T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 12-10-2011, n. 7899 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I. Con atto pubblico (stipulato innanzi al Notaio Ottolenghi di Roma) in data 19.6.2000 (Rep. N.108990), la società ricorrente (I.T. s.p.a.) acquistava dalla società C. s.r.l., tra l’altro, due boxauto in Via Q.M.N., delle dimensioni di mq.110 ciascuno (così distinti in N.CE.U. del Comune di Roma: il primo, alla partita 2207298, foglio 463, particella 174, sub 588, ed il secondo, alla partita 2207298, foglio 463, particella 174, sub 589).

Restavano estranei alla vendita sia il muretto con sovrastante aiuolafioriera, sia la pavimentazione antistanti il numero civico 171.

Successivamente alla vendita, la società ricorrente provvedeva a frazionare in dieci parti le suddette aree (di cui alla particella n.174 sub 588 e 589), complessivamente estese mq 220, ricavandone otto posti auto (scoperti), che sono stati venduti, tra gli altri, ai Sig.ri Mauro Atanasio, Massimo Quarta, Patricia Calabi ed alla società A,E.R. s.a.s. di I.A..

In tale situazione l’Amministrazione comunale di Roma adottava la determinazione dirigenziale n.1212 del 4.8.2010 con cui intimava, tra gli altri, ai precitati soggetti, nonché alla società ricorrente, di eseguire le opere di consolidamento e di ripristino dell’aiuola e delle lastre di pavimentazione antistanti il numero civico n.171 di Via Quirino Majorana.

Con nota dell’11,10.2010 il legale della società ricorrente rappresentava che quest’ultima non è proprietaria dei manufatti e dell’area in questione, precisando che proprietaria degli stessi è la società POMONA SECONDA s.p.a.

II. Avverso la determinazione dirigenziale n.1212 del 4.8.2010 la società A.E.R. s.a.s. e le varie persone fisiche (sopra indicate) alle quali era diretta l’intimazione in questione, hanno proposto autonomo ricorso (N.R.G. 8561/2010); e nel relativo giudizio si è costituita in adesione anche la società T., odierna ricorrente.

III. In pendenza del predetto giudizio, con determinazione dirigenziale n.1636 del 15.10.2010 il Comune di Roma ha annullato la precedente determinazione n.1212 del 4.8.2010 nella parte in cui si rivolgeva alla società A.E.R. s.a.s. ed alle varie persone fisiche, mantenendo l’intimazione valida ed efficace – pertanto – esclusivamente a carico della società T. s.p.a.

IV. Con il ricorso in esame, quest’ultima ha pertanto impugnato i due provvedimenti che la ledono (determinazione n.1212 del 4.8.2010 e determinazione n.1636 del 15.10.2010), e ne chiede l’annullamento per le conseguenti statuizioni di condanna.

V. Con memoria depositata il 23.12.2010, si sono costituiti in giudizio anche la società A.E.R. ed i Sig.ri Mauro Atanasio, Massimo Quarta, Patricia Calabi, nonché i Sig.ri Enzo pomi, Efisio Coronas e Maria Gabriella Capobianchi, i quali chiedono che questo TAR accerti e dichiari che essi non sono proprietari dei manufatti in questione e "confermi" la determinazione n.1636 del 15.10.2010.

VI. Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha eccepito l’infondatezza del ricorso.

VII. Infine, all’udienza del 13.7.2011, la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

1.1. Con i due mezzi di gravame – che possono essere trattati congiuntamente in considerazione della loro connessione argomentativa – la ricorrente lamenta violazione della L. n.241 del 1990 ed eccesso di potere per erroneità nei presupposti, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, deducendo:

che dalla documentazione versata in atti risulta evidente che la proprietà degli spazi (aiuola e pavimentazione antistanti il numero civico 171 di Via Quirino Majorana n.171) dei quali l’Amministrazione ha ordinato il consolidamento ed il ripristino, non sono di sua proprietà;

che la stessa Amministrazione, resasi conto delle gravi carenze istruttorie, ha parzialmente annullato la determinazione n.1212 del 4.8.2010 in attesa (ed al fine) di acquisire nuovi e più approfonditi accertamenti in ordine alla proprietà degli spazi in questione, il che rende incoerente e "perplessa" la nuova determinazione.

Entrambi i profili di doglianza si appalesano meritevoli di condivisione.

Dalla documentazione in atti emerge che gli spazi costituenti oggetto dell’ordinanza impugnata, non sono stati acquistati dalla ricorrente, la quale – pertanto – non ne è proprietaria.

Se così è, come appare, essa non poteva essere destinataria dell’obbligo di provvedere al consolidamento ed al ripristino delle aree in questione, a meno che non vi fosse qualche titolo su cui basare tale pretesa.

Ma poiché l’Amministrazione non lo ha allegato, l’illegittimità del provvedimento emerge ictu oculi.

A ciò si aggiunga che nel secondo provvedimento la stessa Amministrazione ammette che è necessario acquisire ulteriori approfondimenti in ordine alla proprietà delle aree in questione.

Sicchè non si vede la ragione per la quale, nell’incertezza in ordine alla titolarità del diritto di proprietà, abbia poi perseverato nel pretendere dalla ricorrente che quest’ultima eseguisse i lavori in questione, essendo evidente che allo stato manca qualsiasi titolo su cui fondare la predetta richiesta.

1.2. Per completezza espositiva, va rilevata l’inammissibilità, per difetto d’interesse, della domanda dei controinteressati, volta ad ottenere che questo TAR accerti e dichiari che essi non sono proprietari dei manufatti in questione, e "confermi" la determinazione n.1636 del 15.10.2010.

Ed invero è stata la stessa Amministrazione che ha accertato e dichiarato – da data anteriore alla loro costituzione in giudizio – che essi non sono proprietari dell’area; e che, coerentemente con tale assunto, ha annullato in autotutela il provvedimento nella parte in cui li coinvolgeva.

2. In considerazione delle superiori osservazioni, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Si ravvisano giuste ragioni per condannare l’Amministrazione soccombente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro.2.500,00.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente, nella misura indicata in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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