Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-06-2011) 23-09-2011, n. 34667 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale del Riesame di Palermo con ordinanza in data 3-1-2011, confermava quella, emessa dal Gip di quel tribunale, il 9-12-2010, applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti, tra numerosi altri, di C.V., con la contestazione provvisoria dei reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73.

Gli elementi costituenti gravi indizi del reato associativo erano individuati nelle convergenti dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia da cui risulta in primo luogo che il traffico degli stupefacenti è diretto, nel territorio palermitano, da appartenenti a "Cosa nostra", associati in organizzazioni autonome da quella mafiosa e composte anche da soggetti estranei a questa. Il pentito N.A., mafioso affiliato alla famiglia di Partanna e trafficante di droga, già condannato per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, ha poi dichiarato in particolare che, nel quartiere palermitano dello (OMISSIS), il traffico di stupefacenti era controllato dall’esponente mafioso D.S. che riforniva di sostanze S.G. e l’indagato C.V., i quali a loro volta le distribuivano avvalendosi di persone di fiducia.

Tale assetto era frutto della composizione, ad opera di L.P. S., di un contrasto, confermato da un pizzino rinvenuto nel covo dove i Lo Piccolo erano stati tratti in arresto, insorto con il D., che con il suo gruppo aveva monopolizzato il traffico di stupefacenti in quel quartiere. A questi L.P. aveva imposto di affiancarsi due suoi uomini, Se. e Ca., ai quali S. e C. dovevano rapportarsi.

E che questi ultimi due agissero insieme per la vendita nel quartiere, approvvigionandosi stabilmente dal gruppo Davi, era ritenuto confermato dalle dichiarazioni dei collaboranti F. e B.. Il che supportava la conclusione della partecipazione dell’indagato ad un sodalizio, che può configurarsi anche tra fornitori ed acquirenti, in presenza di un rapporto di stabilità.

Sul fronte delle esigenze cautelari, il tribunale richiamava la presunzione, non superata, di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, rilevando comunque come, in concreto, la lunga durata dell’attività di smercio, proseguita anche in epoca successiva a quella contestata, rivelasse l’allarmante pericolosità dell’indagato, fronteggia bile solo con la più grave delle misure cautelari.

Ricorre personalmente C. avverso tale ordinanza con due motivi.

1) Vizi di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e) in ordine ai gravi indizi di colpevolezza del reato associativo.

Le dichiarazioni dei collaboranti danno conto di un legame societario esclusivo tra S. e C., distinto da quello tra i membri dell’asserito sodalizio (così F., B. e G., mentre Sp. non menziona mai l’indagato come socio di un sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti).

2) Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Il tribunale ha ritenuto sufficienti le dichiarazioni dei pentiti mentre, per giurisprudenza di questa corte, "la colpevolezza" per il reato di spaccio non può essere fondata su una pluralità di dichiarazioni, anche convergenti, se non forniscono l’indicazione di concrete circostanze fattuali, enunciate nel capo d’imputazione.

Si chiede quindi l’annullamento dell’ordinanza, in diritto:

Il ricorso è infondato e va disatteso.

1) La prima censura investe il raggiungimento della soglia della gravità indiziaria degli elementi relativi all’appartenenza dell’indagato al sodalizio di cui facevano parte coloro che rifornivano di stupefacenti lo stesso e lo S., spacciatori nel quartiere (OMISSIS). Mentre infatti si riconosce che questi ultimi due operavano in società tra loro, se ne contestano legami stabili e consapevoli con il gruppo dei fornitori capeggiato da D..

Premesso che, secondo consolidata giurisprudenza di questa corte, il reato associativo di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 è configurabile anche tra fornitore di stupefacenti ed acquirenti, se legati da vincoli di stabilità e con la consapevolezza di realizzare un generico programma di provvista e smercio di tali sostanze, pur nella diversità degli interessi personali perseguiti, non ostativa alla realizzazione del fine comune – rappresentato dallo sviluppo del commercio di stupefacenti onde incrementarne i profitti – (Cass. 2759/1992; 10077/1997; 23798/2003; 17348/2003), la motivazione del tribunale del riesame sul punto si sottrae ai vizi dedotti dal ricorrente. L’ordinanza impugnata, infatti, con motivazione congrua ed esaustiva, prendendo le mosse dalle dichiarazioni dei collaboranti, e in particolare di N.A., mafioso affiliato alla famiglia di Partanna, condannato per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 – personaggio quindi ben a conoscenza del tessuto malavitoso locale nello specifico settore-, è pervenuta alla conclusione, a livello di gravità indiziaria, della partecipazione di C. ad un’associazione. Tanto sul rilevo dell’operatività quale spacciatore, insieme con Sp., nel quartiere (OMISSIS), direttamente o attraverso persone di fiducia, su costanti forniture di droga, "secondo precisi e preventivi accordi", da parte del gruppo capeggiato da D..

Operatività condizionata dagli accordi, confermati dal pizzino rinvenuto nel covo dei Lo Piccolo, intervenuti tra D. e il capo clan L.P.S., intesi all’affiancamento nell’illecita attività, a C. e a S., di Se. e Ca., uomini di L.P., ai fini della partecipazione del gruppo di quest’ultimo al traffico di droga in quel quartiere, secondo logiche di ripartizione del territorio. Il che concorre a confermare che C. e S., pur nella specificità del loro ruolo di acquirenti-spacciatori, non operavano in autonomia, ma grazie all’inserimento nel gruppo Davi, da cui costantemente si approvvigionavano in virtù di accordi stabili, e dalle cui vicende erano influenzati.

Conclusione in diritto che il tribunale, con motivazione logica e condivisibile, ha ritenuto non smentita dalla circostanza che altri pentiti siano risultati conformi soltanto sul punto che l’indagato e S. operavano in società nel quartiere Z..

2) In contraddizione con il primo motivo, imperniato sul sostanziale riconoscimento dell’attività di spaccio esercitata da C. in collaborazione con S., oltre che infondata, risulta la doglianza, di cui al secondo motivo, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, correttamente individuati nelle convergenti dichiarazioni di tutti i collaboratori di giustizia. Senza contare che la giurisprudenza di questa corte richiamata, non è relativa alla fase cautelare, ma al giudizio di penale responsabilità.

Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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