Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-10-2011, n. 5516 Piano regolatore particolareggiato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il sig. S. V. è titolare di un’impresa individuale concessionaria di aree demaniali nel Comune di Chioggia della superficie complessiva di 3650 mq, utilizzate per campeggio e stabilimento balneare.

Nel 2003 ha ottenuto il rinnovo delle concessioni n. 71 del 1998 (stabilimento balneare e campeggio) e n. 42 del 2000 (posa ombrelloni e sedie).

L’ulteriore concessione n. 72 del 1998, avente ad oggetto l’area utilizzata come parcheggio a servizio dell’attività turistico – balneare, non è stata rinnovata perché compresa nel perimetro del piano particolareggiato di iniziativa pubblica relativo alla zone produttive D2T, Area C, P. S. F., in attuazione della variante al piano regolatore generale approvata con deliberazione di Giunta regionale n. 97 del 1998.

Detto piano è stato adottato con deliberazione di Giunta comunale n. 395 del 5 agosto 2003 ed approvato con deliberazione n. 1 del 7 ottobre 2004 del Commissario straordinario nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale n. 298 del 23 luglio 2004, in sostituzione del Comune.

Precedente all’adozione e all’approvazione del piano è la deliberazione del 4 ottobre 1995, n. 1576, con cui la Giunta municipale ha promosso la costituzione di una s.p.a. per la realizzazione del Porto turistico in località S. F.; la società è stata costituita il 30 novembre 1995 con la denominazione P. T. S. F. s.p.a.

Con ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto notificato l’11.11.2004 (n.r.g. 3579/2004), il sig. V. impugnava la deliberazione n. 395/2003 di adozione del piano, la deliberazione n.1/2004 di approvazione del piano, quanto meno per quella parte che interessa l’area da questi destinata a parcheggio, nonché l’accordo del 10.9.2001 stipulato tra la Società P. S. F. e il Comune di Chioggia avente ad oggetto la pianificazione urbanistica in questione.

Egli lamentava la violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, violazione del Codice della navigazione, illegittimità derivata dell’atto di nomina del Commissario ad acta, violazione della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61.

Con successivo ricorso notificato il 20 dicembre 2004 (n.r.g. 3195/2004), egli impugnava il decreto n. 298/2004 di nomina del Commissario ad acta nonché l’atto del 9 giugno 2004 prot. 397568 con cui la Regione Veneto formulava diffida verso il Comune per l’adozione del piano.

Il ricorrente lamentava violazione della legge regionale n. 61/1985, della legge 241/1990, della legge 30 aprile 1999, n. 136, eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà tra atti, erroneità dei presupposti, carenza di potere quanto all’esercizio del potere sostitutivo da parte della Regione.

In sostanza egli deduceva che gli atti impugnati relativi all’adozione ed approvazione del piano particolareggiato interessassero l’area adibita a parcheggio per l’attività di stabilimento balneare e campeggio esercitata nella rimanente superficie e chiedeva quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Con la sentenza in epigrafe, n. 5077 in data 2 marzo 2006, il Tribunale amministrativo del Veneto, Prima Sezione, riuniti i giudizi per motivi di connessione oggettiva e soggettiva, dichiarava i ricorsi inammissibili per difetto di interesse.

2. Avverso la predetta sentenza insorge il sig. V., contestando gli argomenti che ne costituiscono il fondamento e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso in primo grado.

Si sono costituiti il Comune di Chioggia, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la società P. T. S. F. s.p.a. e la Regione Veneto, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, chiedendo il rigetto dell’appello.

Le parti hanno depositato memorie.

La causa è stata assunta in decisione all’udienza del 7 giugno 2011.

3. Devono preliminarmente essere estromessi dal giudizio il Ministero delle infrastrutture ed il Magistrato delle acque di Venezia, in quanto il giudizio non riguarda nessun atto ad essi imputabile.

