Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-01-2012, n. 1346 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che la Corte di appello di Venezia, con decreto del 29 settembre 2008, ha condannato il Ministero delle Finanze a corrispondere a B.P. un indennizzo di Euro 2.900,00, oltre agli interessi legali per l’irragionevole durata di un procedimento in materia pensionistica iniziato davanti alla Corte dei Conti con ricorso del 10 gennaio 1998 e non ancora definito,osservando: a) che il giudizio non avrebbe dovuto durare più circa tre anni; b) che la sua durata aveva quindi ecceduto di 5 anni ed 11 mesi quella ritenuta dalla CEDU; per cui doveva essere liquidato il danno non patrimoniale in misura equitativa corrispondente ad Euro 2.900 per anno.

Che il B. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso affidato a 3 motivi, con i quali, deducendo violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e degli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU, degli artt. 1223 e 1226 cod. civ., nonchè insufficienza e contraddittorietà della motivazione, ha censurato la decisione nella liquidazione del quantum dell’indennizzo; e che il Ministero non ha spiegato difese, osserva che il ricorso è fondato: in quanto questa Corte ha ripetutamente affermato anche a sezioni unite: 1) che il giudice nazionale "può allontanarsi da un’applicazione rigorosa e formale dei criteri adottati dalla Corte europea", ma pure conservando un margine di valutazione,non può liquidare somme che non siano in "relazioni ragionevoli con la somma accordata dalla Corte negli affari simili", restando quindi fermo il suo dovere di "conformarsi alla giurisprudenza della Corte, così accordando somme conseguenti"; 2) che i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono, in conclusione, essere ignorati dal giudice nazionale anche se questi può discostarsi in misura ragionevole dalle liquidazioni effettuate a Strasburgo in casi simili: con conseguente dovere di ufficio del giudice di merito di accertare i casi simili e le eque riparazioni del danno non patrimoniale in essi operate dalla Corte di Strasburgo, avvalendosi al riguardo della collaborazione delle parti, ed in particolare dell’attore, che ha interesse a fornirgli ogni elemento utile alla determinazione del danno nella misura da lui richiesta (come del resto in altra materia consente la L. n. 218 del 1995 nell’accertamento della legge straniera).

Nel caso concreto il provvedimento impugnato non si è attenuto a questi principi avendo liquidato come danno non patrimoniale causato da un giudizio durato fino alla data di proposizione del ricorso (27 dicembre 2006) circa 9 anni, in cui ha ravvisato,per quanto interessa il ricorrente,un ritardo ritenuto di anni 5, mesi 11, un indennizzo di Euro 2.900,per il carattere collettivo della domanda nel giudizio presupposto; e per la modestia della posta in gioco.

Questa Corte, infatti, considera che gli elementi suddetti giustifichino uno scostamento rispetto al parametro di mille euro per anno di non ragionevole durata del processo, ma non al di sotto della soglia di 750,00 Euro, che appare invece alla Corte generalmente adeguato in particolare nei casi – come quello in considerazione – in cui la domanda di giustizia risulti accolta in modo definitivo in un ulteriore periodo che non superi quello di altri tre anni, oltre il quale sia invece giustificato ritenere che l’irragionevole durata del processo abbia comunque provocato un pregiudizio risarcibile come danno non patrimoniale nella misura di almeno mille per ogni anno di irragionevole protrazione del processo.

Il decreto impugnato va, pertanto, cassato in relazione alla censura accolta;e poichè non necessitano ulteriori accertamenti il Collegio deve decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., liquidando al B. un indennizzo che tuttavia dati gli elementi avanti evidenziati dalla Corte di appello, viene determinato in misura inferiore allo standard minimo indicato dalla Corte Edu di Euro 1000 per anno in base al parametro minimo di 750,00 Euro, per i primi tre anni di ritardo: ed in Euro 1.000,00 per ciascuno di quelli residui: e perciò nella misura complessiva di Euro 5.250,00, con gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale; nonchè a rifondere al ricorrente le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., condanna il Ministero dell’Economia a corrispondere a B.P. la somma di Euro 5.250,00 con gli interessi dalla data della domanda; lo condanna inoltre al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito in misura eguale a quella indicata nel decreto impugnato, e delle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 700,00, di cui Euro 600,00 per onorari, unitamente al rimborso forfetario delle spese generali ed agli accessori di legge.

Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5.

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