Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-06-2011) 23-09-2011, n. 34710

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il GIP del Tribunale di Brindisi, pronunciando in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 3 maggio 2010, rigettava l’istanza proposta da D.L.T. di restituzione di un ciclomotore oggetto di un provvedimento di confisca, adottato con decreto penale di condanna, emesso nell’ambito di un procedimento penale promosso nei confronti dell’istante per violazione dell’art. 116 C.d.S., per essersi l’imputato posto alla guida del predetto veicolo, essendo sprovvisto di patente di guida perchè revocata.

2. – Proposta dal D.L. opposizione avverso tale provvedimento, il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato il gravame, confermando la confisca del veicolo, osservando, per un verso, che gli argomenti addotti a sostegno della richiesta – l’essere il ciclomotore confiscato di proprietà di un terzo, estraneo al procedimento penale; l’essere quella contestata con il decreto penale, la prima violazione della norma incriminatrice, sicchè la confisca non poteva venire disposta – risultavano improponibili in sede esecutiva, a ragione dalla mancata opposizione del D.L. al decreto penale; dall’altro, che seppure l’art. 116 codice della strada non prevedeva come obbligatoria la confisca del ciclomototore, il provvedimento ablatorio doveva ritenersi comunque legittimo, ai sensi dell’art. 240 cod. pen., in quanto il bene confiscato costituiva pur sempre il "mezzo" con il quale il reato era stato commesso.

3. – Avverso tale decisione, il difensore del D.L. ha proposto ricorso per cassazione, nel quale, dopo avere ribadito che il ciclomotore confiscato era di proprietà di un terzo estraneo al fatti, il figlio C., deceduto nelle more del procedimento penale, ne denunzia l’illegittimità per violazione di legge e per vizio di motivazione, con riferimento ad entrambe le rationes decidendi addotte dal giudice dell’esecuzione, contestando, quanto alla prima, che essendo stata la confisca disposta come misura di sicurezza, l’impugnazione di tale provvedimento dovesse necessariamente avvenire attraverso l’opposizione al decreto penale di condanna, che rappresenta invece uno strumento di impugnazione delle statuizioni relative alla responsabilità del fatto contestato ed alla misura della pena; quanto alla seconda, che solo da ultimo, in sede di opposizione al rigetto della richiesta di restituzione del ciclomotore, il giudice dell’esecuzione ha sostenuto che la legittimazione del provvedimento è da ricercare nell’art. 240 cod. pen., senza considerare che trattasi di argomento nuovo, mai prospettato nel decreto penale, e che tale norma si riferisce ad una ipotesi di confisca come sanzione penale e non già come misura di sicurezza, ribadendo, di contro, la illegittimità del provvedimento emesso ex art. 116 C.d.S., per difetto del suoi presupposti (trattandosi della prima violazione del divieto di guida senza patente).

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta dal D.L. è inammissibile.

Ed invero deve ritenersi preliminare ed assorbente rispetto ad ogni ulteriore considerazione il rilievo che, assumendo lo stesso ricorrente che il bene confiscato apparterrebbe ad un terzo, egli risulta dunque non legittimato a richiederne la restituzione.

Nè può assumere rilievo la circostanza in fatto – per altro in ricorso solo evocata ma non provata con adeguata documentazione – che il terzo proprietario del bene, il figlio C., sia deceduto, posto che l’odierno ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova che dimostri non solo l’effettività di tale evento, ma quel che più conta, che egli sia l’unico erede dell’asserito terzo proprietario, e per ciò legittimato In via esclusiva a richiederne la restituzione.

2. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna per legge del ricorrente, al pagamento delle spese processuali. Valutata la natura del presente giudizio e le ragioni della decisione, non opportuna si rivela, invece, la condanna del D. L. al pagamento della sanzione pecuniaria comminata dall’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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