4. Il primo giudice ha accolto l’eccezione relativa all’inammissibilità del ricorso, avendo riscontrato il difetto di interesse della parte ricorrente rispetto alla nomina del commissario ad acta, avendo ritenuto tale legittimazione riservata al Comune, ed in generale in quanto l’area che ricade nel perimetro del piano particolareggiato (concessione n. 72/1998) è stata giudicata detenuta dal ricorrente senza titolo, in via di mero fatto, dopo il negato rinnovo della concessione.

L’appellante obietta di essere titolare di tre concessioni funzionalmente connesse all’attività esercitata e osserva che il caso in esame ricade nell’ambito di applicazione della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33, a norma della quale le attività turistico – balneari debbono essere servite da area a parcheggio in misura pari al 10% della superficie complessiva.

L’appellante afferma quindi il proprio interesse al ricorso, sulla base del fatto che i provvedimenti impugnati sottraggono alle superfici per campeggio e stabilimento balneare l’area destinata a parcheggio e pregiudicano il pieno godimento delle stesse.

Tali osservazioni sono condivise dal collegio nei termini che seguono.

L’interesse dell’appellante alla contestazione e alla esclusione dell’area di cui si discute dal perimetro del piano particolareggiato attiene alla tutela dell’interesse al pieno utilizzo delle altre aree su cui viene esercitata l’attività.

La domanda dell’appellante risulta quindi rivolta al migliore utilizzo della superficie oggetto delle concessioni rinnovate.

L’interesse è ulteriormente rinforzato dalla legittima aspettativa dell’appellante alla concessione delle aree di cui si tratta, che gli sono state più volte attribuite in ragione del loro rapporto con quelle nelle quali egli esercita l’attività turistico balneare.

In tale quadro, è ammissibile anche l’impugnazione della nomina del commissario "ad acta", in quanto volta ad individuare l’organo competente a decidere in ordine alla gestione (anche) dei suoi interessi.

Non può, poi, essere condivisa l’eccezione di tardività del primo ricorso, in quanto proposto oltre il termine di sessanta giorni, computato dalla pubblicazione della delibera di adozione del piano.

E" vero che certo orientamento giurisprudenziale (C. di S., IV, 8 marzo 2010, n. 1361) afferma che la delibera di adozione del piano è di per sé lesiva, e la lesione non viene meno a seguito dell’intervento della delibera di approvazione, ma in base al suddetto orientamento viene riconosciuto al soggetto leso la facoltà, non l’onere, di proporre le doglianze avverso il primo atto, fermo restando che le sue ragioni potranno essere fatte valere nei confronti del secondo atto, con il quale il comune cristallizza e rende definitive le proprie scelte.

Il ricorso di primo grado deve quindi essere dichiarato ammissibile.

5. Sostiene l’appellante che il decreto di nomina del commissario ad acta viola l’art. 69 della legge regionale del Veneto 27 giugno 1985, n. 61, secondo il quale l’esercizio dei poteri sostitutivi regionali impone la convocazione, anche d’ufficio, del Consiglio comunale, al quale è esclusivamente rimessa l’adozione dell’atto.

L’appellante sostiene inoltre che il richiamato art. 69 garantisce l’autonomia dell’ente locale cui è attribuito l’esercizio delle scelte urbanistiche pianificatorie, senza alcuna discrezionalità in capo al titolare del potere sostitutivo.

Egli aggiunge inoltre che l’atto di nomina è viziato per carenza di motivazione, non avendo indicato le ragioni della mancata convocazione del consiglio comunale.

La censura va disattesa sulla base dell’interpretazione dell’art. 69, svolta in prosieguo; di conseguenza deve essere superata la questione, proposta dalle parti resistenti, della compatabilità della suddetta norma con l’art. 22 legge 30 aprile 1999 n. 136.

