Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-01-2012, n. 1353 Cessazione della materia del contendere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 27 luglio 2004 la Salvatore Matarrese s.p.a., società creditrice procedente – in quanto acquirente dei crediti vantati dalla s.p.a. Banca Intesa (già s.p.a. Cariplo) nei confronti della Sud Fondi s.r.l. in liquidazione – nella procedura esecutiva pendente nei confronti del Comune di Bari, ai sensi dell’art. 602 cod. proc. civ., e segg., propose opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 13/14 luglio 2004, con la quale l’esecuzione era stata sospesa, ai sensi degli artt. 624 e 615 cod. proc. civ., a seguito di opposizione all’esecuzione proposta dal Comune esecutato.

Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi si costituì il Comune di Bari, chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Il Tribunale di Bari, con sentenza pubblicata in data 9 gennaio 2006, ha rigettato l’opposizione ed ha dichiarato compensate le spese di causa.

Avverso la sentenza, la Salvatore Matarrese S.p.A. propone ricorso straordinario per cassazione a mezzo di due motivi (il secondo dei quali relativo a tre distinte censure). Si difende il Comune di Bari con controricorso, illustrato da memoria.

Motivi della decisione

1.- Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

L’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 13/14 luglio 2004 ha disposto la sospensione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 624 cod. proc. civ., a seguito di un’opposizione all’esecuzione proposta dall’esecutato Comune di Bari ex art. 615 cod. proc. civ., comma 2.

Avverso questa ordinanza è stata proposta l’opposizione agli atti esecutivi decisa con la sentenza impugnata.

1.1.- Nelle more del giudizio di opposizione concluso con questa sentenza sono intervenuti i seguenti atti:

– un’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 22 dicembre 2004 che ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione esecutiva con riferimento ai fabbricati edificati sulle particelle di terreno indicate nell’atto di pignoramento, ritenendo soltanto i fabbricati oggetto di ipoteca, e quindi di pignoramento;

– la sentenza del Tribunale di Bari del 12 ottobre 2005, pronunciata a seguito di opposizione agli atti esecutivi proposta avverso tale ultima ordinanza, che ha confermato la statuizione di improcedibilità dell’azione esecutiva avente ad oggetto i fabbricati; ha revocato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione quanto alle aree di sedime di questi ultimi ed ha aggiunto la dichiarazione di efficacia del pignoramento limitatamente a tali aree, escludendo pertanto dall’ambito del pignoramento le aree non interessate dall’edificazione;

– altra ordinanza del giudice dell’esecuzione del 27 ottobre 2005 che, nuovamente investito della questione, a seguito della revoca dell’ordinanza dichiarativa dell’improcedibilità dell’azione esecutiva emessa il 22 dicembre 2004 e della declaratoria sull’oggetto del pignoramento sopra riportata, ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione esecutiva anche con riferimento alle aree di sedime degli edifici, disponendo la liberazione dell’immobile dal pignoramento e la cancellazione della trascrizione;

– la sentenza del Tribunale di Bari del 20 marzo 2007, pronunciata a seguito di opposizione agli atti esecutivi proposta avverso tale ultima ordinanza, che ha rigettato l’opposizione;

– avverso le due sentenze su menzionate sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione, aventi rispettivamente il n. 7341/06 ed il n. 8650/08, decisi con le sentenze infra indicate.

1.2.- Nelle more di tali ultimi due giudizi e del presente (n. 2363/07) sono sopravvenute le seguenti vicende, che riguardano gli immobili oggetto della confisca disposta con la sentenza della Corte di Cassazione, 3^ sez. pen., del 29 gennaio 2001 n. 256, che è il titolo in forza del quale il Comune di Bari aveva acquisito, ai danni della società Sud Fondi s.r.l. (nonchè delle società Mabar s.r.l. e Iema s.r.l.) la proprietà degli immobili, successivamente oggetto del pignoramento, perchè gravati dall’ipoteca in favore della s.p.a.

Banca Intesa (già s.p.a. Cariplo), alla quale si era surrogata la Salvatore Matarrese s.p.a.:

nelle date del 1^, 23 e 24 aprile 2006 i fabbricati sono stati demoliti;

la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con sentenze pronunziate il 30 agosto 2007 (sulla ricevibilità del ricorso) ed il 20 gennaio 2009 (sul merito) ha, tra l’altro, ritenuto che la confisca prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 19, è sanzione penale e non amministrativa ed è incompatibile con il principio di legalità di cui all’art. 7 e con l’art. 1 del protocollo 1 della Convenzione EDU, allorchè riguardi, come nel caso di specie, soggetti incolpevoli, dei quali cioè non sia stata accertata una condotta dolosa o colposa di partecipazione alla lottizzazione abusiva; quindi, con la seconda delle citate sentenze ha condannato lo Stato italiano a versare a ciascuna delle società ricorrenti, tra cui la Sud Fondi s.r.l. la somma di Euro 10.000,00 a titolo di danni morali, oltre alle spese processuali, rinviando per la decisione definitiva;

