Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-07-2011) 23-09-2011, n. 34715 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. In data 31.1.2011 il Tribunale di Genova, costituito ex art. 310 cod. proc. pen., decideva sull’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza emessa dal Gip dello stesso tribunale in data 4.1.2011 che aveva disposto nei confronti di L.S. U. la misura cautelare degli arresti domiciliari, applicando alla predetta la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 624-bis, 625, 628, 575 e 576 cod. pen., commessi tra il 2009 e novembre 2010.

Il tribunale premetteva che il 19 ottobre 2010 un’anziana ospite della casa di riposo Ave Maria di (OMISSIS), B.V., veniva trovata morta nel suo letto con tracce di sangue intorno alla bocca e l’autopsia accertava che la morte era avvenuta nella notte, provocata da un’azione di soffocamento. Il pomeriggio precedente la vittima si era recata presso i Carabinieri per denunciare la sottrazione di assegni dalla sua camera, risultati poi abusivamente incassati a nome dell’indagata che lavorava come ausiliaria nella casa di riposo la quale confessava il furto degli assegni in danno della signora. Il giudice aveva disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari in ospedale, ravvisando i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagata in ordine ai reati di furto contestata escludendo, la misura in ordine ai reati di omicidio aggravato e rapina aggravata.

Il tribunale, quindi, riteneva la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagata anche in ordine al reato di omicidio aggravato e di rapina di un ulteriore assegno in danno della B., sulla base di una pluralità di elementi.

Affermava, altresì, la sussistenza, alla luce del contenuto delle conversazioni intercettate il 21 novembre e il 6 dicembre 2010, dei gravi indizi in ordine al reato di furto consumato contestato al capo F, relativamente alla sottrazione di un orologio ai danni di una paziente ricoverata nella stessa clinica psichiatrica ove l’indagata è detenuta.

In ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, l’ordinanza impugnata evidenziava la gravità dei fatti di omicidio e rapina nonchè, la pericolosità manifestata dall’indagata sia con riferimento alla reiterazione di episodi di furto in danno di persona anziana ricoverata presso una casa di riposo, sia in relazione alla manifestata mancanza di remora morale alla commissione di atti di estrema gravità per motivi venali. Evidenziava, altresì, la sussistenza del pericolo di fuga in considerazione degli stretti ed assidui legami con la madrepatria come emersi dalle indagini.

2. Ha proposto ricorso l’indagata, tramite il difensore di fiducia, deducendo quanto di seguito. a) Vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di omicidio ed al reato di rapina, contestati rispettivamente ai capi D) ed E) della provvisoria imputazione. Il tribunale, infatti ad avviso della ricorrente ha indicato come indizi mere supposizioni, ha utilizzato in maniera scorretta ed Illogica massime di esperienza, ha messo insieme elementi contraddittori: il fatto che la L. sia autrice (confessa) del furto degli assegni non assume alcuna rilevanza ai fini della valutazione degli indizi dell’omicidio; invero, il tribunale ha sottovalutato che, come ha riferito la cugina, la vittima non aveva in alcun modo collegato il nome di chi aveva posto all’incasso gli assegni con la persona dell’indagata, pertanto, non poteva aver programmato di contestare il fatto quella sera, a maggior ragione se si considera che l’indagata era subentrata nel turno di notte soltanto a seguito della sostituzione di una collega ammalata.

Contesta, inoltre, la valutazione degli elementi emersi dall’autopsia in ordine al tipo di farmaco assunto dalla vittima, atteso che non poteva ritenersi affatto escluso che la vittima avesse assunto il principio attivo diazepam attraverso il farmaco Ansiolin che aveva a sua disposizione.

Rileva che nella perquisizione non è stata trovata occultata soltanto la confezione di farmaco, ma tutta la borsa dell’indagata con finalità evidente di porsi al riparo da furti. La ricorrente, inoltre, se era l’unica persona di turno la sera del fatto non era certamente l’unica persona presente. Ad avviso della ricorrente, il tribunale, a differenza del Gip, ha omesso di valutare il mancato accertamento del mezzo con cui sarebbe stato commesso il reato e dell’ora esatta in cui è avvenuto.

Quanto alla rapina dell’assegno che si sarebbe verificata dopo la denuncia, la ricorrente evidenzia che nella denuncia ai carabinieri non si faceva alcun riferimento alle matrici degli assegni; in realtà la B. aveva denunciato lo smarrimento degli assegni che erano stati messi all’incasso. b) Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del pericolo di fuga, che il Gip aveva puntualmente escluso, anche tenuto conto del comportamento dell’Indagata che si è volontariamente ricoverata in una struttura psichiatrica. c) Inutilizzabilità delle intercettazioni – in particolare, in ordine al messaggio Intercettato inviato dall’indagata, peraltro, generico – ai fini della prova dell’omicidio atteso che, pur essendo state richieste dal pm per i reati di furto e per l’omicidio, il Gip aveva autorizzato le intercettazioni soltanto per i reati di furto.

