Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-10-2011, n. 5515 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente ha impugnato in primo grado la nota della Cassa Conguaglio G.P.L. 24 giugno 2005, n. 1583 con la quale veniva respinta la domanda di indennizzo relativa all’impianto in Otranto (LE) perché trattasi di impianto sulla banchina del porto di Otranto, su suolo demaniale, e rifornisce esclusivamente natanti da diporto.

Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso perché ha ritenuto che le disposizioni relative alla concessione dell’indennizzo negato si applichino solo agli impianti stradali.

Il Tribunale ha esplicitamente affermato che: "Per impianti stradali si intendono ovviamente i distributori posti a servizio dei veicoli su ruote e non anche quelli destinati a servire esclusivamente i natanti (e tale è l’impianto per cui è causa, come risulta dal citato decreto n. 524/1988).

Le ragioni che militano in favore di tali conclusioni sono due, una di ordine testuale e l’altra di ordine logico e sistematico.

Sotto il primo profilo, l’art. 2 del D.M. 24 febbraio 1999 (recante le disposizioni applicative dell’art. 6 del d.lgs. n. 32/1998) menziona espressamente, come destinatari del Fondo in argomento, i gestori di impianti stradali (come sopra definiti).

L’argomento sistematico, invece, si desume dalla ratio ispiratrice della c.d. liberalizzazione del mercato di riferimento, operata dal citato d.lgs. n. 32/1998.

Il processo de quo è chiaramente finalizzato all’eliminazione delle rigidità della rete di distribuzione dei carburanti ubicati sulla rete stradale ordinaria e dedicati al rifornimento degli automezzi; tale obiettivo, nel sistema introdotto dal decreto delegato, viene perseguito attraverso la trasformazione delle vecchie concessioni in autorizzazioni e, dal punto di vista della tutela della concorrenza, nella riduzione, a carico delle maggiori compagnie petrolifere (fra cui l’ENI, dante causa della ricorrente), del numero di impianti posseduti da ciascuna di esse sulla rete stradale (come risulta, fra l’altro, dal provvedimento dell’AGCM n. 9773 in data 19 luglio 2001, richiamato nel ricorso).

Se questa è la ratio del sistema, se ne deduce che l’operazione di contrazione forzata del numero di impianti (che viene parzialmente compensata con la concessione dell’indennizzo per cui è causa) non può che riguardare la rete di distribuzione collocata sulla viabilità stradale, e non anche gli impianti dedicati al rifornimento dei natanti, in quanto questa seconda "subrete" non è omogenea come l’altra, dipendendo la collocazione e la concentrazione degli impianti in parola dall’esistenza di porti commerciali o turistici e dal traffico che gravita su ciascuno di essi. Per cui, questo "mercato ristretto" obbedisce a logiche diverse, tanto è vero che l’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 32/1998 prevede una espressa deroga alla chiusura forzata proprio per gli impianti posti a servizio dei porti marini e lacuali".

La società ricorrente ha impugnato la sentenza alla luce dei seguenti motivi così epigrafati:

1. Violazione e falsa applicazione dell’at. 6 del d.lgs, n. 32/1998. Falsa applicazione dell’art. 2 del DM 24 febbraio 1999. Falsi presupposti di fatto e di diritto. Motivazione carente e/o insufficiente. Falsa applicazione dell’art. 3, comma 4, del d.lgs n. 3271998. Contraddittorietà della motivazione.

2. Violazione del comma secondo del DM 24 febbraio 1999. Omessa pronuncia su punto decisivo della questione. Carenza di motivazione.

3. Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990. Falsa applicazione dell’at. 21octies della medesima fonte.

Si sono costituite in giudizio le amministrazioni appellate chiedendo il rigetto del ricorso ricorso.

All’udienza del 24 maggio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Nel primo motivo di ricorso (pagina 8) la società ha dedotto che nel caso di specie "sovveniva un impianto del tutto particolare il quale benché destinato ai soli natanti, è collocato su strada comunale ed inserito pienamente nel contesto urbano della città. Tale specificità è stata riconosciuta anche a livello regionale attraverso l’emanazione del regolamento del 10 gennaio 2006, n. 2, attuativo della legge regionale 13 dicembre 2004, n. 23. L’articolo 20 (disciplinante gli impianti marini) di tale regolamento, al comma 4, prevede: "Il divieto di cui al comma precedente (ossia il divieto di cessione di carburanti ai veicoli stradali) non si applica per gli impianti già esistenti che siano collocati su tratti di rete stradale ordinaria in posizione tale da non arrecare intralcio al traffico così come previsto dal presente regolamento. In tal caso l’amministrazione comunale, verificata la conformità dell’impianto sotto tutti gli ulteriori profili contemplati dalla normativa di settore, ivi compresa la normativa fiscale, di sicurezza antincendio, sanitaria e ambientale, potrà autorizzare il rifornimento anche ai veicoli stradali".

È proprio il caso di specie tant’è che il Comune di Otranto, verificato il possesso dei requisiti contemplati nella disposizione citata, ha già provveduto a rilasciare all’appellante il titolo abilitante il rifornimento anche alle autovetture (documento 12)".

La circostanza dedotta non è stata dimostrata.

In realtà, così come correttamente indicato nel foliario, la società ricorrente si è limitata a depositare una semplice istanza datata 26 febbraio 2006, ma senza numero di protocollo di ingresso, con la quale si chiedeva il rilascio di un uovo certificato di agibilità privo di ogni limitazione delle vendite rientrando il caso in quelli espressamente previsti dall’art. 20, comma 4, del regolamento della Regione Puglia 10 gennaio 2006, n. 2.

Detto certificato non è mai stato depositato in giudizio, né all’atto del deposito dell’appello, né nell’imminenza dell’udienza di trattazione del ricorso.

Quanto affermato dalla società ricorrente dimostra l’esattezza della sentenza appellata in quanto anche la nuova disciplina regionale distingue tra impianti marini e gli altri impianti, classificati nell’articolo 3 del citato regolamento. Orbene se l’indennizzo era dovuto anche per la soppressione degli impianti diversi da quelli stradali, non v’era ragione di introdurre una norma derogatoria, e solo per quelli preesistenti, che comunque prevedeva una preventiva autorizzazione.

Permanendo la distinzione, nessun indennizzo poteva essere riconosciuto alla società ricorrente.

Ma anche se il Comune di Otranto avesse rilasciato il richiesto certificato, la circostanza sarebbe stata irrilevante ai fini del giudizio.

"Il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che la sua legittimità va valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui è stato adottato" (Consiglio Stato, sez. VI, 29 marzo 2011, n. 1900).

Orbene il provvedimento impugnato in primo grado è stato adattato il 24 giugno 2005.

Un atto regolamentare di una regione, adottato successivamente (10 gennaio 2006), non può rendere illegittimo retroattivamente un atto di un ente pubblico statale (Cassa Conguagli GPL).

Infine la Sezione non può ribadire il proprio orientamento in merito all’applicabilità dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990: "Non è consentito l’annullamento dei provvedimenti amministrativi, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ex art. 21 octies, l. n. 241 del 1990, come integrata dalla l. n. 15 del 2005" (Consiglio Stato, sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1673).

Il rigetto del ricorso, com’è ovvio, non impedisce alla società di rinnovare la richiesta, sempreché essa possa ritenersi ancora tempestiva, allegando il certificato richiesto al Comune di Otranto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la società ricorrente al pagamento in favore del Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore, della somma di Euro 3.000,00 (euro tremila/00) per le spese di questa fase di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Coraggio, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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