emanato da parte dello Stato italiano il D.L. 1 luglio 2009, art. 4, comma 4 ter, convertito nella L. 3 agosto 2009 n. 102, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha instaurato in sede penale, con ricorso del 26 settembre 2009, un incidente di esecuzione per la revoca del provvedimento di confisca e per la restituzione dei suoli confiscati alle società originarie proprietarie;

all’esito di tale procedimento, e dopo un rinvio disposto dalla Corte di Cassazione, il G.i.p. del Tribunale di Bari, con ordinanza del 15 novembre 2010 n. 302 ha revocato la confisca ed ha disposto la restituzione dei suoli alle società Sud Fondi s.r.l., Mabar s.r.l. e Iema s.r.l.;

a seguito della rinuncia del Comune di Bari al ricorso per cassazione, il provvedimento è divenuto definitivo ed è stato trascritto, a cura e spese dello Stato, a favore delle società e contro il Comune di Bari in data 25 novembre 2010. 2.- Col primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata con riferimento a quanto affermato a proposito dell’oggetto dell’ipoteca e quindi del pignoramento, specificamente con riferimento alla limitazione di tale oggetto ai soli fabbricati.

Col secondo motivo, che si articola in tre distinti profili di critica, censura la sentenza impugnata con riferimento a quanto affermato a proposito dell’inidoneità dei beni oggetto di confisca ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 19, a formare oggetto di diritti, in quanto si sarebbe trattato dei fabbricati destinati alla demolizione, laddove invece il Comune avrebbe acquistato con la confisca il solo terreno e questo non avrebbe formato oggetto di pignoramento.

Nell’illustrare i motivi, la ricorrente riporta integralmente quelli proposti nel ricorso n. 7341/06, rispettivamente al punto 5^ (corrispondente al primo motivo del presente ricorso) ed ai punti 3^, 4^ e 5^ (corrispondenti al secondo motivo del presente ricorso).

3.- Ritiene il Collegio che, malgrado la peculiarità di tale tecnica redazionale, il ricorso risponda ai requisiti di cui all’art. 366 cod. proc. civ. (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 5).

In particolare, riporta lo svolgimento del processo descritto nella sentenza impugnata e sintetizza le ragioni della decisione, sicchè, contrariamente a quanto eccepito dal controricorrente, vi è l’esatta individuazione della decisione impugnata, identificata anche quanto alla data ed al giudice emittente, nonchè all’oggetto del processo.

La premessa della ricorrente, secondo cui "la sentenza va collegata ad altra decisione del Tribunale di Bari, 2^ sez. civ., del 12.10.2005 n. 2240/05, resa inter partes, impuguata con il ricorso n. 7341/2006r.g. del 24.2.2006" non va certo intesa, come vorrebbe il controricorrente, nel senso di una sorta di collegamento processuale tra le due pronunce, quale è quello che si ha tra la sentenza che ha deciso sull’opposizione all’esecuzione e la sentenza che decide sull’opposizione agli atti esecutivi proponibile – nel regime anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 80 del 2005 e succ. mod.- avverso le ordinanze di sospensione o di diniego di sospensione ex art. 624 cod. proc. civ.. Piuttosto, per come è reso evidente dal tenore complessivo del ricorso, la ricorrente intende assumere che a fondamento della decisione richiamata (n. 2240/05) siano stati posti i medesimi argomenti posti anche a fondamento della decisione impugnata; pertanto, nel presupposto di tale identità, ripropone i medesimi motivi già posti a fondamento del ricorso n. 7341/06, avanzato avverso la sentenza n. 2240/06. La delibazione della correttezza del presupposto appena enunciato esula dalla verifica dell’ammissibilità del ricorso con riferimento ai primi tre requisiti del citato art. 366 cod. proc. civ..

3.1.- Il ricorso risponde peraltro anche al requisito di cui al n. 4 di tale ultima norma, poichè i motivi sono specifici e completi;

quanto alla riferibilità alla decisione impugnata, essi sono preceduti dall’enunciazione delle diverse ragioni della decisione ed a queste sono riferiti poichè il primo motivo corrisponde a questione affrontata dal giudice a quo ed indicata in ricorso sub A) ed il secondo motivo corrisponde a questione affrontata dal giudice a quo sotto diversi aspetti indicati in ricorso con le lettere da a) ad h) sub C); segue l’esposizione delle ragioni, con l’indicazione delle norme di diritto su cui sono fondate, che, pur se effettuata riportando dichiaratamente il testo di altro ricorso, questo fa proprio e riferisce alle enunciate questioni oggetto di specifiche censure.

Ritiene il Collegio che il ricorso così confezionato sia specifico, completo ed autosufficiente.