Motivi della decisione

Deve rilevarsi in primo luogo la manifesta®aSBB infondatezza della dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni in relazione al reato di omicidio, stante la esplicita disposizione dell’art. 270 c.p.p., comma 1. Del resto, non possano considerarsi pertinenti a "diverso procedimento" risultanze concernenti fatti strettamente connessi a quello cui si riferisce l’autorizzazione del giudice all’Intercettazione per i quali, dunque, non rilevano i limiti di utilizzabilità fissati all’art. 270 cod. proc. pen., pur se – come è stato affermato – devono sussistere le condizioni generali cui la legge subordina l’ammissibilità delle intercettazioni a norma dell’art. 266 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 4942, 15/01/2004, Kolakowska Bozena, rv. 229999; Sez. 3, n. 12562, 25/02/2010 Preziosi, rv. 246594).

Sono infondati i dedotti vizi di motivazione sia in ordine alla sussistenza dei gravi indizi a carico della ricorrente per i reati esclusi dall’originario provvedimento cautelare, sia per quel che riguarda le esigenze cautelari.

Invero, le doglianze della ricorrente si sostanziano in censure di merito volte ad una rivalutazione degli elementi acquisiti, preclusa nel giudizio di legittimità.

Nel provvedimento impugnato viene dato conto in maniera dettagliata ed ampia del percorso argomentativo in ordine alla valutazione del compendio indiziario operata dal tribunale. L’ordinanza impugnata è, infatti, motivata con argomenti logici e non contraddittori, ancorati alle emergenze del procedimento che indicano le ragioni per le quali il tribunale – diversamente rispetto a quanto aveva fatto il Gip – ha ritenuto sussistenti a carico della ricorrente degli indizi anche in ordine al reato di omicidio aggravato e di rapina di un ulteriore assegno in danno della B..

Ha evidenziato: la circostanza che poche ore prima dell’omicidio la vittima, informata del fatto che i suoi assegni erano stati incassati a nome della indagata, si era recata dai carabinieri per presentare denuncia, benchè contro ignoti; la circostanza che, come riferito da alcuni testimoni, la vittima era seriamente intenzionata a contestare al responsabile quanto accaduto; il risultato dell’autopsia dalla quale emergeva un’elevata concentrazione nel sangue della vittima di principio attivo diazepam, sostanza ipnotica, non compatibile con i farmaci assunti dalla stessa; la circostanza che, a seguito di perquisizione nell’abitazione dell’indagata veniva rinvenuta, ben occultata sotto il mobile della cucina, una borsa contenente farmaco con detto principio attivo; la circostanza che un ulteriore assegno con numero finale 69 era stato sottratto alla vittima dopo la denuncia ai carabinieri nella quale, infatti, tale assegno non era stato indicato benchè la B. avesse controllato attentamente le matrici del libretto dal quale erano stati sottratti gli assegni e che risultava provato, attraverso le intercettazioni delle conversazioni dell’indagata con il marito, che la L. aveva sottratto detto assegno; ancora, il contenuto del messaggio, gravemente autoaccusatorio, inviato dall’indagata ad un’amica in epoca successiva al delitto ed intercettato 25/11/2010 nel quale la stessa affermava: "ho fatto una cosa molto brutta, sento Dio lontano da me"; la circostanza che l’indagata era l’unica persona di turno nella casa di riposo la notte in cui avvenne l’omicidio.

Lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato, quindi, su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità della ricorrente in relazione al reato di omicidio ed alle residue imputazioni.

Quanto al ricorso alle massime di esperienza – giudizio ipotetico a contenuto generale, indipendente dal caso concreto, fondato su ripetute esperienze ma autonomo da esse e valevole per nuovi casi – deve ribadirsi che il controllo di legittimità sui vizi di motivazione, sotto il profilo della manifesta illogicità, non può estendersi al sindacato sulla scelta delle massime di esperienza delle quali il giudice abbia fatto uso nella ricostruzione del fatto, purchè la valutazione delle risultanze processuali sia stata compiuta secondo corretti criteri di metodo e con l’osservanza dei canoni logici che presiedono alla forma del ragionamento, e la motivazione fornisca una spiegazione plausibile e logicamente corretta delle scelte operate. Ne consegue che la doglianza di illogicità può essere proposta quando il ragionamento non si fondi realmente su una massima di esperienza ma valorizzi piuttosto una congettura, cioè una ipotesi non fondata sull"id quod plerumque accidit", insuscettibile di verifica empirica, od anche una pretesa regola generale che risulti priva, però, di qualunque e pur minima plausibilità (Sez. 6, n. 16532, 13/02/2007, Cassandra, rv. 237145).

La motivazione dell’ordinanza impugnata supera, pertanto, il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

Infondate sono, altresì, le censure relative alla motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari, laddove l’ordinanza impugnata, prima ancora del pericolo di fuga, evidenziava la gravità dei fatti e la elevata pericolosità manifestata dalla ricorrente sia per la reiterazione degli episodi di furto in danno di persona anziana ricoverata presso una casa di riposo, sia per la manifestata mancanza di remora morale alla commissione di atti di estrema gravità per motivi venali. Anche la dedotta patologia psichica viene adeguatamente valutata sulla base delle emergenze processuali.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.

Deve disporsi, altresì, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale Distrettuale del riesame di Genova perchè provveda a quanto stabilito nell’art. 92 disp. att. cod. proc. pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale Distrettuale del riesame di Genova perchè provveda a quanto stabilito nell’art. 92 disp. att. cod. proc. pen..

Manda alla cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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