Cass. civ. Sez. VI, Sent., 01-02-2012, n. 1455 Danno non patrimoniale

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Svolgimento del processo

R.F. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 6.000,00 per anni dieci di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti alla Corte dei Conti sez. del Lazio, dal novembre 1992 al maggio 2006.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Il primo e il secondo motivo con i quali si deduce violazione della L. n. 89 del 2001, e della Convenzione nonchè difetto di motivazione in relazione alla quantificazione del danno non patrimoniale che il giudice del merito ha determinato in Euro 600,00 per ogni anno eccedente il periodo di tre anni ritenuto ragionevole, e che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito come la valutazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale resti soggetta – a fronte dello specifico rinvio contenuto nella L. n. 89 del 2001, art. 2 – all’art. 6 della Convenzione, nell’interpretazione giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo, e, dunque, debba conformarsi, per quanto possibile, alle liquidazioni effettuate in casi similari dal Giudice europeo, sia pure in senso sostanziale e non meramente formalistico, con la facoltà di apportare le deroghe che siano suggerite dalla singola vicenda, purchè in misura ragionevole (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2004, n. 1340); in particolare, detta Corte, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Pizzati e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo, ferma restando la possibilità di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarità della fattispecie, quali l’entità della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., ex multis, Cass., Sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630).

Da tali principi consegue che non è giuridicamente rilevante, ai fini dell’attribuzione di una somma apprezzabilmente inferiore rispetto a detto standard minimo, il solo riferimento alla modestia della posta in gioco.

Con il terzo motivo si denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 1173 c.c. per avere il giudice del merito liquidare gli interessi a far tempo dalla data della pronuncia e non da quella della domanda.

La censura è fondata in quanto è principio già affermato dalla Corte quello secondo cui "Atteso il carattere indennitario dell’obbligazione nascente dall’accoglimento della domanda di danni conseguenti alla irragionevole durata del processo (ex L. n. 89 del 2001) gli interessi legali sulla somma liquidata decorrono dalla data della domanda di equa riparazione, stante la regola che gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data delia domanda, nonostante il carattere di incertezza e di liquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria" (Cassazione civile, sez. 1^, 17 giugno 2009, n. 14072).

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti di cui in motivazione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, non essendo seriamente contestabile l’eccessiva durata di una procedura ultra decennale, in applicazione del principio (sentenza n. 14753/2010) secondo cui l’importo dell’indennizzo per giudizi avanti al giudice amministrativo protrattisi per lungo tempo l’indennizzo può essere liquidato in via forfettaria e tenuto conto della giurisprudenza in materia della Corte, il Ministero della Economia e delle Finanze deve essere condannato al pagamento di Euro 6.500,00 a titolo di equo indennizzo.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Economia e delle Finanze al pagamento della somma di Euro 6.500,00, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 1.300,00, di cui Euro 600,00 per diritti, Euro 650,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese distratte in favore dei difensori antistatari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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