Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-07-2011) 23-09-2011, n. 34687 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Potenza confermava la sentenza in data 22.9.2010 del Tribunale di Lagonegro, che aveva condannato C.M. alla pena di un mese e dieci giorni di arresto e di Euro 700,00 di ammenda, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e unificazione dei reati ai sensi dell’art. 81 c.p., per i reati: (capo A) di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, per avere portato senza giustificato motivo un coltello; (capo B) di cui all’art. 697 c.p., per avere detenuto illegalmente nove cartucce cal. 12, di cui due a palla singola; (capo C) di cui alla L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 11, comma 3, lett. f), e art. 30, comma 1, per avere introdotto senza autorizzazione nel Parco Nazionale del (OMISSIS) il coltello e le munizioni di cui ai capi precedenti, nonchè un mezzo elettronico di cattura dei volatili.

Coltello e cartucce erano state trovate in un borsello nella vettura del ricorrente e l’apparecchio anch’esso nella vettura.

A ragione della conferma della condanna la Corte di appello osservava che:

– l’assunto difensivo, secondo cui il coltello era stato dimenticato nella vettura, non risultava provato e comunque non era sufficiente ad escludere la responsabilità dell’imputato, perchè, essendo il reato di natura contravvenzionale, bastava ad integrarlo anche la colpa per mera negligenza; nè risultava che il porto fosse legittimato da un giustificato motivo;

– la facoltà di tenere cartucce a pallini, per fucili da caccia, in numero superiore a 1000, non escludeva comunque l’obbligo di denuncia in relazione alle munizioni a palla singola, che l’imputato deteneva in numero pari a due;

– quanto alla contravvenzione alla legge caccia, era assorbente il rilievo che in occasione della perquisizione l’imputato indossava all’interno del (OMISSIS) abiti ad uso caccia, ed aveva con sè un apparecchio elettromagnetico acustico che serviva al richiamo dei volatili; mentre non aveva rilievo la circostanza che l’apparecchio funzionasse come un mangianastri e che non fosse al momento in funzione;

– dal certificato del casellario giudiziale risultava infine che l’imputato era stato già condannato alla pena di due anni otto e mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta, e tale condanna era ostativa alla concessione della sospensione condizionale della pena.

2. Ricorre l’imputato a mezzo del difensore, avvocato Tommaso Savito, e chiede l’annullamento della sentenza impugnata.

Premette che il ricorrente era bordo della sua vettura quando era stato controllato dai carabinieri ed era da escludere che si trovasse in atteggiamento di caccia o comunque sospetto; il carabiniere B. aveva riferito che l’imputato era vestito da caccia ma non aveva saputo poi spiegare il tipo di abbigliamento cui si riferiva;

il coltello era un semplice coltello d’apertura manuale, con l’ama di 11 centimetri; le nove cartucce di calibro 12 erano quelle normalmente utilizzati per il fucile da caccia che l’imputato legittimamente deteneva e per il quale aveva ottenuto porto d’armi, seppure attualmente scaduto. Denunzia inoltre:

2.1. violazione di legge sostanziale e manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato di porto illegale di coltello;

erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto sussistente il reato in quanto punibile anche titolo di colpa, non verificando se nella fattispecie concreta ricorressero o meno un giustificato motivo;

essendo pacifico che il coltello da sono trovati assieme alle cartucce all’interno della vettura e che l’imputato era in possesso di una licenza di porto darmi, seppure scaduta, la circostanza che codesti oggetti fossero stati dimenticati all’interno della macchina (dopo una passata partita di caccia) dimostrava che andava esclusa la volontarietà della condotta; non risultavano inoltre valutate circostanze di tempo e di luogo che potevano rendere l’oggetto utilizzabile per l’offesa della persona, in contrasto con il fatto che l’imputato era stato sorpreso fermo al ciglio della strada, che attendeva la propria segretaria;

2.2. violazione della legge sostanziale e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla detenzione illegale delle munizioni;

l’imputato era in possesso di licenza di porto d’armi, seppure scaduta, e le cartucce si riferivano al suo fucile, non era pertanto necessario per esse alcuna separata denuncia;

2.3. violazione della legge sostanziale e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla detenzione dell’audio registratore, non riconducibile alla nozione di mezzo distruttivo o di cattura, di cui alla L. n. 394 del 1991, art. 11, comma 3,; non bastava d’altro canto certamente un vestito da caccia, unito al registratore, a rendere questo idoneo alla cattura di volatili;

2.4. violazione della legge sostanziale e difetti e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui non erano state concesse le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena; la bancarotta era difatti ampiamente prescritta, essendo il fallimento stato dichiarato il 23 giugno 1997, e avverso la sentenza di primo grado pendeva appello; inoltre a circa sessantanni l’imputato non aveva al suo attivo altri reati.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare sotto ogni aspetto quantomeno infondato.

