T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 12-10-2011, n. 7898 Decreto di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 17 gennaio 2011 i sig.ri C., proprietari di terreni interessati dalle opere di realizzazione ed esercizio, nel comune di Aprilia, di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato a gas naturale ("Centrale di Aprilia") e dell’elettrodotto e del gasdotto connessi, hanno impugnato i provvedimenti di occupazione temporanea delle aree di loro proprietà e il successivo decreto di esproprio, come meglio indicati in epigrafe, assumendone l’illegittimità sotto diversi profili.

Con il primo motivo di ricorso lamentano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 14 e ss. della legge n. 241/90, sostenendo che già il decreto n. 55/01/2006 del 2.10.2006, con cui venne dichiarata la pubblica utilità delle opere, non tenne conto in alcun modo delle diverse soluzioni tecniche praticabili, e maggiormente compatibili con gli interessi dei privati, trascurando i pareri negativi e gli elementi contrari di valutazione emessi in sede di conferenza dei servizi e superati soltanto in base al principio di maggioranza.

Con il secondo motivo di censura, poi, i ricorrenti denunciano la contrarietà del decreto sopra citato alla legge n. 55/2002, per non essere state adeguatamente valutate in sede istruttoria e in seno alla conferenza dei servizi i rischi connessi alle attività inquinanti implicate dall’opera da realizzare sulla salute dei cittadini di Aprilia.

Con l’ultimo motivo di ricorso infine i ricorrenti assumono la violazione del principio di proporzione, lamentando che la soluzione tecnica adottata determinerebbe ingiustificate ed eccessive limitazioni del diritto di proprietà privata.

Per tutti i motivi esposti chiedono quindi l’annullamento degli atti impugnati e il risarcimento dei danni subiti.

Si sono costituiti in giudizio sia l’Amministrazione intimata che la società controinteressata per resistere al gravame.

Respinta la domanda di tutela cautelare, alla pubblica udienza del giorno 22 giugno 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione nel merito.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Occorre premettere che con decreto 2 ottobre 2006, n. 55/01/2006, del Direttore Generale della Direzione generale per l’energia e le risorse minerarie del Ministero dell’Attività produttive, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 novembre 2006, n. 259 e su il quotidiano nazionale La Repubblica del 7 novembre 2006, la società Sorgenia S.p.A. veniva autorizzata, ai sensi dell’art. 1, del D.L. 7 febbraio 2002, n.7, convertito, con modificazioni, in legge 9 aprile 2002, n. 55, alla costruzione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato, costituito da due sezioni della potenza elettrica complessiva netta di circa 750 MW e della potenza termica immessa di circa 1350 MW, da ubicare in località Campo di Carne, nel territorio del Comune di Aprilia, Provincia di Latina, e di un metanodotto interrato (DN 400) di circa 9,5 km che va dal sito della centrale alla rete nazionale di trasporto della società Snam Rete Gas S.p.A. in località Tufello, interessando il solo territorio del Comune di Aprilia.

Le opere autorizzate, giusta la previsione di cui all’art. 5 del predetto decreto, venivano dichiarate di pubblica utilità ai sensi del’art. 1, del D.L. n. 7/2002.

Successivamente, con istanza 24 maggio 2010, la società S.P. S.p.A. (medio tempore subentrata a Sorgenia S.p.A. nella titolarità dell’autorizzazione unica per effetto del decreto del Direttore Generale della Direzione generale per l’energia nucleare, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica 30 settembre 2009, n. 55/05/2009), richiedeva l’attivazione della procedura finalizzata all’occupazione temporanea dei terreni facenti parte del territorio comunale di Aprilia, necessari alla posa in opera del metanodotto di allacciamento della centrale termoelettrica in corso di realizzazione, nonché all’imposizione di relativa servitù, con applicazione delle disposizioni di cui all’art. 22 del D.P.R. n. 327/2001.

Il procedimento di esproprio veniva quindi avviato con nota del responsabile del procedimento pubblicata sull’albo pretorio del Comune di Aprilia dal 1° al 20 ottobre 2010, sul quotidiano nazionale La Repubblica del 2 ottobre 2010 e, infine, sul quotidiano a diffusione locale Latina Oggi del 2 ottobre 2010.

Veniva quindi adottato il decreto 12 novembre 2010 con il quale venivano disposti in favore della società S.P. S.p.A. l’occupazione temporanea e l’asservimento dei terreni siti nel Comune di Aprilia interessati dalla costruzione del metanodotto di collegamento tra la centrale di S.P. S.p.A. e il raccordo della rete di trasmissione nazionale del gas.

Avverso quest’ultimo provvedimento i ricorrenti hanno proposto impugnazione articolando una serie di censure espressamente riferite, però, per forma e contenuto, al decreto 2 ottobre 2006, n. 55/01/2006 – rilasciato all’odierna controinteressata -di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio della centrale di produzione di energia elettrica e delle opere ad essa connesse, nonché di dichiarazione di pubblica utilità delle stesse ai sensi dell’art. 1, del D.L. n. 7/2002.

Avverso tale provvedimento, tuttavia, i ricorrenti non propongono una formale impugnazione, neanche contestualmente all’impugnazione dei successi atti del procedimento di esproprio, dal che discende un vizio di inammissibilità del gravame.

