Cass. civ. Sez. II, Sent., 01-02-2012, n. 1457

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che la Corte d’appello di Campobasso, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 6 aprile 2006, ha cosi provveduto: (a) in parziale riforma della impugnata sentenza non definitiva del Tribunale di Campobasso, questa confermando solo sul punto relativo alla declaratoria di nullità, ed in integrale riforma della impugnata sentenza definitiva dello stesso Tribunale, ha dichiarato la nullità di tutti gli incarichi conferiti dal Comune di Trivento all’appellato ing. G.M. e, per l’effetto, ha dichiarato l’insussistenza del credito agito dall’appellato con l’opposto decreto ingiuntivo; (b) in accoglimento della opposizione proposta nel primo grado dal Comune di Trivento avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Campobasso, ha revocato detto decreto ingiuntivo; (c) ha dichiarato inammissibili le domande di declaratoria di responsabilità extracontrattuale proposte dall’appellato; (d) ha regolato le spese del giudizio;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 27 luglio 2006, sulla base di quattro motivi;

che l’intimato Comune ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Motivi della decisione

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che preliminarmente, non può essere accolta l’istanza di differimento dell’udienza di discussione, motivata sull’impedimento dell’Avv. De Notariis, dovuto a ragioni di salute;

che infatti, il ricorrente ha conferito la procura speciale per il giudizio di cassazione a due difensori, sicchè il legittimo impedimento di uno soltanto di essi – per di più, in difetto di un’espressa ed inequivoca volontà della parte circa il carattere congiuntivo, e non disgiuntivo, del mandato medesimo – non rileva come causa di rinvio dell’udienza di discussione;

che il primo mezzo denuncia: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, artt. 48, 50 e 107, in relazione al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 4, 5, 16 e 27, nonchè allo statuto e al regolamento di organizzazione degli uffici del Comune di Trivento; nullità della sentenza e del procedimento; motivazione insufficiente, erronea, illogica e contraddittoria;

che il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione R.D. n. 827 del 1924, artt. 36, 37, 93 e 101, violazione delle tariffe professionali e dell’art. 2033 cod. civ., motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria, falso presupposto;

che con il terzo mezzo si censura violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e artt. 112, 183, 184 e 645 cod. proc. civ., nonchè motivazione insufficiente;

che l’ultimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge, omesso esame di punti decisivi e motivazione insufficiente;

che tutti e quattro i motivi del ricorso – con cui si prospetta violazione e falsa applicazione di legge – sono privi del quesito di diritto, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile;

che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);

che il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153);

che gli stessi motivi del ricorso, là dove denunciano il vizio di motivazione, sono stati redatti senza l’osservanza dell’onere, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., del quesito di sintesi;

che invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è omessa, insufficiente o contraddittoria, imposto dall’art. 366 is cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189;

Cass., Sez. I, 23 gennaio 2009, n. 1741);

che nella specie detto quesito di sintesi è del tutto assente;

che pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Comune controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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