Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-07-2011) 23-09-2011, n. 34713 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza dell’1.10.2010 il Tribunale di Bergamo, quale giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza avanzata da S. K., volta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, ex art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati con le sentenze specificamente indicate.

Il giudice affermava che dagli atti non emergevano elementi sintomatici dai quali trarre l’unicità del disegno criminoso, tenuto conto, peraltro, che i reati cui si riferisce l’stanza sono stati commessi in un arco temporale di sei anni (1993-1999).

2. Avverso la citata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione S.K., a mezzo del difensore di fiducia, lamentando la violazione di legge ed il vizio della motivazione con riferimento all’art. 671 cod. proc. pen., e deducendo, in specie, l’omessa valutazione da parte del tribunale degli elementi fattuali secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza, essendosi limitato a considerare il profilo cronologico.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

L’art. 671 cod. proc. pen. attribuisce al giudice il potere di applicare in executivis l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati dall’art. 81 cod. pen.. Peraltro, la possibilità di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva ha carattere sussidiario e suppletivo rispetto alla sede di cognizione, stante il carattere più completo dell’accertamento e la mancanza dei limiti imposti dall’art. 671 cod. proc. pen..

Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo. La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, 7.5.1992, n. 1060, Di Camillo, riv. 189980; Sez. 1, 7.7.1994, n. 2229, Caterino, riv. 198420; Sez. 1, 30.1.1995, n. 5518, Montagna, riv. 200212).

Nella specie, le censure mosse con il ricorso appaiono, alla luce della motivazione del provvedimento impugnato ancorchè sintetica, assolutamente generiche; il ricorrente, invero, si limita a muovere obiezioni senza indicare alcun profilo concreto in ordine al tema della valutazione della unicità del disegno criminoso.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro mille, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille in favore della cassa della ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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