Come già chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, il provvedimento con il quale viene dichiarata la pubblica utilità è atto immediatamente lesivo: come tale, pertanto, deve essere impugnato autonomamente rispetto al conseguente decreto di esproprio (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 15.3.2010, n. 1502); mentre, nel caso di specie, non soltanto non è stata proposta impugnazione tempestiva avverso l’autorizzazione (id est, dichiarazione di pubblica utilità) ritenuta illegittima, ma è stata addirittura pretermessa la necessaria impugnazione anche in occasione della proposizione dell’odierno ricorso avverso i successivi atti del procedimento espropriativo.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale l’omessa o tardiva impugnazione dell’atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l’atto consequenziale (come è, appunto, il decreto di esproprio): infatti, le censure volte a far valere vizi di un provvedimento presupposto non impugnato sono inammissibili giacché, da un lato, non è ammessa la disapplicazione incidentale degli atti presupposti non aventi natura normativa e, dall’altro, nessuna utilità sarebbe ritraibile dall’accoglimento di quelle censure, stante la perdurante efficacia dell’atto medesimo, reso intangibile dalla mancata tempestiva impugnazione (cfr. da ultimo T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 13 aprile 2011, n. 580).

A temperamento di tale principio, la giurisprudenza amministrativa ammette la possibilità di proporre censure avverso il solo atto presupponente, a condizione però che le stesse siano concettualmente slegate dal contenuto degli atti presupposti non impugnati (T.A.R. Toscana, Sez. II, 6.7.2010, n. 2317).

Tale condizione, tuttavia, non si verifica nel caso in esame, dal momento che i ricorrenti, come emerge chiaramente dall’articolazione dei motivi di censura sopra richiamati, chiedono l’annullamento del decreto di esproprio (atto presupponente o consequenziale) sull’esclusivo presupposto di una illegittimità (derivata) che discenderebbe direttamente dall’atto presupposto non impugnato (id est autorizzazione/dichiarazione di pubblica utilità).

Il ricorso è, per tali ragioni, inammissibile.

Nè è possibile ritenere estesa l’odierna impugnazione anche alla dichiarazione di pubblica utilità in virtù della formula di stile adottata, e per la quale restano impugnati anche tutti gli altri atti presupposti o comunque connessi.

L’espressione indeterminata racchiusa nella clausola di stile, secondo cui l’impugnazione concerne altresì ogni altro atto comunque presupposto conseguente o connesso a quello odiernamente impugnato, o equivalente, è per sua natura priva di attitudine a manifestare quale debba, secondo l’interessato, essere l’oggetto del giudizio e dell’annullamento da parte del giudice, perché solo una inequivoca indicazione consente al giudice stesso di identificare l’oggetto della domanda e ai contraddittori di esercitare il loro diritto.

Ove, peraltro, si volesse, in via interpretativa, e tenendo cioè conto della natura sostanziale delle censure articolate col gravame, ritenere estesa l’impugnazione anche alla presupposta dichiarazione di pubblica utilità, anche in assenza di una esplicita indicazione in tal senso in ricorso, l’impugnazione sarebbe comunque irricevibile per tardività.

L’atto che, anche se implicitamente, dichiara la pubblica utilità di un’opera pubblica, non è atto meramente preparatorio bensì determinazione dotata di effetti direttamente lesivi della sfera giuridica dei destinatari, con conseguente necessità di impugnazione immediata e autonoma nel termine decadenziale decorrente dalla notificazione o, comunque, dalla piena conoscenza, non essendo pertanto possibile farne valere vizi in via derivata all’esito finale del procedimento (cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 13 aprile 2011, n. 583).

E, non essendo prevista la notifica individuale dell’atto dichiarativo della pubblica utilità, il termine di impugnazione decorre dalla pubblicazione dell’atto implicante la dichiarazione della pubblica utilità (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 24 febbraio 2011, n. 1170) che, nel caso di specie, è avvenuta mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 7 novembre 2006, mentre l’odierno ricorso è stato notificato soltanto in data 17 gennaio 2011.

Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.

Va invece esaminata nel merito, e respinta perchè infondata, la domanda di risarcimento del danno.

L’articolo 30 del d. lgs 104/2010, come noto, ha infatti reso possibile la proposizione di una domanda autonoma volta a conseguire il risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa.

Al riguardo ritiene però il Collegio che debba essere valutato il comportamento dei ricorrenti in pendenza della procedura espropriativa e che la mancata impugnazione della dichiarazione di pubblica utilità (che pure, in base al citato art. 30 non esclude l’ammissibilità della domanda risarcitoria) possa valere ad escludere la fondatezza della domanda risarcitoria in applicazione del criterio di cui all’art. 1227 c.c..

La tempestiva impugnazione della dichiarazione di pubblica utilità e, più in generale, la proposizione di una ammissibile domanda di annullamento degli atti espropriativi avrebbe potuto consentire, nel caso di rilevata fondatezza delle censure di legittimità, anche in ragione dei tempi del presente giudizio, di evitare la produzione dei danni paventati.

L’inammissibilità del ricorso proposto per l’annullamento degli atti asseritamente causativi dei danni lamentati vale, in questa prospettiva, ad escludere l’uso da parte dei ricorrenti di quella ordinaria diligenza che avrebbe consentito di evitare i danni materiali sofferti; mentre il comportamento inerte e sostanzialmente acquiescente, rispetto all’onere di tempestiva impugnazione della dichiarazione di pubblica utilità, deve essere in detta prospettiva valutato come fattore escludente il risarcimento del danno, che quindi non può essere riconosciuto.

Esulano invece dalla giurisdizione di questo Giudice le ulteriori questioni inerenti la quantificazione dei diritti indennitari spettanti ai ricorrenti in ragione degli atti espropriativi subiti.

Sussistono infine giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile; rigetta la domanda risarcitoria.

Compensa spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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