione della sentenza in forma esecutiva al domicilio reale del soccombente, anzichè al procuratore costituito ai sensi dell’art. 285 c.p.c. non fa decorrere il termine per il notificante (Cass. S.U. n 12898/11).

2.-Passando all’esame del ricorso, articolato in un unico motivo (violazione art. 24 Cost., artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) il ricorrente lamenta l’erronea compensazione delle spese operata dal giudice dell’appello, in quanto le questioni non sarebbero nuove nè erano connotate da "delicatezza" giuridica.

La censura va respinta non solo perchè il governo delle spese da parte del giudice è censurabile solo quando le spese siano state poste a carico, totalmente o parzialmente, della parte vittoriosa come da giurisprudenza costante, ma anche perchè la compensazione per giusti motivi rientra nei legittimi poteri del giudice del merito ed è sindacabile nella motivazione solo nel caso in cui siano addotte ragioni illogiche o erronee (giurisprudenza costante).

Peraltro, vi sono state due decisioni di merito contrastanti e nessun atteggiamento defastigatorio si rinviene nella Compagnia assicuratrìce, che in fase di appello fu solo appellata e cercò di esercitare al meglio il suo diritto di difesa in una controversia che certamente richiedeva, come ha richiesto, un esatto inquadramento giuridico. Pertanto, il ricorso va respinto.

Dato il rigetto di entrambi i ricorsi, ritiene la Corte che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *