Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-01-2012, n. 1344 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che la Corte di appello di Potenza, ha dichiarato inammissibile la domanda di equa riparazione proposta da A., S. e V.F. per l’irragionevole durata di un giudizio intrapreso dal loro dante causa V.G. con citazione del 30 luglio 1986 dinanzi al Tribunale di Lecce, durante il quale il V. era deceduto in data (OMISSIS); in quanto da tale data era comunque decorso il termine semestrale di 6 mesi di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, egualmente spirato anche a considerare che il giudizio presupposto si era protratto fino al 5 giugno 2006, in cui con ordinanza del G.I. era stato cancellato dal ruolo.

Che i V. hanno proposto ricorso per due motivi, con i quali hanno sostenuto la tempestività della proposizione dell’azione da loro iniziata con ricorso del 16 gennaio 2008; e che il Ministero non ha spiegato difese, osserva: il decreto impugnato ha accertato che i V. hanno agito quali eredi dell’ing. V.G., parte nel giudizio presupposto, nel quale tuttavia non è stato dichiarato la sua morte avvenuta il 2 ottobre 2003; e che la causa dopo vari gradi di giudizio è stata cancellata dal ruolo dal giudice di rinvio nell’udienza del 5 giugno 2006.

Pertanto dovevano trovare nel caso applicazione i principi più volti affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui: a) la proposizione del giudizio di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, è subordinata dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, come risulta dalla stessa epigrafe della disposizione ("Termine e condizioni di proponibilità"), alla sussistenza di uno specifico presupposto indicato nella "pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata", cui la norma ha aggiunto un termine finale costituito dalla scadenza del semestre decorrente dalla data in cui la decisione che lo conclude è divenuta definitiva. L’espressione "decisione definitiva" riproduce l’analoga espressione "decisioni interne definitive" contenuta nell’art. 35, paragrafo 1, della Convenzione CEDU, ed è rivolta a comprendere tutte indistintamente le tipologie di processo del quale sia ipotizzabile dolersi della durata non ragionevole ai sensi della legge n. 89 del 2001, sicchè essa non può essere limitata alle sole sentenze di merito, ma deve intendersi riferita a qualsiasi provvedimento dopo il quale quel processo (o quella specifica fase di esso) debba ritenersi concluso e non più pendente; b) il concetto di definitività della decisione ove si tratti di una sentenza di merito si identifica con il suo passaggio in giudicato, mentre, con riferimento alle sentenze meramente processuali ed in genere ai provvedimenti giurisdizionali idonei a porre formalmente termine al processo o ad impedire che dopo di esso il processo medesimo e/o il relativo segmento processuale che lo ha concluso possano considerarsi ancora pendenti, si correla non già alla effettiva realizzazione del diritto la cui tutela era stata invocata in quel processo, bensì allo spirare del termine per la proposizione degli appositi rimedi onde rimuoverne gli effetti, quale che ne sia la denominazione (opposizione, reclamo, regolamento ecc.) e la conseguente peculiare disciplina (Cass. 11644/2007; 12640/2006; 1184/2006).

Ed allora siccome per il disposto dell’art. 307 cod. proc. civ., la causa cancellata dal ruolo deve essere riassunta davanti allo stesso giudice nel termine di un anno decorrente (nella fattispecie) dalla data del provvedimento di cancellazione, trascorso inutilmente il quale il processo si estingue, nel caso tale effetto si sarebbe prodotto, considerando la sospensione dei termini per il periodo feriale dell’anno 2007, il 5 ottobre di detto anno; dal quale è iniziato a decorrere il semestre concesso dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, definitivamente interrotto dal ricorso degli eredi V., depositato come accertato dalla stessa Corte di appello, il 16 gennaio 2008. Per cui la relativa domanda doveva essere considerata tempestiva.

Il decreto impugnato che non si è attenuto ai suddetti principi va pertanto cassato,con rinvio alla stessa Corte di appello di Potenza che provvederà a riesaminare nel merito la loro richiesta di equa riparazione; nonchè alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Potenza in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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