Vanno pertanto rigettate la prima e la seconda delle eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente.

4.- Peraltro, in accoglimento di quanto dedotto dal controricorrente al punto 1.3 del controricorso, ma tenuto conto delle vicende processuali ed extraprocessuali sopravvenute sopra esposte, ritiene il Collegio che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile per cessazione della materia del contendere.

4.1.- La società ricorrente mira a rimuovere la decisione resa ex art. 617 cod. proc. civ., al fine di conseguire la revoca dell’ordinanza di sospensione del processo esecutivo e, quindi, consentire che questo riprenda il suo corso.

Tale obiettivo non è più perseguibile.

5.- L’intervenuta demolizione dei fabbricati nelle more del giudizio di cassazione ha comportato l’improseguibilità dell’azione esecutiva sui medesimi, a causa della mancanza sopravvenuta dell’oggetto del processo esecutivo.

5.1.- L’opposizione agli atti esecutivi con la quale la Salvatore Matarrese s.p.a. aveva impugnato l’ordinanza del 22 dicembre 2004 che aveva dichiarato improcedibile l’azione esecutiva per la ritenuta non espropriabilità (per la loro natura illecita e per effetto della confisca) dei fabbricati oggetto di pignoramento, quindi sostanzialmente per la mancanza di un oggetto per sua natura idoneo al perseguimento dello scopo del processo esecutivo, si è conclusa con la sentenza di questa Corte n. 535/2012 con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso avverso la sentenza che quella ordinanza aveva sostanzialmente confermato quanto ai fabbricati, per sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

6.- Analoga vicenda ha riguardato l’opposizione agli atti esecutivi con la quale la Salvatore Matarrese s.p.a. aveva impugnato l’ordinanza del 27 ottobre 2005 che aveva dichiarato l’improcedibilità dell’azione esecutiva rispetto alle aree di sedime dei fabbricati.

Il ricorso avverso la sentenza che aveva rigettato l’opposizione è stato dichiarato inammissibile per sopravvenuta cessazione della materia del contendere con sentenza di questa corte n. 536/2012. 6.1.- Tale statuizione è stata determinata dall’avere la Corte ritenuto che, a seguito delle vicende sopra esposte al punto 1.2., quindi della revoca della confisca in sede penale, il processo esecutivo iniziato contro il Comune di Bari, per un verso, non possa "proseguire" nei confronti della Sud Fondi s.r.l., malgrado questa fosse l’unica obbligata verso l’istituto di credito al quale la Salvatore Matarrese s.p.a. si è surrogata nell’ipoteca e malgrado i beni ipotecati siano tornati nel patrimonio della società debitrice;

per altro verso, non possa proseguire nemmeno nei confronti del Comune di Bari rispetto al quale è venuta meno la condizione dell’azione esecutiva consistente nell’appartenenza del bene pignorato al soggetto esecutato. E ciò in applicazione del principio per il quale il difetto originario o sopravvenuto delle condizioni o dei presupposti processuali dell’azione esecutiva da luogo ad un’ipotesi di chiusura anticipata del processo, di portata identica a quella già dichiarata dal giudice dell’esecuzione.

7.- Segue alle statuizioni di cui sopra che – per effetto della declaratoria di improcedibilità dell’azione esecutiva oramai definitiva, sia quanto ai fabbricati che quanto ai suoli ritenuti oggetto del pignoramento, nonchè per effetto della conseguente perdita di efficacia di questo, del quale, in sede esecutiva, è stata ordinata la cancellazione, con provvedimento oramai definitivo – sia venuta a cessare la materia del contendere sull’opposizione avverso l’ordinanza di sospensione del processo esecutivo, volta ad ottenere una sentenza destinata ad avere effetti soltanto endoprocessuali.

Pertanto il principio più volte affermato da questa Corte per il quale, qualora siano state proposte opposizioni esecutive, l’estinzione del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo, rispetto alle opposizioni agli atti esecutivi (mentre rispetto alle opposizioni aventi per oggetto il diritto a procedere ad esecuzione forzata, in rapporto all’esistenza del titolo esecutivo o del credito, permane l’interesse alla decisione: cfr., tra le altre, Cass. n. 23084/05, nonchè di recente Cass. n. 6546/11 e n. 4498/11) va ribadito anche con riferimento alle ipotesi di chiusura anticipata (o di c.d. estinzione atipica) del processo esecutivo.

8.- Ritiene il Collegio che, attesa la peculiarità delle vicende del processo esecutivo, ma anche dei processi relativi allo stato giuridico dei beni pignorati, a seguito delle quali si è determinata la situazione di improcedibilità dell’azione esecutiva, il regolamento delle spese del giudizio di cassazione non vada fatto secondo il principio della soccombenza virtuale, ma disponendone la compensazione per giusti motivi.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta cessazione della materia del contendere. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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