Occorre precisare come l’art. 69 citato disciplina due differenti modalità, in alternativa tra loro, di esercizio dei poteri sostitutivi regionali in caso di inadempimento del comune: la prima, alla quale fa riferimento l’appellante, comporta la convocazione del Consiglio comunale; la seconda comporta l’assegnazione di un termine al sindaco per il compimento dell’atto, pena la nomina del commissario in caso di inutile decorso del termine.

E" pacifico in causa che la nomina del commissario è stata preceduta dalla notifica al Comune dell’atto di intimazione ad adempiere con contestuale assegnazione del termine (nota prot. 397568 del 9 giugno 2004), provvedimento quest’ultimo impugnato unitamente all’atto di nomina del commissario.

L’amministrazione regionale ha quindi dato applicazione alle prescrizioni normative sopra riassunte utilizzando lo strumento della previa messa in mora, alternativo rispetto alla convocazione del Consiglio comunale.

L’appellante lamenta il fatto che la Regione non abbia esplicitato le ragioni che l’hanno indotta a scegliere uno dei due strumenti alternativi a sua disposizione per ovviare all’inadempimento del Comune in ordine all’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso (art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241).

L’argomentazione deve essere superata in quanto la norma è palesemente posta a salvaguardia dell’autonomia del Comune, il quale ha approvato la scelta della Regione.

Se quindi l’appellante ha interesse a che la questione che lo interessa sia decisa dall’organo competente, il suo interesse non può spingersi fino alla contestazione dei modi della sostituzione, una volta che questi siano stati accettati dal sostituito.

Comunque, la perdurante inadempienza del Comune in ordine all’obbligo di definire la pratica, protrattasi anche dopo una pronuncia del giudice amministrativo, giustifica di per sé, senza necessità di ulteriori chiarimenti, la necessità dell’intervento diretto della Regione.

Le osservazioni appena svolte consentono di superare anche l’ulteriore motivo di appello secondo il quale la Regione ha erroneamente invocato l’applicazione dell’art. 22 della legge 30 aprile 199, n. 136, che disciplina l’esercizio dei poteri sostitutivi mediante la nomina del Commissario ma che trova riferimento solo per i piani attuativi di iniziativa privata.

L’impostazione della Regione è infatti sostenuta dall’art. 69 più volte citato, e non costituisce motivo di illegittimità l’erroneo richiamo della norma da applicare.

Il motivo deve, di conseguenza, essere respinto.

6. L’appellante sostiene inoltre che la diffida regionale ad adempiere sopra richiamata si pone in palese contraddizione con la nota del 20 maggio 2004 – prot. 350733/4701, con la quale la stessa Regione rigettava l’istanza avanzata dalla società P. S. F. s.p.a. atta a sollecitare i poteri sostitutivi, non avendo riscontrato il presupposto dell’inerzia.

La censura non può essere condivisa, in quanto la nota richiamata costituisce un mero invito rivolto alla Regione per l’esercizio dei poteri sostitutivi di fronte alla asserita inerzia del Comune.

Quest’ultima si è appalesata solo a seguito dell’inadempimento della formale diffida in data 9 giugno 2004.

7. L’appellante rileva che il piano è stato adottato in esecuzione dell’accordo del 10 settembre 2001, concluso ai sensi dell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, tra il Comune di Chioggia e la società P. S. F. s.p.a..

L’appellante lamenta violazione del successivo art. 13 della stessa legge n. 241, il quale esclude siffatta modalità di adozione per gli atti di pianificazione e di programmazione.

La censura è infondata in quanto il piano particolareggiato rientra negli strumenti attuativi dei piani regolatori generali, e non è quindi esso stesso strumento di pianificazione e programmazione generale, ed è pertanto sottratto alle restrizioni di cui all’art. 13 citato previste, appunto, per le scelte urbanistiche generali.

8. Non può essere condivisa la censura secondo cui la costituzione della società P. T. S. F. s.p.a. per la realizzazione e la gestione del P. turistico (in esecuzione della deliberazione di Giunta municipale 4.10.1995 n. 1576) aggira la regola della comparazione delle offerte per la concessione di aree demaniali, in violazione dell’art. 37 del Codice della navigazione.