2. In relazione alle deduzioni con le quali si intende contestare che l’imputato era stato sorpreso in atteggiamento o attitudine di caccia, articolate nella premessa del ricorso, evidentemente riferite alla contravvenzione al capo C), e al terzo motivo, occorre ricordare che la contestazione è riferita alla L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 11, comma 3, lett. f), e art. 30, comma 1, che vieta l’introduzione nei Parchi nazionali "di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati".

La contestazione non riguarda dunque la legge sulla caccia, ovverosia la L. n. 157 del 1992, che sanziona l’esercizio della caccia non autorizzata e per la quale all’esercizio è assimilata l’attitudine di caccia, bensì la legge-quadro sulle aree protette, che anticipa il livello di protezione alla mera introduzione nel Parco di mezzi di cattura, seppure privi di collegamento concreto a comportamenti immediatamente prodromici o riferibili alla cattura o all’abbattimento effettivi della selvaggina.

In particolare, nei territori delle aree protette a norma della Legge Quadro, della L. 6 dicembre 1991 n. 394, è direttamente tale legge, con l’art. 11, comma 3, lett. f), a prescrivere, espressamente, la necessità della preventiva autorizzazione degli enti preposti alla tutela delle aree stesse per l’introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, nonchè a fissare con sufficiente chiarezza le condotte vietate e a dettare, in caso di violazione dei divieti previsti, specifiche sanzioni penali.

Perchè sia integrata la corrispondente contravvenzione al divieto di introduzione di richiami da caccia in area protetta, è sufficiente, per conseguenza, la constatata presenza del privato, senza la prescritta autorizzazione, all’interno dell’area e in possesso di tali strumenti: a prescindere dalla flagranza dell’attività venatoria o dell’atteggiamento di caccia, costituendo il relativo divieto lo strumento prescelto dal legislatore per la radicale salvaguardia della fauna protetta.

L’obiettiva presenza, nella vettura all’interno del Parco, di un richiamo per volatili preregistrato, di coltello e di munizioni, bastava dunque ad costituire la violazione al capo C), a prescindere dall’abbigliamento e dall’atteggiamento tenuto dal ricorrente.

3. Le osservazioni della Corte di appello sul fatto che nessun motivo lecito a giustificazione del porto del coltello fosse stato tempestivamente addotto dall’imputato e che l’asserita dimenticanza, pur non provata, era irrilevante integrando un’ipotesi di negligenza ed essendo il reato punito anche a titolo di colpa, sono corrette e plausibili.

Mentre sono all’evidenza infondate le deduzioni relative all’assenza di indagini sulle circostanze che denotavano l’utilizzabilità ai fini di offesa alle persone, espressamente menzionate dalla L. n. 110 del 1975, art. 4. comma 2 soltanto a proposito degli altri strumenti non considerati espressamente come arma da punta o da taglio. Per i coltelli, la pericolosità essendo dunque presunta.

4. L’affermazione difensiva che le cartucce a pallini si riferivano ad arma regolarmente detenuta, sono del tutto prive di autosufficienza. E la prova relativa alla perdurante regolare detenzione del fucile, il cui porto era scaduto da tempo, neppure risulta tempestivamente versata ai giudici del merito.

Per altro, la Corte di appello ha correttamente evidenziato che bastava ad integrare la contravvenzione contestata la detenzione delle altre due munizioni a palla singola.

5. Il motivo sulle circostanze generiche è manifestamente infondato giacchè le stesse risultano già concesse.

E manifestamente infondate sono le deduzioni sulla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, con le quali, a fronte della corretta osservazione della Corte di appello – secondo cui dal certificato penale risultava una condanna per bancarotta fraudolenta ostativa – si pretende di sostenere che tale reato era oramai prescritto e che la condanna non sarebbe stata definitiva:

senza addurre alcuna prova dell’assunto in patente contrasto con quanto asseverato dai giudici di merito sulla base degli atti.

6. In conclusione, il ricorso non può che essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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