L’appellante non ha impugnato la delibera comunale di promozione della costituzione della Società odierna appellata, alla quale, deve essere sottolineato, egli era legittimato a concorrere.

La tesi dell’appellante sconfina nella critica circa l’opportunità della scelta dell’amministrazione, avanzata in difetto di impugnazione degli atti nei quali la stessa è stata consacrata.

Il motivo deve, pertanto, essere respinto.

9. L’appellante contesta inoltre la violazione della legge regionale del Veneto 27 giugno 1985, n. 61, sotto altri, differenti profili.

Il piano particolareggiato violerebbe l’art. 11, in quanto lo strumento attuativo si è discostato dal perimetro previsto dallo strumento urbanistico generale oltre il limite consentito del 10%, violerebbe l’art. 18, secondo cui l’intervento in questione deve essere realizzato per comparto unitario mentre, al contrario, l’art. 2 delle norme di attuazione del piano, oltre tutto in contraddizione con l’art. 16 delle stesse norme di attuazione, prevede la realizzazione per stralci funzionali, e violerebbe infine gli artt. 62 e 60, relativi ai criteri di computo delle quote di suolo possedute dai lottizzanti, anche questi criteri disattesi dalle norme di attuazione del piano.

Sotto il primo profilo, l’affermazione della Società appellata, la quale rileva in punto di fatto il rispetto del limite di tollerabilità dettato dagli invocati artt. 11 e 18, non è stata contestata con la precisione adeguata.

Occorre rilevare come l’appellante, in quanto parte che promuove il presente processo, ha l’onere di provare adeguatamente le proprie affermazioni, per cui non può essere ritenuta sufficiente l’affermazione, contenuta a pag. 16 della memoria di replica conclusiva, secondo la quale la fondatezza della tesi proposta sarebbe percepibile ad occhio nudo.

L’affermazione doveva quanto meno essere sostenuta dall’esposizione di dati specifici e comprovati.

Sotto il secondo profilo, deve essere condivisa l’osservazione della Società appellata secondo la quale gli artt. 2 e 16 delle norma di attuazione non sono in contraddizione fra di loro e non violano il richiamato art. 18, in quanto l’area in questione è qualificata comparto edificatorio, la cui attuazione avviene per stralci come imposto dalla richiamata legge regionale.

Infine, giustamente la parte appellata sottolinea come nella fattispecie concreta, nella quale gran parte delle aree interessate sono di proprietà demaniale, e come tali sono prive di rendita, l’art. 62 della più volte citata legge regionale del Veneto 27 giugno 1985, n. 61 (il quale impone la "caratura" delle aree in base alla rendita), è in concreto inapplicabile.

Non essendo applicabile il criterio della rendita catastale, legittimamente l’Amministrazione ha seguito il criterio dell’estensione delle aree interessate.

Giova sottolineare, infine, come l’appellante neppure ha specificamente indicato come le affermate illegittimità incidano direttamente sulla sua pretesa ad ottenere una maggiore superficie da destinare a parcheggio, a servizio delle aree da lui detenute in concessione.

10. In conclusione, ravvisato l’interesse a proporre le censure di primo grado e decidendo su di esse. l’appello deve essere respinto, nei termini di cui sopra, in quanto infondato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti della Regione Veneto, del Comune e della Società appellata; spese compensate nei confronti del Ministero delle infrastrutture e del magistrato delle acque di Venezia.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 5077/06, come in epigrafe proposto, lo respinge, nei termini di cui in motivazione.

Condanna l’appellante al pagamento di spese ed onorari del giudizio nei confronti degli appellati Regione Veneto, Comune di Chioggia e P. T. S. F. s.p.a., liquidandole in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00) per ciascuno; spese compensate nei confronti del Ministero delle infrastrutture e del magistrato delle acque di Venezia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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